Digitalizzazione: le fabbriche degli altri
Economia

Digitalizzazione: le fabbriche degli altri

Mentre il governo italiano cerca di fare ripartire la crescita con  social card, concorsi pubblici e cantieri, il resto del mondo e la  Germania si organizzano per l’avanzata della terza rivoluzione industriale

Mentre il governo italiano cerca di fare ripartire la crescita con social card, concorsi pubblici e cantieri, il resto del mondo e la Germania si organizzano per l’avanzata della terza rivoluzione industriale. Il termine, coniato da Jeremy Rifkin nel 2007, indica un processo di decentralizzazione e demassificazione tramite una serie di tecnologie.

La digitalizzazione riduce la necessità di manodopera: il lavoro, che copre una percentuale sempre minore del costo dei beni, diventa specializzato e ad alta qualificazione. I brevetti si condividono sulle web-cloud: non è necessario delocalizzare in zone con determinate competenze tecnologiche. I beni (da capsule dentarie a parti di telefonini o aerei) si producono con stampanti 3D tramite l’«additive manufacturing», in contrapposizione al «subtractive manufacturing», che richiede di tagliare e livellare disperdendo materia prima ed energia. I materiali diventano sempre più leggeri, duttili e resistenti, con le fibre di carbonio che sostituiscono alluminio e acciaio. Qualcuno afferma che l’acciaio scomparirà entro 5 anni, così come successe per l’amianto.

Le nuove tecnologie consentono risparmi energetici e forzano i sistemi industriali a riorganizzarsi: imprese più piccole, delocalizzano meno, digitalizzano e competono per pochi eccellenti talenti.

Che ruolo hanno la politica industriale e del lavoro italiane, che dovrebbero stimolare la crescita, in questa avanzata del futuro? La cosiddetta agenda digitale non vede la luce: in Germania le cloud sono una realtà onnipresente. Mentre le imprese di nanotecnologie cercano finanziamenti dalla Ue, il governo italiano dà ulteriori sussidi impliciti a vecchi colossi, come l’Ilva, inquinanti, con tecnologie paleolitiche e che producono materiali in via di estinzione. Si comincia adesso l’alta velocità in Val di Susa: ma i francesi non la vogliono più.

Si mettono in piedi cantieri senza un piano antisismico: in Cina e in Germania si costruiscono grattacieli con blocchetti di cemento antisismici, salvaspazio e a bassa diffusione di calore. Si discute di come guadagnare competitività abbassando i salari mentre la percentuale di costo della manodopera diventa infinitesimale e fa spazio al costo di progettare l’idea.

Per crescere, cercasi: governanti visionari con lo sguardo al futuro e i piedi ben piantati per terra.

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Ester Faia

Nata nel 1973, laurea in Economia alla Bocconi e Ph.D. alla New York University, Ester Faia ha ricoperto diversi incarichi accademici e presso organismi internazionali. È professore ordinario alla Goethe University of Francoforte, senior fellow del Center for Financial Studies e research professor al Kiel Institute. È autrice di numerose pubblicazioni in qualificate riviste accademiche internazionali. Ha svolto incarichi per diverse banche centrali, centri di ricerca (tra i quali il CEPREMAP di Parigi e il Globalization Center della Dallas Fed) e università straniere. Ha ricevuto prestigiosi premi da istituzioni come l'Unione Europea, la Banca centrale europea e la Fondazione tedesca della ricerca. È consigliere di Buzzi Unicem dal 2012.

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