Ho provato MyTaxi, ed ero felice
Epa/Daniel Reinhardt
Economia

Ho provato MyTaxi, ed ero felice

E' arrivata una nuova applicazione che permette alle auto bianche di fare concorrenza a Uber. "Il mercato ha vinto!", ho pensato. Ed ecco come è andata.

Si sa, adoro Uber. E ho sempre pensato che i taxisti sbagliano a fargli la guerra.  E sbagliano soprattutto quando diventano una lobby. Però oggi mi è successa una cosa che ha riequilibrato il mio giudizio a loro favore. Ho provato MyTaxi. E’ una app per smartphone molto simile a quella di Uber. Per chiamare un taxi non devo più telefonare a una signorina alla quale comunico dove mi trovo ma uso la mappa della città che mi compare sullo schermo e da lì ordino una macchina. Poi, un complicato groviglio di satelliti, individua il taxi più vicino a me e gli comunica di venirmi a prendere. Praticamente è la stesso servizio di Uber. La differenza è che i taxisti che accettano chiamate attraverso MyTaxi sono ancora pochi perché l'adesione è volontaria.

Gli autisti che hanno aderito a questo servizio hanno, finalmente, capito che Uber è più avanti di loro nella fornitura di un servizio di qualità e si sono adeguati. Perfetto: questa è la dimostrazione migliore di come l’innovazione faccia bene al consumatore. Non c’è da aggiungere altro, e non c’è da spiegare altro: questo è l’effetto dell’ingresso sul mercato (che si riteneva non concorrenziale) di un soggetto che ha introdotto la concorrenza. Ora posso (addirittura!) chiedere un preventivo a Uber e a MyTaxi e scegliere quello che mi costa di meno; fino a ieri sapere quanto sarebbe costata una corsa era letteralmente impossibile: si saliva e si cominciava a pregare guardando il tassametro che, non ho mai capito perché, già indicava 5-8 euro come l'autista ingranava la prima. Di tutto questo bisognerebbe tenerne conto, e ne devono tenere conto soprattutto i politici e i partiti che di fronte alla possibilità di innovare e liberalizzare un mercato, un qualsiasi mercato, si girano dall'altra parte facendo finta di non aver sentito per paura di perdere i consensi di chi di quel mercato possiede il monopolio. Chi è contrario all'innovazione fa un danno al Paese e ai consumatori.

La cosa ancora più interessante è che per MyTaxi esistono ancora ampi margini di miglioramento e, quindi, in futuro, spero breve, il servizio sarà perfettamente concorrenziale rispetto a quello offerto da Uber, perché per ora non lo è. Ad esempio: ho chiesto un’auto questa mattina alle 8, attraverso l’app di MyTaxi e invece di arrivare entro 8 minuti, come era indicato dal display, è arrivato dopo 18. Ad esempio: invece di pagare 7,28 euro come mi era stato indicativamente segnalato dalla app, ho pagato 10,50 euro, cioè la metà del costo normale (il servizio è in promozione). Ad esempio: la app ha problemi ad accettare il pagamento attraverso la American Express. Ad esempio: ho voluto provare il brivido di scegliere un’auto “5 stelle” e mi è arrivata una Toyota Prius (Uber manda solo, minimo, Mercedes). Ad esempio: ha difficoltà immense a individuare la mia posizione anche quando sono nel centro della città, ma sono tutti problemi certamente risolvibili. 

Il punto è, piuttosto, un altro: MyTaxi questo servizio è in concorrenza con il RadioTaxi perché invece di chiamare una macchina attraverso un centralino telefonico, la chiamo attraverso lo smartphone che si mette direttamente in contatto con l’autista. Questo fa diminuire i prezzi perché i tassisti che disdicono l’abbonamento al servizio RadioTaxi e accettano di lavorare solo attraverso MyTaxi non sono più costretti a pagare 200 euro al mese alla signorina che prende l’ordine sia che quel mese abbia lavorato sia che sia rimasto a casa con la febbre. Il taxista paga MyTaxi con una percentuale sul valore delle corse effettivamente portate a buon fine. Quindi le resistenze a MyTaxi non vengono dai taxisti ma dai soggetti che gestiscono il servizio di prenotazione attraverso il telefono che non vogliono perdere la loro posizione di monopolio. Comprensibile. Ma arriverà anche per loro il momento di fare i conti con l’innovazione e la modernità e si renderanno conto che se ho uno smartphone in mano, difficilmente lo uso per telefonare.

I più letti

avatar-icon

Marco Cobianchi

Sono nato, del tutto casualmente, a Milano, ma a 3 anni sono tornato a casa, tra Rimini e Forlì e a 6 avevo già deciso che avrei fatto il giornalista. Ho scritto un po' di libri di economia tra i quali Bluff (Orme, 2009),  Mani Bucate (Chiarelettere 2011), Nati corrotti (Chiarelettere, 2012) e, l'ultimo, American Dream-Così Marchionne ha salvato la Chrysler e ucciso la Fiat (Chiarelettere, 2014), un'inchiesta sugli ultimi 10 anni della casa torinese. Nel 2012 ho ideato e condotto su Rai2 Num3r1, la prima trasmissione tv basata sul data journalism applicato ai temi di economia. Penso che nei testi dei Nomadi, di Guccini e di Bennato ci sia la summa filosofico-esistenziale dell'homo erectus. Leggo solo saggi perché i romanzi sono frutto della fantasia e la poesia, tranne quella immortale di Leopardi, mi annoia da morire. Sono sposato e, grazie alla fattiva collaborazione di mia moglie, sono papà di Valeria e Nicolò secondo i quali, a 47 anni, uno è già old economy.

Read More