Valentina Castellani, Regina di quadri in casa Gagosian
Economia

Valentina Castellani, Regina di quadri in casa Gagosian

Top manager per caso. O meglio: per amore. Valentina Castellani, tra le donne più potenti dell’arte mondiale, braccio destro di Larry Gagosian, il principe dei mercati con 12 gallerie in 8 città, da Los Angeles a Hong Kong, …Leggi tutto

Top manager per caso. O meglio: per amore. Valentina Castellani, tra le donne più potenti dell’arte mondiale, braccio destro di Larry Gagosian, il principe dei mercati con 12 gallerie in 8 città, da Los Angeles a Hong Kong, ha mosso i primi passi a Londra iniziando dal gradino più basso: “stagista”. Era il 1997 e al suo fidanzato dell’epoca e attuale marito Gianluca Violante, era stata offerta una cattedra in Economia all’University College London (Ucl). “Decisi all’istante di seguirlo” racconta Castellani, nata a Boston, ma cresciuta a Torino dove il padre Valentino è stato sindaco nell’area centro-sinistra dal 1993 al 2001.

“Iniziai in una galleria: rispondevo al telefono e accoglievo i potenziali clienti” ricorda colei che oggi occupa una posizione di punta dell’universo Gagosian: una scuderia di 77 artisti tra i più famosi al mondo e vendite che superano ilmiliardo di dollari l’anno. I collaboratori sono un centinaio in tutto. Per quel che la riguarda l’ennesima consacrazione arriva con il volumeWomen in Art: Figures of Influence” firmato dall’eclettico Reed Krakoff, artista e fotografo, per la casa editrice Assouline, in uscita a maggio negli Stati Uniti.

Elegantissima nel suo tailleur Prada, bella e in splendida forma (“faccio bikram yoga tutti i giorni”, confessa), Castellani mi accoglie nel suo ufficio, nella galleria al numero980 di Madison Avenue, a due passi da Central Park, nel cuore più chic di Manhattan. Vive qui con il marito (oggi docente alla New York University) dal 2002. «Fu Larry a chiamarmi. La sua era un’offerta irrifiutabile» dice e accetta di spiegare i meccanismi di un mercato spesso incomprensibile o comunque soggetto a logiche per i più inafferrabili.

Chi stabilisce i prezzi dell’arte contemporanea?
Vale la legge della domanda e dell’offerta. Come in qualsiasi mercato. Le case d’asta dettano le tendenze. Ma la stragrande maggioranza degli affari si fanno altrove: nelle gallerie o tra privati.

Qual è il trend del momento?

Ottimo, direi. Ormai da anni. Il 2012 è stato l’anno dei record con gli artisti contemporanei che almeno sul fronte asta hanno superato (e di parecchio) i cosiddetti Old Masters.

Chi compra?
I nuovi compratori sono cinesi, russi, la famiglia reale del Qatar che ha battuto tutti i record con «I giocatori di carte» di Cézanne acquistato da un privato per 250 milioni di dollari e chi più ne ha più ne metta. Pure americani ed europei sono tornati a mettere mano al portafogli.

Il finanziare Usa Steven Cohen ha comprato «Il sogno» di Picasso dal magnate dei casinò di Las Vegas e Macao Steve Wynn per 155 milioni di dollari…
Appunto. Si sa che la trattativa era in atto da anni. Ora è andata a buon fine. Anche se sul fronte Picasso il mercato è solito prediligere i ritratti dell’amante-musa Marie-Therese del 1932: sono sensuali, sognanti e molto plastici. In quegli anni l’artista per la prima volta ha uno studio di scultura e secondo me pensa in termini scultorei anche quando dipinge. E questo piace molto.

Non a caso lei stessa ha organizzato 4 mostre-evento sul pittore spagnolo tra cui proprio quella su Marie-Thérèse, realizzata con la nipote Diana. O quella con la compagna Françoise Gilot, madre di Paloma e Claude. Com’è lavorare con gli eredi di chi ha scritto la storia?

