Italia e imprese, serve coesione per uscire dalla crisi
Economia

Italia e imprese, serve coesione per uscire dalla crisi

Secondo Gfk Eurisko, il Paese è paralizzato da una mancanza di obiettivi comuni. Servono stimoli e fiducia. Come quello pronunciato a gran voce da Giorgio Squinzi, presidente di Confindustria

C come crescita. Ma anche come competizione, cultura, consapevolezza. E soprattutto condivisione. Gli esami di crescita, a settembre, non saranno facili per il governo Monti ed è già chiaro che le condizioni economiche non saranno le più incoraggianti. Servirà una buona dose di fiducia.

Ecco perché appare interessante la reazione del presidente di Confindustria all’allarme della Bce sul rischio di insolvenza delle aziende italiane. La crisi è forte, ma gli imprenditori continueranno a investire nelle loro aziende e a credere nel Paese, ha detto Giorgio Squinzi. Una mozione di fiducia, appunto, benvenuta in questo torrido clima che sta creando disorientamento e preoccupazione. Cambiar tono (non solo lamentele e previsioni di catastrofe) è una strategia da incoraggiare se si vuole davvero imboccare la via della crescita.

Per comprendere il nostro stato di salute psicologica torna utile rileggere il monitor annuale di GkF-Eurisko. "Un Paese che non possiede un’idea di sé, infastidito e impaurito da vincoli e rimproveri che arrivano da oltr’Alpe", rileva l’Istituo di ricerca.

Soffriamo, ci sentiamo un po’ in colpa ma non abbiamo un’idea di come uscire da questa situazione. E nessuno sembra proporcene una convincente. Manca, sostiene GfK un progetto, “che prima o poi dovrà arrivare”.

Negli ultimi 40 anni l’Italia ha vissuto altre crisi ma anche un profondo cambiamento, spiega il presidente onorario Giuseppe Minoia. Adesso è confusa e incerta. E non solo perché ha meno soldi a disposizione da spendere. Mancano le motivazioni, la forza, la determinazione per affontare la realtà che cambia, è la diagnosi di GfK che, pur avendo nel mirino il mercato dei consumi, individua di fatto il clima sociale che inevitabilmente lo condiziona.

"Il Paese è fermo", dice senza mezzi termini Remo Lucchi, amministratore delegato di GfK. "E gli manca la condizione basica per muoversi: la coesione. Spreca tutte le energie per problemi interni.
 E non c’è coesione perché manca l’ingrediente basico: l’etica, il rispetto degli altri".

Sono discorsi sociologici ma fotografano un lato oscuro della nostra comunità nazionale che è a un passo da non essere Paese perché, dice Lucchi, non ci sono le condizioni essenziali: l’unitarietà (prevalgono gli interessi di parte) e la personalità (mancano obiettivi di medio lungo periodo).

Conclusione: l’Italia è casuale, molle, è terra di conquista. Ma se il Paese è bloccato, non è la stessa cosa per le imprese e le famiglie. Anzi, i segnali di insofferenza aumentano. Nuovi valori si fanno strada (la sostenibilità primo fra tutti). E cresce la richiesta al Sistema (che non è solo la politica ma l’intera classe dirigente) di interventi urgenti per ritrovare coesione, etica, convinzione.

Non è solo questione di un decreto in più. E neanche di qualche mese ancora. Per cambiare e crescere servirà almeno un decennio, prevede GfK. Ma bisogna cominciare. E credere in quello che si fa, difenderlo, sostenerlo è un modo.

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Giovanni Iozzia

Ho lavorato in quotidiani, settimanali e mensili prevalentemente di area economica. Sono stato direttore di Capital (RcsEditore) dal 2002 al 2005, vicedirettore di Chi dal 2005 al 2009 e condirettore di PanoramaEcomomy, il settimanale economico del gruppo Mondadori, dal 2009 al maggio 2012. Attualmente scrivo su Panorama, panorama.it, Libero e Corriere delle Comunicazioni. E rifletto sulle magnifiche sorti progressive del giornalismo e dell’editoria diffusa.  

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