Disoccupazione: la riforma Fornero e i progetti di Enrico Giovannini
Economia

Disoccupazione: la riforma Fornero e i progetti di Enrico Giovannini

Il neo-responsabile del lavoro cercherà di cambiare l'ultima legge sul welfare. Ecco le norme che potrebbero essere modificate

I drammatici dati sulla disoccupazione italiana, per il neo-ministro del lavoro Enrico Giovannini non sono certo un mistero. In circa 4 anni da presidente dell'Istat, Giovannini ha infatti visto ingigantirsi come un fiume in piena il numero di italiani che, purtroppo, sono rimasti senza un impiego e oggi fanno fatica a trovarne un altro: nel 2009, i disoccupati  erano infatti poco più di 1,8 milioni mentre alla fine del 2012, secondo i dati dell'Istat, sono quasi raddoppiati e hanno superato ampiamente i 2,8 milioni di unità, una cifra che riporta indietro il nostro paese di circa 3 lustri.

CHI E' ENRICO GIOVANNINI

La colpa di questa ecatombe di licenziamenti è ovviamente della crisi economica, che ha provocato una morìa di imprese in tutta la Penisola, numerosi esuberi del personale e dolorose ristrutturazioni in molte aziende. A parte gli effetti innegabili della recessione, però, la scarsa performance del mercato del lavoro italiano viene da tempo imputata (seppur soltanto in parte) anche a un altro fattore: è l'effetto-Fornero , cioè la diretta conseguenza dell'ultima riforma dei contratti di assunzione, approvata dal governo Monti nel luglio scorso, con la regia dell'ex-ministro del welfare. Per combattere la precarietà, la Riforma Fornero ha infatti introdotto numerosi vincoli sul lavoro a termine e flessibile che, alla fine, si sono però rivelati un boomerang: invece di agevolare le assunzioni stabili a tempo indeterminato, hanno provocato l'interruzione di molti rapporti di lavoro in essere e hanno messo i bastoni tra le ruote alle imprese che volevano dotarsi di nuovo personale, seppur con qualche inquadramento precario.

LA LEGGE FORNERO E LA DISOCCUPAZIONE

I DANNI DELLA RIFORMA FORNERO

Per questo, nel documento programmatico redatto con gli altri 9 saggi incaricati dal presidente Napolitano, lo stesso Giovannini ha suonato le campane a morto per alcune regole troppo vincolanti contenute nella riforma Fornero (senza ancora specificare quali). Viste le incertezze sulla ripresa economica, hanno scritto in sostanza i saggi nel loro documento, “ vi è il rischio che le imprese siano estremamente prudenti nell'assumere a tempo indeterminato: per questo, sarebbe utile riconsiderare le attuali regole restrittive nei confronti del lavoro a termine, almeno fino al consolidamento delle prospettive di crescita economica”. Tra i primi compiti del nuovo governo, dunque, ci sarà quello di ritoccare qua e là i contenuti dell'ultima riforma del welfare. Ecco di seguito una panoramica delle regole che potrebbero essere riviste.

LAVORO A TERMINE

Nei contratti a tempo indeterminato, c'è stata indubbiamente una crescita dei costi che gravano sulle aziende. Per finanziare i nuovi ammortizzatori sociali (Aspi), il ministro Fornero ha infatti  innalzato dell'1,4% i contributi a carico del lavoro temporaneo (che sono stati poi ridotti in alcuni settori, grazie a degli emendamenti alla riforma approvati in Parlamento). Benché questi oneri disincentivino le assunzioni temporanee e incontrino ancora parecchie critiche, sarà tuttavia molto difficile rimuoverli, visto che si aprirebbero dei problemi di copertura finanziaria per i sussidi alla disoccupazione. Più probabile, invece, è una revisione delle regole severe con cui la nuova legge sul welfare disciplina gli intervalli di tempo che devono trascorrere tra la scadenza di un contratto a tempo determinato e il suo successivo rinnovo. Per evitare gli abusi, la legge Fornero stabilisce infatti che il dipendente assunto con un inquadramento precario non può essere richiamato dall'azienda prima di due o tre mesi successivi alla fine del contratto. In questo modo, si è creato però un disincentivo alla stabilizzazione dei rapporti precari (anche se le regole sono state attenuate da una circolare del ministero del lavoro, che lascia alle parti sociali la libertà di accordarsi diversamente rispetto a quanto stabilisce la legge).

CONTRATTI  A CHIAMATA

La riforma Fornero ha introdotto numerosi vincoli anche sulle assunzioni intermittenti (o a chiamata), cioè i contratti ultraflessibili introdotti dalla vecchia Legge Biagi e utilizzati soprattutto nel mondo del commercio o del turismo, per i rapporti stagionali di brevissima durata. Per scoraggiare gli abusi di queste assunzioni, che a volte mascherano delle forme di lavoro nero o mal retribuito, tutti gli imprenditori che chiamano un dipendente a intermittenza devono comunicare sempre alle autorità pubbliche la data di inizio e di cessazione del rapporto. Si tratta però di regole stringenti che, secondo le rilevazioni effettuate in alcune regioni, nel terzo trimestre 2012 hanno provocato un calo del 57% nell'adozione di questi contratti.

VOUCHER

Anche sui voucher (o buoni-lavoro) che remunerano le prestazioni occasionali, la riforma Fornero potrebbe subire delle modifiche, in modo da rendere più snelli i passaggi burocratici che gli imprenditori devono eseguire. Inoltre, pur avendo esteso l'applicazione dei voucher anche a settori prima esclusi, la riforma Fornero ma ha introdotto altre regole discutibili e stringenti. In particolare, chi viene pagato con i buoni-lavoro non deve superare i limiti di 5mila euro di compensi (percepiti da tutte le aziende committenti) e di 2mila euro per ogni singola impresa.

COLLABORAZIONI A PROGETTO

Anche su questa categoria di assunzioni (le co.co.pro.), la riforma Fornero introduce alcuni vincoli come l'obbligo di erogare un equo compenso in linea con quello previsto dai contratti collettivi nazionali, per un dipendente che svolge le stesse mansioni del collaboratore. Si tratta di una norma condivisa da più parti, che però difficilmente sarà eliminata, poiché viene difesa dal sindacato e anche dal Partito Democratico. Nel mirino del nuovo governo, invece,  potrebbero  finire altre regole stringenti sulle co.pro come quelle che riguardano la motivazione per cui il collaboratore viene assunto: alla base del contratto, infatti, non deve esserci un'attività  troppo generica, che coincide con l'oggetto sociale dell'impresa. Inoltre, chi viene assunto per lo svolgimento di un progetto, in linea di massima può lavorare soltanto a quello, senza svolgere altre mansioni. Secondo le segnalazioni che arrivano dai sindacati, nei primi mesi del 2013 i nuovi vincoli  hanno provocato  forte riduzione delle co.pro. che, in molte aziende, sono state trasformate in collaborazioni ancor più flessibili, come quelle con partita iva, invece di essere convertite in contratti stabili

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Andrea Telara

Sono nato a Carrara, la città dei marmi, nell'ormai “lontano”1974. Sono giornalista professionista dal 2003 e collaboro con diverse testate nazionali, tra cui Panorama.it. Mi sono sempre occupato di economia, finanza, lavoro, pensioni, risparmio e di tutto ciò che ha a che fare col “vile” denaro.

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