Perché la corruzione non è un problema morale
Economia

Perché la corruzione non è un problema morale

Affrontare il tema della corruzione come se fosse un problema morale o, addirittura, di educazione è un facile escamotage per evitare di mettere mano alla vera natura del malaffare. Ed è una natura amministrativa e, se si vuole, un problema …Leggi tutto

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Affrontare il tema della corruzione come se fosse un problema morale o, addirittura, di educazione è un facile escamotage per evitare di mettere mano alla vera natura del malaffare. Ed è una natura amministrativa e, se si vuole, un problema di regole. Certamente: le persone diventano corrotte adeguandosi al contesto nel quale si trovano a vivere e, nella parola “contesto” c’è anche quello culturale ma per sperare di cambiare le persone occorre prima di tutto cambiare le regole che sovraintendono la loro vita civile.

Facciamo un esempio. Chi dice che il furto di soldi pubblici riguarda la sfera valoriale vorrebbe che le famiglie insegnassero l’etica ai figli. Sono certo che la stragrande maggioranza delle famiglie l’abbia sempre fatto e lo faccia ancora, eppure (si dice) la corruzione dilaga. Perché? Prendiamo una famiglia-tipo: papà, mamma e un figlio. Diciamo che il papà lavora in Università, è un ricercatore, ovviamente precario, e vede che i concorsi per diventare ordinario sono tutti truccati, che a far carriera è il figlio del rettore mentre i parenti del preside di facoltà sono i primi della lista quando devono essere assegnate borse di studio.

La mamma fa l’infermiera in un grande ospedale e vede che il primario è diventato tale perché amico dell’onorevole locale e tutti i nuovi assunti provengono, guardacaso, dal collegio elettorale dell’assessore alla sanità. Ora: come si può pensare che possano insegnare al figlio la moralità e il rispetto delle regole? E perché mai dovrebbero fare sacrifici e risparmiare soldi per mandarlo all’Università illudendolo che l’impegno personale e il merito saranno certamente premiati?

Se fossero persone razionali, non avrebbe alcun senso farlo, perché la realtà va in direzione uguale e contraria. Per fortuna le persone non si comportano razionalmente, e quel papà e quella mamma insegneranno certamente valori positivi al proprio figlio, ma se invece gli insegnano come diventare amico di un politico anziché spiegargli che le regole vanno sempre rispettate, possono essere definiti “immorali” o, addirittura “cattivi cittadini”?

A essere immorali non sono loro, ma le regole di nomina di un rettore, l’organizzazione dei concorsi universitari, il meccanismo di nomina del primario. E’ più immorale chi, potendolo fare, non modifica queste regole di chi ci si adegua. Se si vuole impedire che il furbo vinca sempre (un appalto, un concorso, un incarico) è perfettamente inutile proclamare l’inferiorità morale degli italiani rispetto ad altri popoli, denigrare la vita civile del Paese e fare lezioni sulla legalità nelle scuole. Se non si cambiano le regole il rischio è che il figlio di quella mamma e di quel papà, una volta diventato grande, verifichi sulla sua pelle che la realtà è molto diversa da come gliel’avevano raccontata i genitori. A quel punto il minimo che possa accadere è che scappi all’estero. Più probabilmente penserà che i suoi genitori erano dei poveri illusi, dei falliti che non hanno fatto carriera, dei moralisti retrogradi. Che si sono pure sentiti dire per tutta la vita che l’immoralità del Paese era colpa loro.

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Marco Cobianchi

Sono nato, del tutto casualmente, a Milano, ma a 3 anni sono tornato a casa, tra Rimini e Forlì e a 6 avevo già deciso che avrei fatto il giornalista. Ho scritto un po' di libri di economia tra i quali Bluff (Orme, 2009),  Mani Bucate (Chiarelettere 2011), Nati corrotti (Chiarelettere, 2012) e, l'ultimo, American Dream-Così Marchionne ha salvato la Chrysler e ucciso la Fiat (Chiarelettere, 2014), un'inchiesta sugli ultimi 10 anni della casa torinese. Nel 2012 ho ideato e condotto su Rai2 Num3r1, la prima trasmissione tv basata sul data journalism applicato ai temi di economia. Penso che nei testi dei Nomadi, di Guccini e di Bennato ci sia la summa filosofico-esistenziale dell'homo erectus. Leggo solo saggi perché i romanzi sono frutto della fantasia e la poesia, tranne quella immortale di Leopardi, mi annoia da morire. Sono sposato e, grazie alla fattiva collaborazione di mia moglie, sono papà di Valeria e Nicolò secondo i quali, a 47 anni, uno è già old economy.

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