Fiat-Chrysler, la genialata di Marchionne e i veri conti
Economia

Fiat-Chrysler, la genialata di Marchionne e i veri conti

La casa automobilistica americana paga metà del costo del "matrimonio" mentre i numeri dicono che è lei a sanare la Fiat. Che in borsa fa boom

La tradizione vuole che in un matrimonio sia lo sposo a pagare i costi della cerimonia, del rinfresco e dell’ospitalità. Ma a Sergio Marchionne piace rompere gli schemi, andare controcorrente e inventare nuove tradizioni. Così, quando si è trattato di pagare il 41,6% di Chrysler per unirla in matrimonio, ha deciso che la cerimonia sarà pagata per quasi la metà dalla Chrysler stessa. Cioè dalla sposa. Cosa significa? Semplice: il 41,46% della società americana in mano a Veba (il fondo sanitario degli ex dipendenti in pensione) verrà comprato dalla Fiat usando, per oltre la metà dell’importo, 4,350 miliardi di dollari, la liquidità di Chrysler stessa. Come? Attraverso il varo di un dividendo straordinario da parte di Chrysler di 1,9 miliardi che andrà totalmente a Veba e al quale la Fiat (che possiede il 58,54% della società) rinuncerà. E se si considera che la liquidità di Chrysler è di circa 9,3 miliardi di dollari ma che solo 2 (secondo un report di Morgan Stanley) sono i miliardi effettivamente utilizzabili (ovvero liberi da impegni), si può capire quale sia stata l'abilità di Marchionne. 

Contestualmente Fiat verserà 1,750 miliardi di dollari usando le proprie disponibilità più 700 milioni in 4 rate uguali di 175 milioni di dollari. Una mossa che conferma l’abilità finanziaria di Sergio Marchionne, che riesce a far sborsare alla Fiat molto poco, e non tutto subito, diventando padrone del 100% della terza casa automobilistica americana la cui conquista era iniziata nel 2009 dopo il default «controllato» gestito dall’Amministrazione Obama. La borsa ha talmente gradito l’operazione che il titolo Fiat, in apertura di contrattazioni, è subito schizzato verso l’alto di oltre il 12%

Ma che cosa nasce, esattamente, dall’unione delle due aziende? Prima di tutto occorre sottolineare che il closing dell’operazione è fissato per il 20 gennaio e, in secondo luogo, che l’unione è solamente finanziaria, per ora, la fusione vera e propria dovrebbe avvenire, secondo quanto aveva detto Marchionne, entro il primo semestre di quest’anno. Solo a quel punto emergeranno gli inevitabili problemi di sovracapacità produttiva e le discussioni, anche politiche, sulla richiesta della Fiat di ridimensionare la presenza in Italia.

Dal punto di vista finanziario le cose non sono così rosee come potrebbero sembrare e uno sguardo attento ad alcuni numeri dei bilancio sia di Fiat che di Chrysler dimostra che Marchionne ha ancora tantissimo da lavorare. I dati del terzo trimestre del 2013 dicono che la Chrysler va molto meglio delle aspettative e la Fiat va molto peggio. Nel terzo trimestre la società americana ha realizzato profitti per 862 milioni di dollari (grazie all’ottima performance del marchio Ram), la Fiat invece ha generato solo 27 milioni di dollari di profitti, molto peggio rispetto ai 101 dello stesso periodo del 2012. Come mai? Secondo la Fiat il peggioramento è dovuto soprattutto alla svalutazione del dollaro e del Real brasiliano che ha pesato per 80 milioni sui conti. Ma è anche vero che la vera colonna portante del bilancio della Fiat, le attività in Brasile, è in difficoltà. In Brasile il trading profit (la semplice differenza tra ricavi dalla vendita dei prodotti e il costo della loro produzione) è calato del 35% e non è detto che la situazione possa migliorare in futuro soprattutto a causa della pressione sui prezzi che la Fiat, tradizionalmente leader di mercato, deve fronteggiare da parte dei nuovi arrivati (ad esempio la cinese Chery) e, dall'altra parte del globo, da parte della Volkswagen.

Ma anche la Chrysler ha un piccolo problema: nel terzo trimestre si è messa anche lei a bruciare cassa a causa di un blocco nelle consegne delle nuove Jeep Grand Cherokee e questo ha come conseguenza il fatto che il gruppo ha raggiunto gli 8,3 miliardi di dollari di debiti a fine settembre 2013 (era previsto fossero 7,2 in tutto l'anno) in forte crescita rispetto ai 6,7 dello stesso periodo del 2012. A novembre, tuttavia, le vendite della Chrysler sono aumentate del 16% mentre Ford e General Motors hanno avuto aumenti del 7% e del 14%.

Ma c’è un altro aspetto da considerare. Nel 2012 le perdite europee della Fiat sono state pari a 704 milioni di euro che dovrebbero scendere, quest’anno, a quota 400 milioni a causa di vendite che, in Europa, sono passate da 1,1 milioni di quattro anni fa a 700mila del 2012 e che sono a loro volta calate di altre 100mila unità nel 2013 (secondo le stime). Questo dà concretezza a quanto aveva detto Marchionne nel 2009 in un importante discorso alla Camera, quando disse che è vero che la Fiat salva la Chrysler «ma è vero anche il contrario». Ed è propprio così: con un costo del debito che, secondo Nomura, sarà nel 2013 vicino a 1,7 miliardi, senza la cassa della Chrysler la Fiat rischiava davvero grosso.

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Marco Cobianchi

Sono nato, del tutto casualmente, a Milano, ma a 3 anni sono tornato a casa, tra Rimini e Forlì e a 6 avevo già deciso che avrei fatto il giornalista. Ho scritto un po' di libri di economia tra i quali Bluff (Orme, 2009),  Mani Bucate (Chiarelettere 2011), Nati corrotti (Chiarelettere, 2012) e, l'ultimo, American Dream-Così Marchionne ha salvato la Chrysler e ucciso la Fiat (Chiarelettere, 2014), un'inchiesta sugli ultimi 10 anni della casa torinese. Nel 2012 ho ideato e condotto su Rai2 Num3r1, la prima trasmissione tv basata sul data journalism applicato ai temi di economia. Penso che nei testi dei Nomadi, di Guccini e di Bennato ci sia la summa filosofico-esistenziale dell'homo erectus. Leggo solo saggi perché i romanzi sono frutto della fantasia e la poesia, tranne quella immortale di Leopardi, mi annoia da morire. Sono sposato e, grazie alla fattiva collaborazione di mia moglie, sono papà di Valeria e Nicolò secondo i quali, a 47 anni, uno è già old economy.

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