Marchionne, Fiat e il colpo basso di Cnh
Economia

Marchionne, Fiat e il colpo basso di Cnh

Il no al progetto di fusione tra Cnh e Fiat Industrial costringerà Marchionne a pagare di più

Figuriamoci se fosse successo in Italia: apriti cielo! Paese lento, sindacati assurdi, voglio Monti premier tutta la vita e quant'altro. Invece stavolta lo smacco, a Sergio Marchionne, gliel'hanno dato i sui amici americani, e per giunta su un tema – la finanza strategica – che è il pane quotidiano dell'uomo dal pulloverino.

Il “no” opposto al progetto di fusione tra la Cnh e la Fiat Industrial dal gruppo americano è un colpo basso che Marchionne - il totipotente capo del gruppo Fiat-Chrysler – proprio non s'aspettava. Lo “special committee” del consiglio di amministrazione di Cnh, leader nelle macchine per le costruzioni e l’agricoltura, ha deciso di “non raccomandare” le condizioni proposte da Fiat Industrial lo scorso 30 maggio per l’integrazione tra i due gruppi: “La proposta di fusione di Fiat Industrial con Cnh è inadeguata (39 azioni Fiat Industrial contro 1 Cnh, ndr).

Dopo aver valutato con attenzione la proposta di fusione del 30 maggio, tutte le informazioni disponibili e le opinioni dei consulenti Jp Morgan e Lazard”, la conclusione è stata che “la proposta non è nel miglior interesse di Cnh e dei suoi azionisti”. Uno schiaffo in piena faccia, che inchioda Marchionne a una trattativa imprevista – alla quale peraltro il manager ha subito detto di volersi sedere, riaffermando la necessità di creare un’unica società di diritto olandese alla quale conferire la produzione di tutti i veicoli industriali del Lingotto.

Ma è un caso isolato, o va letto in fila con altro? Di sicuro, l'America aveva appena riservato un altro dispiacere a Marchionne, con la rottura delle trattative tra la Fiat e il fondo Veba - gestito dal sindacato Usa Uaw – per rilevare un'ulteriore quota del 3,32% di Chrysler. Dopo il “no” di Veba, la Fiat ha addirittura fatto ricorso alle vie legali: la sua “controllata Fiat North America ha avviato un giudizio di accertamento dinnanzi al Court of Chancery del Delaware per ottenere conferma del prezzo che dovrà essere pagato per la partecipazione pari a circa il 3,3% del capitale di Chrysler Group LLC che il Veba dovrà cedere a Fiat in forza del contratto di opzione concluso tra le parti il 10 giugno 2009”.

Cosa sta succedendo? Una cosa assai semplice: il vento americano verso Marchionne sta cambiando. A furia di gridare ai quattro venti che l'Italia è, per il gruppo, una palla al piede, che per colpa dell'Italia la Fiat perderà quest'anno 700 milioni di euro, che se dipendesse da lui se ne andrebbe...Marchionne li ha convinti, i suoi amici americani. È gente semplice, non levantina: e pensa, giustamente, che quando uno si sgola a ripetere che bisogna andar via dall'Italia, poi deve andarsene sul serio! E che quei 700 milioni farebbe meglio a non perderli per passare stipendi improduttivi ai nostri Cipputi ma per pagare di più le azioni di Chrysler o di Cnh... Come dire: Marchionne se l'è veramente cercata.

I seguiti sono tutti da vedere, su entrambe le vicende. Sul fondo Veba, ormai deciderà il giudice. Sul caso Cnh, la nota dettata da Marchionne dopo il “no” della controllata fa capire che lui rilancia per stringere i tempi: la fusione e il trasferimento della sede della nuova holding in Olanda è una mossa strategica. È semplicemente una questione di soldi, e Marchionne si rassegnerà a pagare di più. Del resto, secondo i “resistenti” di Cnh, l'”enterprise value” proposto da Fiat nello schema di fine maggio, pari a 3,2 volte il margine operativo lordo, è svantaggioso rispetto a quello dei concorrenti di Cnh, cioè John Deere, che vale 6,3 volte il mol, e Scania, che vale 6,4 volte.

Vogliono più dollari: è l'America, Marchionne, e tu non ci puoi fare niente. Proprio niente.

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Sergio Luciano