TechCrunchItaly, visibilità alle start up italiane
Economia

TechCrunchItaly, visibilità alle start up italiane

L'evento farà conoscere al mondo l'innovazione nel made in Italy. Che deve puntare su comunicazione e mobile

"Finalmente anche in Italia c’è un vero fermento: giovani che creano imprese innovative, l’azione del ministro Passera sulle start up, la maggiore attenzione dei media. È quindi il momento giusto per mostrare al mondo che anche qui esiste un’imprenditoria digitale". Luca Ascani è alle prese con gli ultimi dettagli della prima edizione di TechCrunchItaly, evento che giovedì 27 settembre porterà a Roma più di mille persone interessate all’innovazione (si potrà seguire in streaming su www.techcrunch-italy.com).

Populis, la multinazionale dei blog (sei i brand, tra i cui Excite, Blogo e Blogosfere) che ha fondato e di cui è presidente, lo ha organizzato con la bibbia dell’informazione tecnologica on line, TechCrunch appunto, e la collaborazione di Mind the bridge e dell’Ambasciata Americana. Ci saranno tra gli altri il ministro Passera e il fondatore di Mozilla (quelli del browser Firefox) Mitchell Baker, il consulente per l’innovazione di Hillary Clinton, Alec Ross e Mauro del Rio, fondatore di Buongiorno.

Ascani, che fece la sua prima start up nel 2000 a 22 anni, vive tra Dublino (dove Populis, 50 milioni di utenti, quasi 60 milioni di fatturato da ricavi pubblicitari) e il resto del mondo anche se ha casa a Londra, dove però riesce a fermarsi solo qualche settimana ogni anno. "Quando partecipo a incontri internazionali e grandi conferenze su Internet, quasi sempre mi scopro di essere l’unico italiano presente", racconta. "Da quei mi è venuta l’idea, con il responsabile europeo di TechCrunch, di dare visibilità a quel che sta succedendo in Italia e di portare un po’ di visione globale in Italia".

Come vede il panorama delle start up italiane?
Molte cose si stanno muovendo. Ma è necessario far sapere al mondo che le start up esistono anche in Italia. E dare visibilità internazionale a chi sta lavorando bene. Ma abbiamo anche un altro obiettivo.

Quale?
Far conoscere le storie di italiani che hanno avuto successo nel digital business all’estero. Come, ad esempio, Riccardo Zacconi, Founder di King.com(il secondo gioco più diffuso su Facebook, ndr) e Giuseppe Zocco, Co Founder diIndex Ventures (il fondo in venture capital che ha finanziato, ad esempio, Skype), che sono a Roma con noi.

Come darete visibilità alle start up italiane?
Con Mind the bridge ne abbiamo selezionate 43 su circa 300 candidature. Avranno tutte la possibilità di presentarsi, e di presentare così un quadro attendibile dello stato dei lavori in Italia, partecipando a una start up competition che mette in palio diverse opportunità di visibilità e di crescita.

Quali sono secondo lei le principale difficoltà per chi vuol fare una start up in Italia?
Non c’è ancora un ecosistema e non ci sono capitali. Non c’è il venture capital internazionale e non c’è smart money, i soldi di imprenditori che hanno avuto successo e reinvestono parte dei loro guadagni.  Poi pesano la rigidità e i costi del lavoro. In Italia fare un’assunzione è peggio che sposarsi.

Come valuta l’azione del ministro Corrado Passera?
Molto positivamente. Anche se l’execution non dipenderà da lui. Ma sono ottimista

Qual è oggi il luogo con il miglior ecosistema per le start up?
La Silicon Valley resta inarrivabile. In Europa Berlino e Londra si contendono la leadership. Berlino è più internazionale, innovativa e creativa. Londra ha un mercato enorme e la lingua che facilita gli scambi.

Dove vede la nuova frontiera del business digitale?
Nella comunicazione mobile. Sono rimasto colpito da un dato: nell’agosto del 2011 il traffico da mobile dei nostri siti era al 6%. Quest’anno ha superato il 20%. E visto che Populis con i suoi siti  è presente in 10 paesi in 8 lingue, credo che la tendenza sia davvero significativa.

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Giovanni Iozzia

Ho lavorato in quotidiani, settimanali e mensili prevalentemente di area economica. Sono stato direttore di Capital (RcsEditore) dal 2002 al 2005, vicedirettore di Chi dal 2005 al 2009 e condirettore di PanoramaEcomomy, il settimanale economico del gruppo Mondadori, dal 2009 al maggio 2012. Attualmente scrivo su Panorama, panorama.it, Libero e Corriere delle Comunicazioni. E rifletto sulle magnifiche sorti progressive del giornalismo e dell’editoria diffusa.  

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