Starbucks alla conquista dell’Europa
La coffee company si espande partendo dal Nord. Ma in Italia non arriverà (per ora)
Non più solo caffè da consumare a casa con la nuova macchinetta Verismo . E la voglia di posizionarsi al top del mercato delle cialde. Il piano di espansione di Starbucks è articolato e ambizioso. Poche settimane fa, infatti, la catena di caffetterie più famosa del mondo (secondo il ranking di Millward Brown , il marchio è il 42° al mondo per notorietà e ha guadagnato 30 posizioni nella classifica nell’ultimo anno e +43% in termini di valore) ha annunciato l’intenzione di allargare ulteriormente la propria presenza a livello globale.
Alle 11 mila insegne negli Stati Uniti e 7 mila presenti nel mondo, Starbucks aggiungerà altre 1.200 a partire da ottobre. In pratica: tre nuovi negozi al giorno, di cui meno della metà negli Stati Uniti. La novità, come rivela The Wall Street Journal , riguarda l’ingresso nel Nord Europa. Questa, secondo l’International Coffee Organization , è la patria dei veri bevitori di caffè. Nel 2011 i Danesi hanno consumato 94,3 chili di caffè a testa, sorpassati solo dai finlandesi con 126. Gli italiani sono sesti in classifica (dopo Finlandia, Danimarca, Norvegia, Svezia e Germania) con 57,6 chili a testa. Ma ci sono solo otto insegne Starbucks nel Nord Europa. L’ingresso in questo mercato si prepara a cambiare le cose nel nostro continente che vale attualmente solo l’8,5% del business della catena (compresi Africa e Medio Oriente).
E l'Italia? Sono anni che si parla di un ingresso di Starbucks nel nostro Paese, dell'apertura di punti vendita nelle principali città italiane. Ci sono stati falsi annunci, tentativi di emulazione, smentite. Bisognerà aspettare ancora molto per vedere un'insegna Starbucks in Italia. Se mai ci sarà. È vero: la filosofia che c'è dietro all'insegna verde è ben diversa da quella dei nostri bar. Starbucks è un punto di ritrovo, dove ci si siede, si naviga su Internet, si bevono bevande originali. Ma nella patria dell'espresso che si butta giù con uno o massimo due sorsi, difficile fare grandi numeri con bibitoni (alcuni buonissimi!) pieni di aromi, creme, grassi.
La strategia di conquista del Nord Europa – dove il costo del lavoro è in media dal 4% all’8% più alto che non nel Regno Unito ed erode fino al 30% del profitto in Svezia, contro la media del 23% negli altri Paesi europei – non passa dai grandi centri commerciali, ma dalle singole apertura in città. A Oslo, tanto per cominciare e a Stoccolma, a seguire. In Svezia, la pausa caffè chiamata “Fika” (probabilmente una derivazione dal termine Kaffi, caffè) è quasi uno sport nazionale.
Intanto, la guida delle operazioni è stata affidata a Michelle Gass, 44enne già a capo delle attività in Europa e con un forte back ground accumulato con lo sviluppo del marchio negli Stati Uniti. Gass, incaricata di quella che praticamente è una “reintroduzione” del marchio in Europa (la debole presenza nella regione è sempre stata criticata dagli analisti), è fautrice del nuovo “rinascimento” di Starbucks che si farà conoscere con innovative attività di pr e social media, invece che con tradizionali campagne mass market.
Con l’obiettivo di un più robusto sviluppo, Starbucks ha sottoscritto una partnership strategica con la norvegese Umoe Restaurant Group (che gestisce 250 ristoranti nella regione da Burger King a TGI). Un'altra caratteristica dei Paesi Nordici è la maggiore stabilità economica che Starbucks intende volgere a proprio vantaggio in un mercato in cui nessuno si stupisce per una tazza di caffè (ben servito) al prezzo di dieci dollari. E il momento per la conquista del Nord non poteva essere migliore: secondo Adriano Capoferro, chief executive della catena Espresso House che conta 128 locali in Svezia, ci sono 312 coffe shop in Svezia e spazio per almeno altri 500.
Numeri ancora più importanti, tuttavia, sono quelli che riguardano il mercato americano e quello asiatico. “Siamo all’inizio della nostra crescita in Asia – ha dichiarato John Culver, presidente di Starbucks China and Asia Pacific region -, ma questo rappresenta il mercato a più ampia e rapida crescita nel futuro dell’azienda”. Entro il 2015, l’azienda prevede di più che raddoppiare la propria presenza in questa regione , arrivando a 1.500 store il cui menu, oltre al caffè, comprende anche latte al fiore di ciliegio, frappuccino al tè verde e al sesamo nero. In Giappone, il marchio è entrato nel 1996 (è stato il primo mercato fuori dai confini statunitensi) e continua a sperimentare per coccolare vecchi clienti e attrarne di nuovi . In Corea, i 442 caffè dovrebbero diventare 700 nei prossimi cinque anni.
Per saperne di più, leggi The Wall Street Journal: “Starbucks aims to invade nordic region”