Perché gli Usa escono prima dalla crisi
Economia

Perché gli Usa escono prima dalla crisi

Gli Stati Uniti stanno crescendo molto più velocemente dell’Europa. La ragione principale è che Washington ha affrontato e risolto subito i problemi del sistema finanziario. Facendo così ripartire gli investimenti. E recuperando i soldi pubblici.

L'economia globale sta crescendo lentamente e a velocità diverse. Che cosa spiega la maggiore velocità di crescita degli Usa rispetto a quella della zona euro? Una parte importante della risposta riguarda le diverse scelte di politica economica adottate subito dopo lo scoppio della crisi. La prima recessione, assai profonda, del 2009-2010 provocò un grave squilibrio nei conti pubblici dei paesi avanzati, ma mise anche in evidenza le gravi disfunzioni dei sistemi finanziari. I bilanci di famiglie, imprese, banche e governi si trovarono fuori equilibrio simultaneamente. Negli Usa la decisione fu di affrontare subito la crisi del sistema finanziario, anche con l’utilizzo di risorse pubbliche. La decisione si rivelò giusta. Il sistema finanziario fu rimesso in sesto le risorse pubbliche furono recuperate e fu rimesso in funzione un elemento essenziale del meccanismo di trasmissione della politica economica. Se il sistema finanziario non funziona, infatti, la politica monetaria è inefficace, gli investimenti e la crescita non ripartono.

In Europa la scelta è stata diversa. La prima preoccupazione è stata riportare in equilibrio i conti pubblici, anche nella convinzione che la forte ripresa dell’economia seguita alla forte caduta del 2009 aveva segnalato, già alla fine del 2010, il superamento della crisi. L’aggiustamento del sistema finanziario fu rinviato, e ancora oggi la zona euro è alle prese con gli stress test, la valutazione della qualità dei bilanci delle banche e la costruzione dell’unione bancaria. La mancata risoluzione dei problemi finanziari si è manifestata in un intreccio pericoloso tra bilanci delle banche e debito pubblico e in una frammentazione dell’unione monetaria fino al rischio della sua disgregazione. Combinato con la spinta recessiva del consolidamento fiscale questo stato di cose ha prolungato la recessione e portato la disoccupazione a livelli elevatissimi.

Un secondo fattore da considerare è la ripresa degli investimenti, più lenta in Europa che negli Usa. Un elemento che ha frenato gli investimenti è l’incertezza sulla politica economica. In Europa per un periodo prolungato le divisioni fra stati membri hanno alimentato l‘incertezza sui mercati aggiungendo una ulteriore spinta recessiva. Solo dopo che la Bce si è detta pronta a fare tutto il necessario per salvare l’euro il rischio è calato e la ripresa ha cominciato a materializzarsi. Negli Usa, l’incertezza, peraltro meno acuta, è stata, e rimane, legata alla politica fiscale, dove i problemi di sostenibilità e la spada di Damocle del tetto al debito rischiano di mettere un freno permanente al motore della ripresa.

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Pier Carlo Padoan

Pier Carlo Padoan oggi è capo economista e vicedirettore generale dell'Ocse. È stato professore di Economia presso l'Università La Sapienza di Roma e direttore della Fondazione Italianieuropei. Dal 2001 al 2005, inoltre, ha ricoperto l'incarico di Direttore esecutivo per l'Italia del Fondo monetario internazionale con responsabilità su Grecia, Portogallo, San Marino, Albania e Timor Est.

Dal 1998 al 2001 è stato consulente economico per i primi ministri italiani Massimo D'Alema e Giuliano Amato.
Inoltre, ha ricoperto incarichi di consulenza per la Banca mondiale, la Commissione Europea e la Banca centrale europea.

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