Riforma del lavoro: via libera definitivo alla Camera. Ma alle aziende continua a non piacere
Economia

Riforma del lavoro: via libera definitivo alla Camera. Ma alle aziende continua a non piacere

Parla Alberto Balocco, noto imprenditore del settore dolciario: "il testo è assai deludente e assumere non sarà più facile"

LA NOSTRA P-STORY SULLA RIFORMA DEL LAVORO

Tutto come da copione. La riforma del lavoro che porta la firma del ministro del welfare, Elsa Fornero, ha ottenuto il via libera alla Camera con 393 voti favorevoli e 74 contrari. La giornata odierna è stata particolarmente intensa per il governo e i partiti: dopo le polemiche sulle esternazioni del ministro Fornero (che, in una una intervista al Wall Street Journal, ha affermato che "il lavoro non è un diritto"), a Montecitorio c'è stato un lungo e infuocato dibattito, in occasione delle dichiarazioni di voto dei leader politici.

Si è chiuso così il lungo travaglio di un disegno di legge molto discusso, che modifica la disciplina sui licenziamenti, il sistema degli ammortizzatori sociali e dei contratti di lavoro nel nostro paese.

ECCO COSA CAMBIA PER I LICENZIAMENTI

ECCO COSA CAMBIA PER GLI AMMORTIZZATORI SOCIALI

ECCO COSA CAMBIA PER I CONTRATTI DI LAVORO

ECCO COSA CAMBIA PER GLI APPRENDISTI

Anche se l'esito del voto di oggi era scontato, la riforma appena approvata continua comuque a scontentare tutti: una parte del sindacato, le forze politiche e soprattutto gli imprenditori, che avevano riposto grandi speranze nell'iniziativa del governo per riformare il sistema del welfare italiano.

“Non posso negare di essere molto deluso del risultato raggiunto”, dice Alberto Balocco , noto imprenditore del settore dolciario, titolare di un gruppo con oltre 300 dipendenti e un giro d'affari di 137 milioni di euro nel 2011. D'ora in poi, secondo Balocco, per le imprese italiane non sarà affatto più facile assumere nuovi dipendenti. Anzi, c'è il rischio concreto che il mercato del lavoro diventi per certi aspetti più rigido.

Dunque, ha ragione il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi: la riforma è una "boiata pazzesca"?

Forse io non mi sarei espresso negli stessi termini, ma condivido buona parte del ragionamento del presidente di Confindustria.

Squinzi, però, dice pure che la legge va approvata comunque. E' d'accordo anche su questo punto?

Sì. Purtroppo mi tocca dire che, per motivi di opportunità politica, è meglio avere una riforma del lavoro incompleta, piuttosto che non averne alcuna.

Allora, qualcosa di positivo nella legge c'è...

Certo, ma manca la  parte più importante: una vera riforma della disciplina sui licenziamenti.

Come l'avrebbe cambiata?

In maniera molto semplice:eliminando l'obbligo di reintegro sul posto di lavoro, previsto dall'articolo 18 .

I sindacati, però, sarebbero insorti....

Le grandi organizzazioni sindacali hanno una visione obsoleta del mercato del lavoro: credono che tutte le aziende italiane siano come la Fiat.

E invece...

E invece ci sono anche le imprese come la nostra, dove la conflittualità coi dipendenti è bassissima e i tassi di adesione agli scioperi spesso non superano lo 0,5-1%.

E allora, se nelle imprese come la sua non ci sono problemi, perché bisogna cambiare l'articolo 18?

Perché questo articolo non serve a tutelare realmente chi fa bene il proprio mestiere ma, piuttosto, chi non ha voglia di lavorare.

Addirittura...

Guardi, io credo che nessun imprenditore si sognerebbe mai di licenziare un dipendente che svolge con scrupolo i propri compiti e che rappresenta una risorsa preziosa per la società. Certo, quando un'azienda è in difficoltà economiche e non riesce ad andare avanti, è costretta per forza di cose a ridurre l'organico. In questi casi, però, le tutele dell'articolo 18 c'entrano ben poco.  I sindacati, tuttavia, fanno fatica a capirlo.

Dopo l'approvazione della riforma, per le aziende italiane sarà più difficile assumere un dipendente?  

Di sicuro non sarà più facile. Anzi, purtroppo corriamo il rischio concreto di ostacolare le assunzioni con i contratti flessibili, che per molte imprese sono una necessità e che, in futuro, saranno sottoposte a maggiori vincoli.

E' deluso dall'operato del ministro del welfare, Elsa Fornero?  

Io ho stima della professoressa Fornero, della quale sono stato anche allievo all'università. Credo però che le sia mancato l'appoggio politico necessario per fare una riforma di grande respiro.

La colpa, dunque, è anche dei partiti e non soltanto del sindacato?  

Di entrambi. Le dirò di più: se non avessimo i sindacati e la classe politica che abbiamo, l'Italia sarebbe un paese avanzato quanto la Svizzera.

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Andrea Telara

Sono nato a Carrara, la città dei marmi, nell'ormai “lontano”1974. Sono giornalista professionista dal 2003 e collaboro con diverse testate nazionali, tra cui Panorama.it. Mi sono sempre occupato di economia, finanza, lavoro, pensioni, risparmio e di tutto ciò che ha a che fare col “vile” denaro.

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