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Sean Gallup/Getty Images
Economia

Come fare per aprire un conto in un paradiso fiscale

Prima si sceglie il paese, poi si decide se procedere da soli o tramite un intermediario, e infine ci si occupa della burocrazia

La vicenda dei Panama Papers ha tenuto banco nell'ultima settimana e, visto il grandissimo numero di persone coinvolte, in molti si saranno chiesti se aprire un conto corrente in un paradiso fiscale sia complicato, e quindi materia per pochi finanzieri, o meno.

In realtà l'operazione è più semplice di quanto la maggior parte di noi creda e ottenere un conto corrente in un altro Paese che garantisca gli stessi standard di privacy e bassa tassazione è piuttosto semplice, più o meno come aprire un conto in Italia o in qualunque altro Paese europeo. Vediamo in cinque passi come fare.

Scegliere dove aprire il conto

La scelta è ampia: a disposizione non c'è solo Panama, ma anche Belize, Antigua e Barbuda, St. Vincent e Grenadine, Turks & Caicos, Seychelles, Anguilla, Isola di Man, Jersey e Guernsey... Ognuno di questi Paesi è specializzato in un settore particolare: ad esempio, pare che Antigua e Barbuda siano le mete predilette di chi fa circolare denaro attraverso il commercio on-line, mentre a Panama sanno come trattare al meglio il patrimonio delle fondazioni.

Valutare se procedere da soli o attraverso un professionista

La procedura può essere completata di persona, oppure attraverso un intermediario, che può essere uno studio professionale specializzato, oppure un cittadino del luogo che svolga le funzioni di prestanome. Ovviamente, tutto dipende dallo scopo dell'apertura del conto, anche perché i servizi delle società specializzate possono avere costi molto elevati. Se l'obiettivo è semplicemente quello di tenere i propri soldi al sicuro da prelievi fiscali inattesi, le spese non saranno alte; se si vuole costruire uno schermo impenetrabile a qualsiasi controllo, sono invece destinate a salire, e non poco.

Un po' di burocrazia

Se ci si limita ad aprire un conto, ci si troverà davanti un po' di burocrazia da sbrigare, fornendo i propri dati personali per confermare di avere le caratteristiche idonee per fruire dei servizi bancari del Paese (in qualche caso i documenti italiani non basteranno e dovranno essere tradotti e avvalorati dalle autorità locali con la procedura dell'apposizione delle apostille). Alcuni Paesi, poi, chiedono un deposito minimo che può anche essere significativo (cinquantamila Euro per il Belize, ad esempio).

Dare garanzie di non essere criminali

I Paesi considerati paradisi fiscali non sono necessariamente pronti ad accogliere chiunque. Nella maggior parte delle situazioni, è necessario offrire garanzie che i fondi non provengano da attività illecite.

Organizzare ulteriori tutele del proprio conto

Se si vuole di più, i passaggi sono destinati a moltiplicarsi. Per creare una società che funga da intermediario e che abbia il reale intestatario come socio occulto, per mettere sotto contratto cittadini del posto che fungano da prestanome, per secretare completamente attraverso società locali le informazioni, occorrono molto lavoro e molti soldi. Non proprio procedure alla portata di tutti, soprattutto se non si ha nulla da nascondere.

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Claudia Astarita

Amo l'Asia in (quasi) tutte le sue sfaccettature, ecco perché cerco di trascorrerci più tempo possibile. Dopo aver lavorato per anni come ricercatrice a New Delhi e Hong Kong, per qualche anno osserverò l'Oriente dalla quella che è considerata essere la città più vivibile del mondo: Melbourne. Insegno Culture and Business Practice in Asia ad RMIT University,  Asia and the World a The University of Melbourne e mi occupo di India per il Centro Militare di Studi Strategici di Roma. Su Twitter mi trovate a @castaritaHK, via email a astarita@graduate.hku.hk

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