È emozionante. Un privilegio unico. Françoise Gilot, pittrice, oggi 91enne, è stata l’unica ad avere il coraggio di lasciare Picasso. Ha avuto una vita incredibile. È un esempio anche sul piano umano.  Vale anche per John Richardson, biografo di Picasso: ha 88 anni, conosce mezzo mondo, da Mick Jagger al principe Carlo, ed è un affabulatore straordinario.

Quali altre mostre ha organizzato?
Sono decine. Ma quelle che cito più volentieri sono la retrospettiva di Piero Manzoni, la mostra di Bacon e Giacometti, il tributo agli Ambienti Spaziali di Lucio Fontana.

Tutte concordate direttamente con Larry Gagosian?
Larry è solito concedere libertà assoluta ai propri collaboratori. Ti dice: “Vuoi fare una cosa? Falla. Poi vediamo”. A ognuno la decisione di assumersi o meno il rischio.

In caso di vendita a quanto ammontano le royalties per la galleria?
Dipende se si tratta di tele del mercato primario o di quello secondario.

Cioè?
Nel primo caso sono gli artisti da noi rappresentati a dare direttamente le opere. Tra gli altri in scuderia abbiamo: Jeff Koons, Richard Serra, Anselm Kiefer o Cindy Sherman solo per citare i più noti al grande pubblico. O ancora: gli italiani Francesco Vezzoli e Rudolf Stingel. Nel secondo le opere appartengono agli eredi o ad altri collezionisti.

E in termini percentuali?
La cifra è assai variabile ma può arrivare fino a un massimo del 50% per gli artisti in scuderia. L’incidenza è più bassa in caso di opere appartenenti a terzi.

Che cosa consiglierebbe a chi vorrebbe avvicinarsi all’arte intesa come bene rifugio?
Io dico sempre di puntare su nomi certi. Chi ha comprato Wahrol, Picasso, Giacometti, Danien Hirst o gli stessi Koons o Serra non ha perso soldi. Le loro quotazioni anzi continuano a salire.

E sì che molti degli artisti contemporanei firmano opere realizzate da altri…
I più hanno decine di collaboratori, certo. Hirst, Koons, Takashi Murakami e tanti altri. Il primo è stato Wahrol con la sua Factory. Quello che conta è l’idea e non la mano che la esegue.

Davvero?
Certo. Perché l’artista stesso diventa un marchio. Ed è lui a certificare la qualità di una data opera.

Hirst si è spinto persino oltre mettendo in palio stampe dedicate per chi avesse dimostrato di avere visitato tutte le 12 gallerie Gagosian che nel 2012 esposero i suoi dipinti a pois “Spot paintings”. Una mossa che potrebbe ricordare la raccolta punti del supermercato…
È una provocazione, semmai. E un invito a riflettere sulla globalizzazione dell’arte.

Anche chi non ha milioni da spendere può investire in arte?
Certo. Puntando sugli emergenti: i rischi sono maggiori, ma anche i guadagni potrebbero esserlo. Una bella foto da 3-5 mila dollari può valere la pena. Purché ci si faccia consigliare bene. Ma la cosa più importante è la passione. I migliori collezionisti sono quelli che amano davvero l’arte.

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Zornitza Kratchmarova

Il nome? È strano, d’accordo. Sono bulgara, ma vivo in Italia da sempre o quasi. Anche se la vita Oltrecortina me la ricordo bene. Essere un ibrido mi piace. Né bulgara né italiana. Credo che aiuti ad avere punti di vista diversi, forse più sfaccettati. Per il resto che dire… Sono laureata in Scienze Politiche alla Statale di Milano. Quello che apprezzo di più? La franchezza! Costi quello che costi! Nel lavoro e nella vita privata. Non fa differenza! Quindi? Siate franchi! Ditemi quello che pensate, scrivetemi, fatevi sentire. Nel bene e nel male! L’idea di questo blog è spiegare sigle astruse in un linguaggio semplice e per quanto possibile divertente. Vale lo stesso principio: scrivete! Datemi suggerimenti di ogni tipo! Fate commenti!

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