Sui mercati sei incognite d’estate
Economia

Sui mercati sei incognite d’estate

Dallo spread che misura la febbre (crescente) di Spagna e Italia alla variabile «impazzita» della Banca nazionale svizzera: cosa tenere sotto controllo

L’eurozona è malata. Lo era già un anno fa, ma il termometro segnava una febbre moderata. A distanza di 12 mesi l’infezione è aumentata e il contagio della peste del debito, dopo avere fatto ammalare Grecia, Irlanda e Portogallo, è arrivato alla Spagna, anch’essa finita in terapia intensiva. La febbre sta aumentando anche in Italia, anche se per Roma non è ancora arrivato il momento di chiamare l’ambulanza. L’importante è fare presto: la malattia avanza e le medicine iniziano a essere inefficaci per rallentare il contagio.

1 - SPREAD
Il differenziale di rendimento fra un titolo di Stato e il corrispettivo di pari entità, comunemente chiamato spread, misura la febbre di un paese. Data una base, che nel caso della zona euro è la Germania, lo spread ci dice con cadenza giornaliera a che punto è l’infezione. Un anno fa, quando partì la girandola di sfiducia intorno all’Italia, lo spread fra Btp e Bund era a 289 punti base. Venne usata l’aspirina a piccole dosi, cioè il Securities markets programme (Smp), lo speciale programma di acquisto bond della Banca centrale europea (Bce). Non bastò. Ora siamo oltre quota 500, vicino ai massimi di novembre, quando poi Silvio Berlusconi rassegnò le dimissioni. Ed è destinato a salire. Il mese scorso il fondo d’investimento BlackRock, uno dei maggiori al mondo, ha calcolato che si arriverà a quota 600 entro fine anno: «Colpa del contagio della crisi spagnola e della precaria situazione dell’eurozona». Tanto, troppo. Sempre che non venga attivato il fondo antispread voluto dal presidente del Consiglio Mario Monti.

2 - HEDGE FUND
Sono chiamati fondi speculativi, o fondi locusta. Sono considerati dai più come una delle cause del peggioramento della crisi europea. Come disse il finanziere George Soros, famoso per avere costretto Italia e Regno Unito a uscire dal Sistema monetario europeo nel 1992, «gli hedge fund sono come gli avvoltoi: brutti, sporchi e cattivi. Tuttavia, sono anche utili». La Federal reserve di New York ha stimato che gli hedge fund fanno girare circa 3 mila miliardi di dollari ogni giorno. In altre parole, forniscono liquidità al sistema. Peccato che, quando decidono che un investimento non è sicuro, tutti gli altri operatori li seguano. Si dice vedano le cose prima del mercato. E in un recente sondaggio della J.P. Morgan l’87 per cento dei gestori di hedge fund intervistati ha detto di essere ribassista sulla eurozona per i prossimi 12-18 mesi. Non credono, insomma, che la crisi potrà risolversi prima di un anno e mezzo.

3 - SPAGNA
Dopo Grecia, Irlanda, Portogallo, è arrivato il salvataggio della Spagna. 100 miliardi di euro, ma «solo per le banche», come ha ricordato il ministro dell’Economia Luis de Guindos. In  realtà, c’è il rischio che possa arrivare un piano di salvataggio onnicomprensivo, come avvenuto per Atene. In agosto il Tesoro spagnolo scenderà 10 volte sui mercati per collocare i suoi bond. Il rischio di vedere un’asta deserta (o quasi) è molto alto. Se succedesse, la terapia intensiva del Fondo monetario internazionale potrebbe arrivare in breve tempo.

4 - ESM
Qualcuno lo ha chiamato «la penicillina degli stati». Del resto, con 500 miliardi di euro di dotazione e la possibilità di ricapitalizzare, per ora solo sulla carta, direttamente le banche europee in difficoltà, lo European stability mechanism (Esm) è la medicina più potente che ha l’eurozona. Almeno per adesso, in attesa del vaccino totale, cioè riforme strutturali e piano per la crescita economica. La decisione sull’attivazione arriverà il 12 settembre, ovvero quando la Corte costituzionale tedesca si esprimerà. L’approvazione è scontata, perché anche la Germania sa che non c’è più tempo per arginare la volatilità sui mercati finanziari e porre un freno all’incertezza.

5 - BANCA CENTRALE EUROPEA
In un’eurozona con tanti medici di poca esperienza, il primario risiede a Francoforte e si chiama Mario Draghi. Il presidente della Bce sta infatti facendo gli straordinari pur di stabilizzare «il grande malato». Prima con le due operazioni di rifinanziamento a lungo termine di dicembre e febbraio che hanno garantito al sistema bancario Ue oltre 1.000 miliardi di euro. Poi con il costo del denaro portato al minimo storico dello 0,75 per cento. Infine, con il taglio al tasso per i depositi overnight, cioè la remunerazione dei fondi parcheggiati dalle banche presso Francoforte, che ha costretto gli istituti di credito a prestarsi nuovamente denaro fra loro. Ma gli spazi di manovra sono ancora molti. Un nuovo taglio ai tassi è atteso entro fine anno e poi, forse, un programma di acquisto di titoli di stato come fatto dalla Fed negli Usa. Tutto dipende da cosa accadrà in agosto.

6 - BANCA NAZIONALE SVIZZERA
Se la Bce è il buono e l’eurozona è il brutto, la Banca nazionale svizzera è il cattivo di turno. Pur di mantenere basso il valore del franco svizzero, che deve stare intorno a 1,20, sarebbe disposta a fare di tutto. E lo sta facendo. Ogni volta che si scende sotto 1,20 compra euro, salvo poi girarli all’estero comprandosi dollari. E questo perché non si fida della moneta unica europea. Il presidente della Bns, Thomas Jordan, non ha usato mezzi termini: «L’eurozona? Deve curarsi da sola. A noi importa che non si arrivi al contagio». Meglio prevenire che curare.

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Fabrizio Goria

Nato a Torino nel 1984, Fabrizio Goria è direttore editoriale del sito di East, la rivista di geopolitica. Scrive anche su Il Corriere della Sera e Panorama. In passato, è stato a Il Riformista e Linkiesta e ha scritto anche per Die Zeit, El Mundo, Il Sole 24 Ore e Rivista Studio. È stato nominato, unico italiano, nella Twitterati List dei migliori account Twitter 2012 da Foreign Policy.

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