Infrastrutture, si riparte dai project bond
Economia

Infrastrutture, si riparte dai project bond

Come funzionano i prodotti che il governo vuole usare per rilanciare il settore

Project bond, defiscalizzazione del project financing e un Piano città per interventi di riqualificazione urbana. Sono questi i tre capitoli del Decreto sviluppo approvato dal governo che puntano a rilanciare la realizzazione di infrastrutture nel nostro Paese. Tre pilastri, il principale dei quali è rappresentato sicuramente dai project bond, attraverso i quali il governo spera si possano reperire almeno la metà di quegli 80 miliardi di euro che è il valore complessivo dell’intero decreto.

Si tratta in pratica di obbligazioni emesse dalle società concessionarie che realizzano un’opera, immesse sul mercato per rastrellare fondi di potenziali investitori. “Il nuovo decreto – spiega a Panorama.it Marco Nicolai, esperto di finanza pubblica nonché presidente di Finlombarda, la finanziaria della Regione Lombardia – sana un’anomalia per cui in precedenza le ritenute sugli interessi di queste obbligazioni erano fissate al 20%. Ora invece sono state equiparate ai titoli di stato con un’aliquota pari al 12,5%”.

Il tutto per rendere più appetibili sul mercato internazionale strumenti finanziari che finora erano stati appannaggio solo di acquirenti nazionali. “Noi non abbiamo infatti una storia sul mercato mondiale dei project bond – spiega Nicolai -, e in passato sono state soprattutto le nostre banche a colmare questa lacuna. In Europa siamo stati anche il Paese che meno di tutti ha utilizzato a questo scopo i fondi della Bei, la Banca europea per gli investimenti”.

Per il governo è giunto dunque il momento di rendere anche i nostri bond attraenti fuori dai nostri confini nazionali. “Il tutto però – sottolinea Nicolai – ricordando che parliamo di obbligazioni che serviranno a finanziare comunque solo grandi opere infrastrutturali, lasciando aperto tutto il capitolo dei progetti locali di entità più contenute ma comunque rilevanti, per i quali persiste il problema annoso delle migliaia e migliaia di stazioni appaltanti, spesso del tutto impreparate ad utilizzare strumenti così sofisticati come i project bond”.

Un grido d’allarme al quale il governo in parte sembra aver cercato di rispondere intervenendo, come accennato, anche sul project financing. In questo caso la vera novità sta in una defiscalizzazione, cioè l’esenzione dal pagamento di Iva, Ires e Irap, per le imprese concessionarie delle opere. “Un’iniziativa sicuramente apprezzabile – commenta Nicolai – ma che in realtà serve a coprire il buco che si era creato con il taglio dei fondi per gli investimenti a fondo perduto che prima veniva garantito tanto dallo Stato che dalle amministrazioni locali”.

Come a dire che lo Stato prima con una mano ha tolto e ora con l’altra sta cercando di ridare qualcosa, anche se bisognerà verificare che le agevolazioni fiscali concesse riescano davvero a colmare il gap finanziario creatosi con il taglio dei contributi a fondo perduto. “Senza contare – aggiunge Nicolai – che la defiscalizzazione sarà soggetta ad approvazione governativa. Un passaggio burocratico in più che produrrà un appesantimento delle procedure, e di conseguenza un rallentamento della programmazione delle opere a livello locale”.

A parziale consolazione di ciò, gli enti locali e in particolare i Comuni, potranno contare sul terzo provvedimento dedicato alle opere pubbliche contenuto nel decreto sviluppo. Un Piano città che potrà contare su una dote di 225 milioni di euro e che, come accennato, dovrà servire a finanziare interventi di riqualificazione pubblica e a realizzare anche nuove infrastrutture cittadine, sempre nell’ambito di un programma di sinergie tra pubblico e privato. I dettagli di quest’ultima misura dovranno essere meglio esplicitati dal governo, ma quello che si sa fin d’ora è che verrà creata una cabina di regia operativa presso il ministero delle Infrastrutture che valuterà le proposte di riqualificazione delle aree urbane inviate dai Comuni italiani, e deciderà sugli stanziamenti finanziari.

Tre misure diverse e in parte complementari dunque, attraverso le quali il governo spera non solo di far ripartire il settore delle opere pubbliche, ma soprattutto di farlo in tempi brevissimi. Staremo a vedere.

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Giuseppe Cordasco

Sono nato e cresciuto ad Aarau nel cuore della Svizzera tedesca, ma sono di fiere origini irpine. Amo quindi il Rösti e il Taurasi, ma anche l’Apfelwähe e il Fiano. Da anni vivo e lavoro a Roma, dove, prima di scrivere per Panorama.it, da giornalista economico ho collaborato con Economy, Affari e Finanza di Repubblica e Il Riformista.

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