Eurobond, la soluzione della crisi? Per tutti, non per Berlino
Economia

Eurobond, la soluzione della crisi? Per tutti, non per Berlino

La Germania pagherebbe caro per emetterli. Ecco perché la Merkel dice no

Addio scorciatoie. Nella crisi del debito nervi saldi, polso fermo e una decisione, che indichi un cambio di rotta senza più sussulti, è quello che ci vuole. Con queste premesse saranno loro il piatto forte del decisivo vertice di questa settimana a Bruxelles: gli Eurobond, le obbligazioni che dovrebbero essere emesse da un Fondo finanziario europeo. Eppure di fronte agli spread che salgono, alle Borse in fibrillazione, a Madrid che ha fatto richiesta ufficiale di aiuti e a Cipro che ha lanciato l'sos al fondo salva-Stati europeo, è una partita che non si gioca affatto sul velluto.

Da un lato Francia, Italia, Spagna li vogliono. Dall’altro la cancelliera Angela Merkel li bolla come soluzione facile. Dov'è l’inghippo? Avrebbero tassi più bassi di quelli dei bond governativi dei Paesi più in difficoltà e più alti di quelli virtuosi. In altre parole: toccherebbe alla Germania pagare dazio, per emetterli. Peccato che senza indicazioni forti questa volta, dicono gli esperti di mercato, per l’euro o la va o si spacca. Meglio quindi che anche Berlino faccia bene i suoi conti.

Tecnica di gestione della crisi, modello Merkel: quattro giorni dopo il quadrilaterale di Roma, due giorni prima del Consiglio europeo di Bruxelles, lei si lamenta apertamente dell'insistenza con cui diversi governi chiedono meccanismi di condivisione del debito. Solo 24 ore fa ha, infatti, ostentato decisione, usando un registro più personale del solito. ''Lo dico apertamente - ha soppesato ogni parola - quando penso al Consiglio di giovedì mi preoccupa che si parlerà assolutamente troppo di tutti i possibili modi per condividere il debito, e troppo poco di migliorare i controlli e di misure strutturali''.

Viste da Berlino le obbligazioni a marchio europeo rappresentano un costo di cui sobbarcarsi per salvare la pelle a chi non ha fatto bene i compiti a casa nel club dell’euro vedi alla voce Europa del Sud. Meglio richiamare all’ordine, spostando l’attenzione sul diktat dell’unione fiscale, dove chiedere altri controlli precisi su ciò che succede in ogni Paese.

Tecnica di gestione della crisi, modello sud Europa: i rischi di una deriva pericolosa qui sono diventati altissimi. Le elaborazioni di chi vorrebbe arginare la corsa al rialzo dei tassi dei titoli dei Paesi attaccati dalla speculazione, come il premier Mario Monti, il presidente Francois Hollande e il leader spagnolo Mariano Rajoy, non sono duri e puri esercitazioni di matematica. Se lo ha ammesso anche Wolfganf Munchau, il condirettore del Financial Times , spiegando che l’Italia necessita di un meccanismo per ridurre a livello sostenibile i suoi tassi di interesse la dice lunga sulla delicatezza del momento. Non è un caso tra l'altro se anche oggi la tagliente forbice fra i Btp decennali e gli omologhi Bund tedeschi si è aperta fino a 459 punti. In quattro parole: “Ha bisogno degli eurobond. E ne ha bisogno pure la Spagna per le sue banche".

Da Londra un vice presidente di un hedge fund che preferisce mantenere l’anonimato ammette a Panorama.it che la situazione è seria. “I volumi sul mercato sono bassissimi perché gli investitori hanno costruito posizioni difensive e aspettano di vedere cosa verrà fuori dal vertice”. “Paradossalmente – aggiunge – la gravità del momento implica che molto è già prezzato”. Fin qui va quasi bene. Segnala poi però che la Spagna è tagliata fuori da settimane dal mercato ossia nessuno ha più il coraggio di sottoscrivere Bonos e presto ci finirà anche l’Italia.

Peccato che con il suo debito pubblico al 120 per cento del Pil Roma non possa proprio permetterselo. Da qui a fine anno ha ancora miliardi di miliardi di euro in scadenza, da rifinanziare. “Il turbinio di contatti tra i capi di governo europei di questi giorni - nota infine - sottende che hanno capito che stanno scherzando col fuoco e che una delusione del vertice avrebbe conseguenze gravissime”. Proprio quelle che temono il premier italiano, Mario Monti, e il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, che per arginare i nein tedeschi ha approntato un piano di emergenza . E' in gioco una deriva pericolosa, di quelle di fronte a cui nemmeno la prima della classe, la Germania, potrebbe chiudere gli occhi.

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