Quanto vale il mercato nero di internet
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Economia

Quanto vale il mercato nero di internet

Le transazioni aumentano a ritmi del 20 per cento l'anno

Chissà quante persone ricordano oggi che furono un gruppo di studenti di Stanford e del Massachusetts Institute of Technology i primi a testare le potenzialità dell'e-commerce. La prima transazione risale all'inizio degli anni '70, e fu una piccola quantità di marijuana ad essere scambiata.

Il mercato nero di internet

The Economist ha scoperto che anche se fu proprio uno scambio illegale a dare l'avvio al business del commercio online, mostrandone nel tempo le enormi potenzialità, gli scambi non autorizzati non hanno mai rappresentato la maggioranza delle compravendite realizzate online. Questo non vuol dire che la rete sia immune dall'illegalità: il mercato nero esiste anche su internet, e permette a chi è abile con la tastiera di acquistare con un semplice click non solo documenti, titoli di studio e carte di credito false, droga, medicinali, armi e munizioni, ma anche prestazioni specializzate tra cui servizi di hacking, spie e assassini.

L'economia sommersa di internet, nota anche come Deep Web, gira su siti è accessibile solo per chi utilizza la rete di anonimizzazione Tor (acronimo di The Onion Router), un sistema gratuito che permette di nascondere l'identità e l'indirizzo IP di chi naviga rimbalzando la connessione tra computer sparsi in tutto il mondo, in maniera da far perdere facilmente le tracce dello scambio illegale e di chi lo esegue.

Il caso Silk Road

Fino a qualche anno fa la piattaforma oscura più famosa era Silk Road, o via della seta, utilizzata da decine di migliaia di utenti per la compravendita di droghe, materiali pornografici, armi e servizi illegali di altro tipo. La maggior parte di questi scambi era solita essere saldata con monete virtuali, bitcoin inclusa. Quando l'anno scorso l'Fbi ha arrestato Ross Ulbricht, il 29enne americano in quanto sospettato di essere il fondatore del sito, molti pensavano che il mercato nero di internet sarebbe presto scomparso. E invece The Economist ha scoperto che decine di siti alternativi come Agora, Evolution o Silk Road 2.0 sono riusciti a coprire rapidamente il vuoto creato da Silk Road, di cui hanno ereditato e potenziato i profitti diversificando l'offerta e offrendo ai rispettivi clienti standard di "sicurezza" ancora più elevati.

Secondo i dati diffusi da The Economist, nei primi mesi del 2014 su Agora, Evolution o Silk Road 2.0 sono stati registrati più scambi di quelli facilitati da Silk Road nello stesso periodo nel 2013. E il bello è che questi risultati sono stati raggiunti dalle tre nuove piattaforme singolarmente, il che vuol dire che le potenzialità del mercato nero di internet si sono più che triplicate in meno di un anno. I siti illegali sono gratuiti per chi acquista, mentre chi vende in genere paga una commissione il cui valore è compreso tra il 3 e il 6 per cento dell'importo totale della transazione. Un prezzo più che ragionevole per vendere qualcosa di molto richiesto ma di difficile commercializzazione.

Il futuro dell'economia virtuale sommersa

Fare una stima del valore complessivo dell'economia sommersa di internet è molto difficile, e l'aumento del numero di transazioni non aiuta vista l'enorme variabilità del prezzo di queste ultime. Tuttavia, comprare oggetti illegali su internet piace molto, perché per quanto paradossale possa sembrare questa forma di compravendita è trasparente e sicura: i prezzi non variano e il rischio di incidenti è minimo. Del resto, queste piattaforme sopravvivono grazie alla fidelizzazione dei clienti, e basta un piccolo errore per perderla per sempre. Ecco perché rischiare non conviene a nessuno. Ed ecco perché frenare l'esplosione di questo mercato diventa ogni giorno più difficile.

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Claudia Astarita

Amo l'Asia in (quasi) tutte le sue sfaccettature, ecco perché cerco di trascorrerci più tempo possibile. Dopo aver lavorato per anni come ricercatrice a New Delhi e Hong Kong, per qualche anno osserverò l'Oriente dalla quella che è considerata essere la città più vivibile del mondo: Melbourne. Insegno Culture and Business Practice in Asia ad RMIT University,  Asia and the World a The University of Melbourne e mi occupo di India per il Centro Militare di Studi Strategici di Roma. Su Twitter mi trovate a @castaritaHK, via email a astarita@graduate.hku.hk

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