Produzione: ecco dove costa davvero di meno
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Economia

Produzione: ecco dove costa davvero di meno

I cambiamenti nel costo del lavoro, dell’energia e nella competitività favoriranno lo sviluppo di centri manifatturieri regionali, rivela uno studio di Boston Consulting Group

La mappa globale della produzione è cambiata. Lo comunica Boston Consulting Group che firma lo studio  intitolato “The shifting economics of global manufacturing” che analizza i cambiamenti economici che ridisegnano la produzione globale. In base ai risultati dell’analisi che ha messo a confronto i dati del 2004 con quelli del 2014, il mondo della produzione non è più diviso in due macro regioni, quelle dove costa tanto produrre e quelle dove costa poco. La vecchia mappa, adesso, è stata sostituita da uno scenario a scacchiera, frutto di cambiamenti nel costo del lavoro, nella produttività, nei costi dell’energia e nei tassi valutari. Analizzando 25 Paesi che catalizzano circa il 90% della produzione globale, dunque, sono emersi risultati inattesi. Per esempio, il Brasile è diventato uno dei Paesi dove produrre costa di più, mentre i costi produttivi della Russia e dell’Europa Orientale sono lievitati fin quasi a raggiungere quelli degli Stati Uniti. In pratica, la competitività è migliorata per alcuni Paesi e peggiorata per altri. 

Boston Consulting Group, dunque, suddivide i principali mercati manifatturieri del mondo in quattro gruppi. Il primo è rappresentato dai Paesi “sotto pressione”, mercati tradizionalmente considerati economici che hanno assistito a un’erosione del proprio vantaggio economico nell’ultimo decennio. E’ il caso della Cina, per esempio, il cui costo produttivo attuale è inferiore del 5% rispetto a quello degli Stati Uniti, ma anche del Brasile che, appunto, risulta più costoso di molti Paesi dell’Europa Occidentale. Anche la competitività di Polonia, Repubblica Ceca e Russia è andata deteriorandosi e oggi è prossima a quella degli Stati Uniti e di poco inferiore a quella di Regno Unito e Spagna.

Il secondo gruppo è rappresentato dai “Paesi che perdono terreno” a causa di una debole crescita della produttività associata ad alti costi energetici. Fra questi, oltre all’Italia, figurano Australia, Belgio, Francia, Svezia e Svizzera. Crescita della produttività e svalutazione, invece, hanno aiutato India e Indonesia, Paesi Bassi e Regno Unito che sono considerati "Paesi stabili", grazie a una certa anelasticità dei parametri analizzati. Risultato: questi ultimi quattro mercati si candidano a diventare leader nelle proprie regioni

Fra i Paesi che emergono dal confronto con il 2004, ci sono le cosiddette “Rising Global Star”, ovvero il Messico e gli Stati Uniti la cui struttura di costi è migliorata maggiormente rispetto ai 25 principali produttori monitorati. Secondo le stime di Boston Consulting Group, adesso, il Messico ha un costo produttivo medio per pezzo inferiorea quello della Cina. Infine, la previsione: i cambiamenti nei costi produttivi determineranno uno spostamento dell'asse della produzione globale. Il modello dicotomico di mercati ad alto e a basso costo, infatti, non riflette l’attuale scenario produttivo e le aziende più attente ai costi, dunque, punteranno sempre di più sui più convenienti centri produttivi locali.

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Stefania Medetti

Sociologa e giornalista, ho barattato la quotidianità di Milano per il frenetico divenire dell'Asia. Mi piace conoscere il dietro le quinte, individuare relazioni, interpretare i segnali, captare fenomeni nascenti. È per tutte queste ragioni che oggi faccio quello che molte persone faranno in futuro, cioè usare la tecnologia per lavorare e vivere in qualsiasi angolo del villaggio globale. Immersa in un'estate perenne, mi occupo di economia, tecnologia, bellezza e società. And the world is my home.

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