La Fiat, Sergio Marchionne e le parole, parole, parole...
Oliverio Imagoeconomica / Imagoeconomica
Economia

La Fiat, Sergio Marchionne e le parole, parole, parole...

Tra progetti solo annunciati, coraggio e faccia tosta del numero uno di Fiat-Chrysler, un parere sul piano per il gruppo raccontato a La Repubblica

Parole, parole parole: lo scambio tra Sergio Marchionne e Repubblica, l’unico grande quotidiano italiani che aveva la credibilità per intervistarlo senza conflitti d’interesse, è stato chiaro. Io vi riservo, in esclusiva mondiale, tutte le mie considerazioni sul senso dell’acquisizione del 100 per cento di Chrysler, e voi mi prendete sul serio. Almeno stavolta, visto che di solito, proprio in quanto indipendente dalla Fiat, quel giornale non risparmia liscebussi al manager col pulloverino.

Per scrivere la maxi-intervista si è mosso il direttore in persona; e in un testo magistrale ha riportato il Marchionne-pensiero, senza risparmiare le domande più scomode. Non sarebbe stato facile fare altrettanto né al Corriere della Sera, dove ormai comanda Fiat dopo l’”Opa strisciante” fatta da John Elkann salendo al 20% del capitale; né al Sole 24 Ore, di proprietà della Confindustria, che di Fiat continua a subire il pesante “maggiorascato” senza nemmeno incassarne più i contributi…
Chapeau sia a Marchionne che a Repubblica.

Quel che resta da fare sono però i commenti su quanto Marchionne ha dichiarato: sulla credibilità sua, per la precisione, non dei giornali o delle società di rating, che lui regolarmente depreca, o – in generale – degli “italiani”. Ma si sa che la parola “credibilità”, è vaga come “sesso degli angeli”.
E’ credibile, Marchionne, quando promette la ripresa della produzione in Italia?

Sul conto del risanatore della Fiat – anzi, del suo salvatore, perché senza l’avvento di questo manager il gruppo ex-torinese sarebbe oggi un’azienda fallita, mentre invece è il settimo colosso mondiale dell’auto – si possono dire tante cose. Che sia un genio del negoziato, è pacifico; ed ha anche avuto la sfacciataggine di ammettere nell’intervista di oggi quanta dose di “bluff” abbia sempre inoculato nelle sue trattative: “Ho avuto la faccia tosta all’inizio …”, afferma, riferendosi alla trattativa del 2009 con il governo americano per negoziare il primo intervento italiano in Chrysler… E ha avuto ragione lui. Ma ammette appunto di aver usato la sua faccia tosta.

Faccia addirittura granitica, per quanto riguarda le cose italiane, c’è da aggiungere. Perché quel che Marchionne non dice, è che finora tutte le promesse e tutti gli impegni da lui presi per l’Italia sono stati sostanzialmente disattesi, e il 40% di tutto il personale Fiat negli stabilimenti italiani è perennemente in cassa integrazione.
“Mi impegno”, dichiara a Repubblica: “Quando il piano sarà a regime la rete industriale italiana sarà piena, naturalmente mercato permettendo”. Fantastico. Promette, e poi subordina l’adempimento degli impegni appena presi a circostanze esterne, delle quali nessun potrebbe fargli carico, ma che sa già però di poter essere soltanto lui a dare una valutazione prospettica… Qualcuno ricorderò quel brano dei “Promessi Sposi”, in cui il gran cancelliere spagnolo a Milano arriva a salvare il “vicario di provvisione” dai rivoltosi del pane che lo volevano linciare, e portando via tra la calca garantisce a gran voce: “Vengo per condurlo in prigione, per dargli il giusto gastigo che si merita”, salvo poi soggiungere sottovoce, e in spagnolo: “Si es culpable!”.

Da quando Marchionne ha iniziato a ripetere il suo mantra sull’inopportunità di produrre modelli nuovi quando il mercato flette, la quota di vendita della Fiat sul totale italiano ed europeo è molto diminuita, a tutto vantaggio dei concorrenti che invece i modelli nuovi hanno continuano a farli, primi fra i quali i tedeschi, campioni anche di redditività nonostante il loro alto costo del lavoro e grazie alle vendite nei mercati orientali, in particolare la Cina, nei quali Marchionne non è riuscito finora a trovare spazi consistenti.

Insomma, il pulloverato prospetta per le marche italiane una specie di ritorno al futuro, puntando tutto sulle vendite all’estero di Ferrari e la Maserati, due vecchie glorie, e di Alfa Romeo , in particolare negli Usa, dove il marchio del biscione è ancora un’icona, dai tempi del “Laureato” di Dustin Hoffman. Speriamo in Mrs Robinson, insomma: per chi ha visto e ricorda il film, evidentemente, Marchionne deve pensare che gallina vecchia fa buon brodo. Speriamo però che la prossima nidiata di modelli Fiat e Alfa non sia però tutta fatta di “rifritture”. Finora, tolta la 500 (unica rifrittura riuscita), è andata così. E sulle strade del mondo, con le galline vecchie non si va lontano.

E infine: la faccia tosta di Marchionne dovrà ora misurarsi con la minor credibilità che gli viene riconosciuta come industriale piuttosto che come finanziere. Non a caso, i mercati non hanno reagito in modo apprezzabile alle roboanti visioni rappresentate dal manager a Repubblica: “nel polo Mirafiori-Grugliasco si faranno le Maserati, ha detto, a Melfi la 500X e la piccola Jeep, a Pomigliano la Panda e forse un’altra vettura, mentre Cassino è adatto al rilancio di Alfa Romeo”. Auguri, è sembrata volergli dire la Borsa, dove il titolo è rimasto piatto, preoccupato forse più che altro del fatto che adesso il gruppo ha bisogno di soldi, visto che la liquidità di Fiat serve a bilanciare il debito del circolante e quella di Chrysler è stata utilizzata per l’auto-scalata.

Ed è qui l’ultima prodezza dell’impulloverato, l’evocazione di un nuovo “prestito convertendo”, lo stesso strumento con cui le banche nel 2003 s’erano adattate a sostenere Fiat solo alla condizione di prenderne poi il controllo e che lui, abilmente – ma soprattutto grazie alle mosse di Gianluigi Gabetti e Franzo Grande Stevens – neutralizzò con la discussa operazione del credit-swap. Non bis-in-idem, dicevano i romani. E l’Avvocato Agnelli avrebbe commentato che “perseverare diabolicum”.

Se davvero le banche concederanno a Marchionne un secondo convertendo, non ci resterà che nominarlo a furor di popolo “lider maximo” d’Italia per un anno. E allora finalmente il nostro Paese compirà qualche prodigio finanziario, chissà, magari dimezzerà il debito pubblico. In fondo basta un po’ di faccia tosta…

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Sergio Luciano