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MARCO LONGARI/AFP/Getty Images
Economia

Riforme: sanità, istruzione, perché privatizzare non serve

Per garantire un sistema di welfare efficiente è essenziale mantenere un buon equilibrio tra settore pubblico e privato

Da tempo politici e ricercatori dibattono sul successo delle riforme che, in tutto il mondo, hanno portato alla privatizzazione di alcuni servizi al cittadino, come la sanità e la scuola. Nel Regno Unito, dove simili politiche sono state portate alle estreme conseguenze nei decenni passati, c'è chi mette in dubbio che la scelta di trasferire ai privati interi settori dello Stato sociale abbia avuto gli esiti sperati dai politici che l'hanno presa.

Gli effetti della privatizzazione

Il quotidiano britannico Guardian ha condotto un'approfondita inchiesta su come molti governi stiano facendo marcia indietro: se a Londra gli scricchiolii di un simile modello di stato sociale si fanno sentire (sono recentissime le notizie della bancarotta di diciassette scuole costruite grazie alla Private Finance Iniziative lanciata dalla Thatcher e rafforzata da Blair, così come il crescente problema dei costi ospedalieri nelle cliniche finanziate attraverso il medesimo strumento) è dagli Stati Uniti che arriva la notizia più interessante. A Washington, infatti, sta per essere formalizzata una decisione epocale: il Dipartimento di Giustizia non si affiderà più ai privati per la gestione delle carceri, a causa dei continui incidenti che si sono ripetuti nel corso degli ultimi anni. Ma anche agli antipodi ci sono segnali nella stessa direzione. Basti pensare che in Australia si è registrato un esodo dalle scuole tecniche privatizzate, molte delle quali non offrivano corsi di standard adeguato, e casi analoghi si sono verificati persino in Nuova Zelanda.

Le cause del fallimento

Il problema, secondo l'autore dell'inchiesta John Quiggin, è che la decisione di privatizzare non è stata sempre presa avendo in mente di far funzionare meglio i servizi, ma sulla base di altri presupposti. L'analisi di modelli che hanno funzionato meglio potrebbe indicare la strada da seguire. Ad esempio, si potrebbe guardare a quei servizi che sono stati affidati ad organizzazioni private, ma senza scopo di lucro, come le cliniche e le scuole gestite dalla Chiesa, oppure i servizi alla persona forniti da gruppi di motivati attivisti. Esempi, secondo l'autore, che hanno permesso di evitare la fredda logica del profitto e di garantire quell'elemento umano che è indispensabile nel fornire servizi alla persona. Anche se, è bene sottolinearlo, non esiste un solo esempio di nazione in cui gli enti no profit hanno svolto un ruolo determinante nel coordinamento generale dei servizi in cui erano specializzati. Il loro contributo, infatti, è sempre stato settoriale e complementare, e in quanto tale più facile da gestire e, di conseguenza, raramente fallimentare.

La rivincita del pubblico sul privato?

Non si tratta di una rivisitazione della contrapposizione tra pubblico e privato che aveva caratterizzato il dibattito politico negli anni Ottanta e Novanta, ma di studiare strategie che partano dalla volontà di ottenere i risultati migliori e poi scelgano quali siano i metodi più adatti per raggiungerli, avendo ben presente che gli schemi fondati sulle privatizzazioni, pur essendo stati pensati per favorire meritocrazia ed efficienza, hanno spesso finito col far prevalere la ricerca di profitto su ogni altro fine. Come spesso succede, i risultati migliori si ottengono mantenendo il giusto equilibrio tra strutture pubbliche e private. Il libero mercato serve proprio a mantenere alto il livello di competitività e spiazzare gli operatori inefficienti. E' evidente che in un contesto totalmente pubblico la competizione viene a mancare, ma in uno completamente privato i profitti diventano più importanti di contenuti ed efficienza e questo crea altri tipi di distorsioni, altrettanto pericolose. Che si tratti di ospedali, scuole, università, carceri, non importa: gli operatori privati contribuiscono a lanciare sui mercati nuovi metodi, tecnologie, strategie, quelli pubblici garantiscono che un livello di servizio accettabile sia accessibile a tutti. Ma così come è vero che sbilanciarsi da un lato o dall'altro è controproducente, è anche vero che mantenere un buon equilibrio tra pubblico e privato è difficile. E i fallimenti delle privatizzazioni nel mondo anglosassone denunciate dal Guardian lo dimostrano.

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Claudia Astarita

Amo l'Asia in (quasi) tutte le sue sfaccettature, ecco perché cerco di trascorrerci più tempo possibile. Dopo aver lavorato per anni come ricercatrice a New Delhi e Hong Kong, per qualche anno osserverò l'Oriente dalla quella che è considerata essere la città più vivibile del mondo: Melbourne. Insegno Culture and Business Practice in Asia ad RMIT University,  Asia and the World a The University of Melbourne e mi occupo di India per il Centro Militare di Studi Strategici di Roma. Su Twitter mi trovate a @castaritaHK, via email a astarita@graduate.hku.hk

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