Alitalia, le cinque partite aperte
Economia

Alitalia, le cinque partite aperte

I soldi per andare avanti. Un nuovo vertice. Le alleanze, il prezzo della vendita, e un'incognita

Una cosa è certa: l’amministratore delegato Andrea Ragnetti farà giustamente rispettare il suo contratto. E per lasciare anticipatamente (di due anni) Alitalia, come adesso si dice avverrà a inizio marzo, presenterà il suo conto: 2 milioni di euro è la cifra che circola nell’headquarter di Fiumicino. Se ne andrebbe subito così una parte del prestito da 150 milioni deciso lunedì 11 dai soci, in attesa di essere approvato dal consiglio di amministrazione convocato per giovedì 14. Non sarà una strage di San Valentino ma per la compagnia di bandiera italiana sono giorni a dir poco bollenti. E non solo per gli aerei che finiscono fuori pista o i sistemi informatici per la gestione dei bagagli che vanno in tilt. In ballo c’è il futuro della società, che continua a perdere soldi (a settembre la perdita era di 173 milioni) mettendo in agitazioni i soci, che soffre gli andamenti del mercato e l’aggressività della concorrenza (per cielo e per terra), che deve decidere verso dove andare, stretta fra pressioni politiche e ragioni economiche. Ecco le cinque partite aperte che Alitalia dovrà giocare, a partire da giovedì, nei prossimi mesi.

1. Primo, sopravvivere. Alitalia ha rischiato il fallimento. I report che hanno convinto i soci, ma non tutti, a mettere ancora la mano al portafoglio dicevano che a fine marzo si sarebbe raggiunto livello – 7 milioni di euro. Era necessaria una nuova iniezione di liquidità per evitare il blocco. Giovedì si capirà come sarà strutturato il finanziamento e chi si tirerà indietro. A recalcitrare sono i piccoli azionisti che potrebbero però essere convinti da un intervento sul management.

2. Cambio del management. Il gruppo di azionisti guidati dal vicepresidente Salvatore Mancuso da tempo ritiene che la gestione Ragnetti non sia soddisfacente. L’incidente Carpatair con le polemiche e le indagini seguite e il blackout informatico di qualche giorno fa hanno riacceso i malumori. Ma i conti sono quelli che sono e in questi casi c’è un solo responsabile: il massimo ribasso. Ridurre i costi ad ogni costo non resta senza effetti a lungo. Ma il rischio è far perdere valore alla compagnia e questo ai soci già spremuti non piace. Ecco l’idea di mettere da parte l’amministratore delegato Ragnetti, nominato esattamente un anno fa con un contratto triennale, e affidarsi al vicepresidente operativo Elio Catania, noto per una sontuosa liquidazione dopo una memorabile gestione delle Ferrovie dello Stato e per conoscere gli aerei come frequent flyer. Dovrebbe essere lui il manager di transizione verso i nuovi padroni.

3. La scelta del partner. Tutti danno per scontato che il lieto fine sia scritto da tempo e che Alitalia sposerà Air France-Klm, che è già socio importante con il 25% insieme a IntesaSanPaolo. Poi ci sono una ventina di altri azionisti provati da guai personali e da cinque anni di prelievi che adesso si ritrovano liberi da qualsiasi vincolo. Ma AirFrance mostra di non aver fretta. Un po’ perché ha avuto anche lei un anno difficile e un po’ perché le conviene prendere tempo. Non a caso fa sapere che è difficile ipotizzare una fusione entro il 2013. In questa situazione ogni ipotesi è buona. E le banche d'affari ci sguazzano. Per esplorare addirittura la possibilità di una fusione con Ferrovie dello Stato (che ha smentito), per cercare un compratore extraeuropeo (Emirates? Qatar Airlines? Etihad?), per sondare quanto reale sia l’interesse di Aeroflot. Intanto Lazard prepara il piano di fusione di Alitalia, Air France e Klm in una sola holding.

4. Il prezzo del matrimonio francese. "Con un intervento non esagerato si potrebbe ritrovare l’equilibrio dei conti e trattare con Parigi da posizione migliore", ha detto nei giorni scorsi il ministro Corrado Passera, che dell’affare Alitalia è stato uno degli indiscussi protagonisti. In altri termini manda a dire: evitate di svendere la compagnia. Perché le soluzioni arabe e le manovre cielo-terra da una parte e le manifestazioni di souplesse dall’altra non sono altro che le sequenze di una trattativa dove chi compra vuol pagare il meno possibile. E chi vende sembra stia facendo di tutto per accontentarlo. Visto che si trattaterà di uno scambio di carta, la questione è: 1 azione AiFrance ne vale 4 o 7 Alitalia?

5. Fare i conti senza l’oste. Nel 2008 una gara internazionale venne sospesa per difendere l’italianità della compagnia di bandiera. I patrioti intervennero per salvare Alitalia dallo straniero, sostenuti dalle finanze pubbliche. Non sembra siano stati fortunati nonostante i buoni uffici della politica e dell’establishment. E lo straniero è ancora lì, appollaiato sul ramo. Adesso la crisi precipita in piena campagna elettorale. C’è incertezza e distrazione. Ma presto, se le cose andranno per le lunghe, il Palazzo potrebbe far sentire la sua voce ed è poco probabile che risuoni liberista. Il ministro uscente Passera sostiene ancora baldanzoso che "questa può essere una grande occasione per l’Italia". Visti i precedenti, vengono i brividi.

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Giovanni Iozzia

Ho lavorato in quotidiani, settimanali e mensili prevalentemente di area economica. Sono stato direttore di Capital (RcsEditore) dal 2002 al 2005, vicedirettore di Chi dal 2005 al 2009 e condirettore di PanoramaEcomomy, il settimanale economico del gruppo Mondadori, dal 2009 al maggio 2012. Attualmente scrivo su Panorama, panorama.it, Libero e Corriere delle Comunicazioni. E rifletto sulle magnifiche sorti progressive del giornalismo e dell’editoria diffusa.  

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