Piccole e medie imprese: a rischio 172 mila posti di lavoro
Economia

Piccole e medie imprese: a rischio 172 mila posti di lavoro

Servono pagamenti pubblici più veloci, meno tasse e burocrazia più snella: l'allarme della Cgia di Mestre

Da qui alla fine dell’anno nel nostro Paese rischiano di andare in fumo ben 20 2mila posti di lavoro. Di questi, circa 172 mila appartengono al settore delle piccole e medie imprese. Sono queste le stime impietose a cui è giunta la Cgia di Mestre realizzando uno studio che ha incrociato i dati occupazionali dell’Istat e quelli di previsione realizzati da Prometeia. Nell’analisi sui numeri complessivi si è tenuto conto del fatto che circa 30.000 esuberi siano riconducibili ad addetti occupati nelle grandi aziende che hanno aperto un tavolo di crisi presso il ministero dello Sviluppo Economico, mentre gli altri sono dunque alle dipendenze delle piccole e medie imprese.

Una realtà quella delle pmi di cui si parla sempre poco, a beneficio di grandi vertenze di richiamo mediatico più forte come Fiat o Alcoa . Eppure nell’incontro voluto lo scorso 5 settembre dal presidente del Consiglio Mario Monti con il mondo imprenditoriale per parlare di produttività, insieme a Confindustria, c’erano anche i loro rappresentanti che hanno provato a far sentire la propria voce chiedendo una serie di interventi, rimasti però decisamente più in ombra rispetto ad altre questioni.

“Si tratta d’altronde di istanze che da tempo stiamo ponendo con forza all’attenzione del governo" dice a Panorama.it Giorgio Guerrini presidente di Confartigianato e di Rete Impresa Italia. "C’è innanzitutto l’ormai annoso problema del ritardo dei pagamenti da parte della pubblica amministrazione ”. Un vero e proprio flagello che colpisce in maniera più pesante proprio le piccole e medie imprese che possono contare su risorse proprie nettamente inferiori a quelle delle grandi aziende, e quindi di fronte a mancati pagamenti hanno tempi di resistenza inferiori. “Qui non si tratta solo di spingere per un rientro dei debiti pregressi che pure sono sostanziosi – sottolinea Guerrini – ma di adeguarsi per il futuro alle norme stringenti volute dall’Unione europea proprio sui tempi di pagamento della pubblica amministrazione. L’Italia ha promesso di adeguarsi, ma il termine utile scade a marzo del 2013 e se il governo non si sbriga la Commissione di Bruxelles ha già annunciato che è pronta a comminare l’ennesima sanzione per inadempienza al nostro Paese”.

Altro tema caldo, questa volta però molto più trasversale, è quello dell’imposizione fiscale. “Abbiamo chiesto al governo – racconta Guerrini – se non di diminuire, perlomeno di lasciare invariato il peso attuale delle tasse che già è pesantissimo. Inoltre abbiamo suggerito in maniera accorata di desistere dalla minaccia di rivedere al rialzo di due punti l’Iva per luglio dell’anno prossimo. Lo riteniamo un provvedimento negativo che potrebbe mettere in ginocchio il commercio, un settore che già sta pagando duramente la crisi”.

Infine, il mondo delle pmi è particolarmente sensibile ai tempi, o meglio, alle lungaggini della macchina amministrativa, soprattutto per quello che concerne gli adempimenti fiscali. “La delega fiscale a cui il governo sta lavorando e che dovrebbe vedere la luce per la fine dell’anno – fa notare Guerrini – contiene una serie di semplificazioni a cui noi siamo particolarmente interessati. Su questo punto, come d’altronde sui due precedentemente illustrati, il ministro dello Sviluppo economico Passera si è personalmente impegnato affinché si giunga ad una soluzione, ed è dunque su di lui – conclude Guerrini – che appuntiamo le nostre speranze”.

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Giuseppe Cordasco

Sono nato e cresciuto ad Aarau nel cuore della Svizzera tedesca, ma sono di fiere origini irpine. Amo quindi il Rösti e il Taurasi, ma anche l’Apfelwähe e il Fiano. Da anni vivo e lavoro a Roma, dove, prima di scrivere per Panorama.it, da giornalista economico ho collaborato con Economy, Affari e Finanza di Repubblica e Il Riformista.

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