Bail-in: perché i fondi pensione sono in agitazione
ANSA/FABIO CAMPANA
Economia

Bail-in: perché i fondi pensione sono in agitazione

Secondo Bankitalia le norme in vigore tutelano i fondi comuni ma non gli altri strumenti di risparmio collettivo

POST UPDATE: 8 febbraio con una nota di Assofondipensione.

Da alcune settimane i responsabili dei fondi pensione non dormono notti tranquille. Colpa di alcune lettere che sono cominciate a circolare nei giorni scorsi tra authority e associazioni di categoria. Su tutte la risposta di Banca d’Italia a una serie di quesiti inviati da Assogestioni, l'associazione delle società di risparmio, riportata per prima dal Sole 24 ore e poi dalla stampa finanziaria specializzata.

Il tema è piuttosto caldo: l'applicabilità del bail-in alle disponibilità affidate da una società di gestione dei risparmi tramite strumenti di investimento collettivo a una banca sottoposta in risoluzione. Dal primo gennaio 2016, con l’applicazione della direttiva europea per il risanamento e la risoluzione del settore creditizio (detta BRRD), non si possono più salvare le banche con i soldi pubblici o delle banche centrali, come hanno fatto il Regno Unito, i Paesi Bassi, la Spagna o la Germania negli scorsi anni.

Un meccanismo tristemente sisperimentato dai risparmiatori delle quattro banche regionali fallite a fine 2015 ( Banca Marche, Etruria, Carife e Carichieti): a metterci una pezza d'ora in poi saranno gli azionisti e i creditori della banca, compresi i correntisti che abbiano depositato più di 100mila euro.

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Le preoccupazioni degli operatori
E qui sta il problema per i fondi pensione che parcheggiano somme ingenti nelle banche: sono i soldi dati loro in affidamento dai sottoscrittori per investirli in azioni o bond. Stando all’interpretazione rigorosa delle norme tutt'ora in vigore data dai tecnici di Via Nazionale, solo la liquidità di un fondo comune di investimento non può essere assoggettata a bail-in, anche se affidata a una banca depositaria sottoposta a risoluzione.

Detto altrimenti, un conto superiore a 100mila euro utilizzato da un fondo comune per parcheggiare la liquidità a disposizione sarebbe tutelato al 100%. Non si salvano invece i depositi intestati ad altri organismi di investimento collettivi come le sicav, le sicaf e i fondi pensione.

È la stessa conclusione cui sono arrivati i legali della Covip, l'authority di vigilanza sui fondi pensione, in una lettera dello scorso 26 gennaio inviata ad Assofondipensione, l'associazione dei fondi pensione negoziali, in merito all’applicazione del bail-in alle forme pensionistiche complementari: "La protezione delle risorse dei fondi pensione detenute presso una banca sottoposta a risoluzione - scrivono gli esperti - non sarebbe completa".

La Covip nella missiva fa presente di aver già da tempo "provveduto a effettuare, anche congiuntamente alla Banca d’Italia, ogni opportuna valutazione circa le possibili implicazioni della normativa in questione sui fondi pensione" e di essersi "immediatamente fatta portatrice di siffatta istanza nelle sedi competenti, sottoponendo possibili soluzioni alla valutazione dei Ministeri vigilanti".

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Il cavillo giuridico
La causa di questo piccolo "incidente", che potrebbe aprire un'ulteriore falla sui risparmi degli italiani, è squisitamente tecnica: durante la stesura del testo che ha recepito la direttiva europea si era data per scontata l'uguaglianza tra tutti gli strumenti di investimento collettivi come i fondi comuni, le sicav (che funzionano come i fondi comuni, ma sono società per azioni: l’investitore non compra quote del fondo, ma azioni della società) e i fondi pensione. Ma secondo Bankitalia nel caso del bail-in non è possibile applicare un "principio di equipollenza" tra i vari strumenti.

La Covip ricorda, infatti, che la protezione prevista per i fondi comuni di investimento, garantita dall'articolo 36 comma 4 del Testo Unico della Finanza, secondo il quale il patrimonio dei fondi costituisce patrimonio autonomo, sul quale non sono ammesse azioni dei creditori del depositario, in questi casi non "appare applicabile alle forme pensionistiche complementari". Inoltre, alle forme pensionistiche complementari non trova applicazione neppure la "circoscritta protezione offerta dai sistemi di garanzia dei depositanti".

Non bisogna però allarmarsi troppo: Covip nella lettera ricorda che i depositi non vengono coinvolti automaticamente nel bail-in, ma possono esserlo solo in extrema ratio, quando il contributo richiesto agli strumenti più rischiosi non fosse sufficiente a risanare la banca in dissesto: un’eventualità, quindi, che non ricorre ogni qual volta si sia in presenza di un’istituto in risoluzione.

Inoltre, Assofondipensione, che rappresenta 32 fondi pensione di categoria a cui aderiscono oltre due milioni di iscritti, ricorda in una nota "che il patrimonio dei fondi stessi è al sicuro, così come le varie forme di risparmio gestito, che non possono essere coinvolte anche se la banca dovesse fallire". "La questione riguarda le somme liquide - prosegue  - che vengono temporaneamente depositate presso le banche per essere poi investite nei fondi pensione. In assenza di un’esplicita protezione nel testo della normativa sul bail-in, la questione resta aperta. In ogni caso questa liquidità rappresenta una quota minimale del patrimonio dei fondi pensione, tale da non pregiudicare le posizioni dei singoli lavoratori".

Ma una pezza dal punto di vista giuridico resta comunque necessaria. La palla passa al legislatore.

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Massimo Morici

Scrivo su ADVISOR (mensile della consulenza finanziaria), AdvisorOnline.it e Panorama.it. Ho collaborato con il settimanale Panorama Economy (pmi e management) e con l'agenzia di informazione statunitense Platts Oilgram (Gas & Power).

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