Irpef e Iva: la legge di stabilità populista di Monti
Economia

Irpef e Iva: la legge di stabilità populista di Monti

Il Governo toglie da una parte e prende dall'altra. Con il plauso della comunità internazionale

Forse "cieli bui" sarà sembrato, al britannico gusto umoristico del premier, un nome appropriato per questa stravagante delibera che prescrive la riduzione dell’illuminazione notturna negli uffici pubblici (e francamente è sbalorditivo che ci voglia una legge per imporre una norma di buon senso: l’ultimo spenga la luce) oltre al taglio dell’illuminazione stradale, con l’inevitabile manna di opportunità per i malintenzionati. Ma in realtà "cieli bui" è il nome giusto per l’intero parto della seduta-fiume con cui il consiglio dei ministri di ieri ha dato alla luce la nuova legge di stabilità .

Cieli bui perchè se anche i tecnici iniziano a fare i politici, anzi i politicanti, siamo messi ancora peggio di quanto pensassimo. Il taglio delle due aliquote Irpef più basse, misura di approccio sociale, con tutto avrebbe dovuto essere bilanciato salvo che con l’aumento dell’Iva: perchè sia le prime due aliquote che l’Iva insistono sul reddito reale delle fasce meno abbienti della popolazione, e allora favorirle da un lato e penalizzarle dall’altro sa di espediente populista e non di manovra politico-economica sostanziale.

Certo, l’aumento dell’Iva sarà solo di un punto e non di due e decorrerà dal giugno 2013 e non da subito, ma del resto anche la tassazione delle persone fisiche sarà sgravata solo dalla prossima stagione di prelievo.

Nello scorso giugno, il presidente della Confcommercio Carlo Sangalli, sulla base delle ricerche del suo ufficio studi, aveva coloristicamente detto che un ulteriore aumento dell’Iva sarebbe stato una Caporetto per le famiglie e per le imprese. Tra l’altro, per coprire il fabbisogno legato alla riduzione dell’Irpef, il punto Iva non basta e il governo ha dovuto tagliare le detrazioni fiscali, un altro strumento che alla fine pesca nello stesso bacino, il reddito spendibile degli italiani, magari quelli un po’ più abbienti, ma non certo i veri ricchi.

Sono invece deludenti gli esiti di cui si accontenta la legge sul fronte della spending review , quando indica in appena 50 miliardi di euro la spesa per acquisti di beni e servizi "aggredibile" con i risparmi. E questo, nonostante le potenzialità del metodo della gare on-line gestito dalla Consip siano notoriamente più alte e nonostante la giungla degli acquisti delle Regioni sia oggi popolata da ben diciassette centrali d’acquisto, che operano in ordine sparso, spesso contraddittorio, estremamente differenziato, gestendo senza filtri oltre 200 miliardi di spesa.

Inoltre, l’impressione è che la capacità previsiva del governo non sia oggi ai suoi massimi storici, rispetto ad esempio alla severa stima del Fondo monetario internazionale che l’altro ieri ha individuato nel 2,6% il calo del Pil italiano di quest’anno e dello 0,7% l’anno venturo. L’altro ieri il presidente della Confindustria Squinzi aveva invece fatto sapere che secondo il suo ufficio studi il prodotto lordo, nel 2013, avrebbe potuto tornare a crescere, sia pure di appena lo 0,23%, a patto che non ci fosse stato l’aumento dell’Iva: e invece ci sarà.

Ma non finisce qui: il ministro dell’Economia Vittorio Grilli ha ribadito la sua attesa di incasso da privatizzazione: ben un punto di Pil, che accompagnerebbe i 10-12 miliardi complessivi ricavati direttamente dalla legge di stabilità. È evidente qui la difficoltà – ancorchè in buona fede – del governo: Grilli dice di aver scelto lo strumento dei fondi immobiliari sapendo che la Cassa depositi e prestiti (partecipata dal Ministero dell'Economia ma con una presenza forte delle Fondazioni bancarie) ha già pronta una società di gestione immobiliare che può creare prodotti di questo tipo con gli immobili pubblici.

Ma la verità è diversa. Pur essendo pronta da mesi la lista dei 350 beni vendibili , il Tesoro in realtà non ha ancora scelto definitivamente le modalità operativa; si è saputo, infatti, che scadrà tra una settimana il termine entro il quale andrà individuato, tra sei soggetti in gara, lo studio legale con cui fare questa scelta. Saranno davvero i fondi con la sgr della Cassa depositi e prestiti? E poi, quanto tempo servirà per vendere i beni in questa fase di mercato?

Solo di procedure, insomma, si arriverà a fine anno per mettere concretamente in vendita i beni, e aspettare le offerte, sperando siano congrue nonostante la valanga di alternative private presenti sul mercato e l’imbarazzante storia di inaffidabilità normativa ed amministrativa che le privatizzazioni immobiliari hanno alle spalle, con licenze di cambio di destinazione d’uso (se no, chi comprerebbe una caserma?) promesse e mai concesse.

Fa bene il governo a lavorare come se la sua esperienza non fosse a termine, e anzi a brevissimo termine. Ma portare a casa qualche risultato immediato avrebbe forse potuto essere fatto optando per procedure più collaudate o comunque emergenziali.

C’è da scommettere – e le prime reazioni lo confermano – che la comunità internazionale esprimerà il suo plauso per queste misure. Come c’è da credere che, prima di vararle, il premier si sia informalmente confrontato con i suoi "danti causa" internazionali, dalla commissione europea alla Bce.

Ma c’è un fronte interno che non ne può più. E non può essere blandito col fumo negli occhi delle due aliquote ridotte. E poi ristangato con l’Iva.

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Sergio Luciano