Le conseguenze economiche per l'Italia della crisi in Ucraina
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Le conseguenze economiche per l'Italia della crisi in Ucraina

Dalla Russia arriva il 40% del nostro metano che passa tutto in territorio ucraino. Ecco perché la questione della Crimea preoccupa anche noi

L’Italia importa dalla Russia circa 30 miliardi di gas naturale all’anno, ossia più del 40% del proprio fabbisogno e il suo transito avviene tutto in territorio ucraino. Basterebbe questa semplice constatazione a preoccupare tutte le famiglie e le imprese italiane, su un possibile blocco delle forniture in conseguenza di una degenerazione della situazione politica in Ucraina.

GAS, QUANDO LA RUSSIA SALTA L'UCRAINA

Una prospettiva tra l’altro non sottovalutata neanche dall’amministratore delegato di Eni, Paolo Scaroni ,che però ha cercato di attenuare i timori. “Io penso che questo scenario non si materializzerà, - ha dichiarato il numero uno dell’Eni -, ma supponendo che avvenga, non ci aspettiamo alcun problema per questo inverno. Le scorte sono sufficienti a garantire le forniture. A rischio sarebbe il prossimo anno, nel caso in cui il flusso dalla Russia rimanesse interrotto”. Dunque l’Italia sarebbe in condizione di poter superare una crisi nell’approvvigionamento di gas russo almeno per tutto l’anno in corso. Una prospettiva questa confermata anche da Matteo Verda, economista esperto di mercato del gas, che prova anche a spiegare le ragioni di questo realistico ottimismo.

ENERGIA DEL FUTURO, IN ARRIVO NUOVI GASDOTTI

“Innanzitutto – dice Verda – un’eventuale minaccia di Kiev di bloccare il passaggio del gas sarebbe poco credibile, perché la stessa Ucraina importa tutto il gas di cui ha bisogno dalla Russia e avrebbe al massimo qualche giorno di autonomia prima di dover tornare sui propri passi. Pena la completa paralisi di gran parte delle proprie attività economiche”. Se dunque già lo stop alle forniture sarebbe una pistola scarica in mano all’Ucraina data la sua totale dipendenza da Mosca in termini energetici, ci sarebbero poi altre ragioni, più legate al nostro contesto economico e produttivo, a tranquillizzare gli animi. “Il sistema di approvvigionamento italiano è costruito per poter funzionare correttamente anche senza il gasdotto in arrivo dalla Russia – spiega Verda -. La capacità di importazione italiana è infatti ben diversificata e i clienti possono ricevere il gas dalla Norvegia, dai Paesi Bassi, dall’Algeria, dalla Libia, oltre che dai rigassificatori di Rovigo e Livorno”.

MERCATO DEL GAS, RIGASSIFICATORI SEMPRE PIU' STRATEGICI

Solo un contemporaneo blocco di forniture da parte di altri Paesi, e in particolare di quelli del bacino del Mediterraneo, potrebbe dunque far precipitare davvero la situazione, come d’altronde confermato dallo stesso Paolo Scaroni. “Complessivamente – ha notato l’ad di Eni - la situazione potrebbe essere affrontata. Se invece vi fossero problemi anche in Algeria e in Libia allora la situazione diventerebbe critica”. In ogni caso però stiamo sempre parlando di una prospettiva futura, ossia che guarda ben oltre il 2014. Tra l’altro stiamo andando incontro alla primavera e dunque entriamo nelle fasi stagionali in cui, venendo a mancare le richieste di gas da riscaldamento, i consumi tendono comunque a scendere.

ECONOMIA, LE CONSEGUENZE DELLA CRISI IN UCRAINA

Una discesa che inoltre nel nostro Paese è diventata da un po’ di anni fisiologica. “Basti pensare – dice ancora Matteo Verda – che la domanda attuale di gas in Italia è più bassa del 17% rispetto al 2007, quando tra l’altro la capacità di importazione era nettamente minore rispetto a quella attuale”. Insomma, si consuma meno metano  e ci sono anche più scorte disponibili. Tutti elementi che dovrebbero farci guardare con meno trepidazione agli eventi in Ucraina, dove comunque si spera che in ogni caso a trionfare sia il buonsenso e la ragionevolezza.

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Giuseppe Cordasco

Sono nato e cresciuto ad Aarau nel cuore della Svizzera tedesca, ma sono di fiere origini irpine. Amo quindi il Rösti e il Taurasi, ma anche l’Apfelwähe e il Fiano. Da anni vivo e lavoro a Roma, dove, prima di scrivere per Panorama.it, da giornalista economico ho collaborato con Economy, Affari e Finanza di Repubblica e Il Riformista.

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