I dati (veri) sullo spreco dei fondi Ue
Economia

I dati (veri) sullo spreco dei fondi Ue

Entro il 2013 dovevamo spendere 21 miliardi. Ne abbiamo usati meno della metà. La fotografia dello scandalo nel rapporto della Commissione europea che, adesso, potrebbe toglierci i soldi e darli a chi li usa davvero

UPDATE: Il presidente Giorgio Napolitano, da Catania, ha oggi rinnovato il suo appello affinché vengano ben utilizzati i fondi europei per sostenere la crescita. Ma perché questo invito? Semplice: siamo il peggior Paese europeo in quanto a uso dei fondi Ue, solo dopo Romania e Croazia. Ecco la situazione, paese per paese, e la vergognosa posizione italiana.

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Mancavano i dati relativi a tutto il 2013 sulla quantità di soldi dei fondi europei per lo sviluppo regionale spesi dall’Italia in confronto con gli altri Paesi della Ue. Finalmente la Commissione li ha elaborati e il risultato è la tabella qui sopra. I risultati, come al solito, sono impietosi: siamo il peggior Paese europeo in quanto a uso dei fondi Ue, superati soltanto dalla Romania e dalla Croazia, che dei 225,4 milioni che poteva spendere non ha usato nemmeno un euro

Tra il 2007 e il 2013 la Ue ha messo a disposizione dell’Italia poco più di 21 miliardi di euro in fondi per lo sviluppo economico, quelli che dovrebbero servire per interventi strategici come infrastrutture di trasporto, incentivi alle imprese innovative: noi ne abbiamo usati meno della metà, a fine periodo, cioè il 45,68%. Quindi non è vero che i soldi per gli investimenti non ci sono. Ci sono, ma per molti motivi noi non li spendiamo.

Secondo il Comitato delle Regioni, organo consultivo in ambito europeo alla cui vicepresidenza siede l’ex governatore del Piemonte Mercedes Bresso, il principale scoglio è la burocrazia. Nelle regioni italiane non ci sono professionisti in grado di far marciare progetti con i soldi di Bruxelles. I fondi strutturali, infatti, richiedono un pianificazione “dal basso" che deve coinvolgere tutti gli attori politico-amministrativi, dal governo nazionale alle regioni, alle province, ai comuni fino ai sindacati, alle associazioni, alle imprese e via dicendo. Non riuscire a usare quei soldi è una preoccupante cartina di tornasole della nostra incapacità di fare sistema. Basti dire che a 5 anni dall’avvio del periodo di programmazione, cioè al 31 dicembre del 2011, le regioni avevano speso appena il 18% dei fondi Ue che avevano a disposizione. Il problema è che il grado di complicazione della burocrazia è, se possibile, addirittura peggiorato: nel 2014 dovrebbe iniziare la programmazione per usare i fondi europei nel periodo 2014-2020 e secondo il comitato delle Regioni, le regole per accedervi sono diventate ancora più complicate di quelle della programmazione 2007-2013. Per di più, la politica dell’uso dei fondi europei è stata quella di concentrare i soldi in alcuni grandi progetti, quelli da 50 milioni di euro in su, per evitare di disperdere quei fondi in mille micro interventi che non riescono ad avviare un volano economico apprezzabile. Il fatto è, però, che un appalto pubblico di 50 milioni si impantana più facilmente nelle maglie della burocrazia pubblica di quanto non facciano 50 progetti da 1 milione ciascuno. Soprattutto quando le procedure amministrative sono così farraginose come da noi.

In più c’è l’assurda norma del patto di stabilità interno: siccome agli enti locali è impedito di spendere anche i soldi che avrebbero a disposizione, non possono cofinanziare i progetti comunitari e quindi non possono chiedere i soldi.

E ora che cosa succede? Succede che per cercare di spendere il 55% circa dei fondi che non siamo riusciti a spendere in 7 anni, abbiamo ancora solo due anni a disposizione. Il rischio è che per spendere quella massa enorme di soldi, pari esattamente a 11 miliardi e 407 milioni che diventano il doppio considerando il cofinanziamento nazionale, la burocrazia centrale e quella delle Regioni, siano indotte ad approvare qualsiasi progetto che venga loro presentato perché solo così si eviterà di vedersi togliere le risorse alle quali abbiamo diritto e vederle convogliate verso altri Paesi, quelli più virtosi. Se la critica che viene spesso, e giustamente, fatta all’uso che l’Italia fa dei fondi Ue non è solo quella di spenderli poco, ma di spenderli male, nei prossimi due anni questo rischio aumenterà esponenzialmente. L’anno più drammatico, da questo punto di vista, sarà il 2015 quando tutte le Regioni italiane faranno di tutto per spendere i soldi che non hanno speso negli anni precedenti. Senza andare troppo per il sottile.  

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Marco Cobianchi

Sono nato, del tutto casualmente, a Milano, ma a 3 anni sono tornato a casa, tra Rimini e Forlì e a 6 avevo già deciso che avrei fatto il giornalista. Ho scritto un po' di libri di economia tra i quali Bluff (Orme, 2009),  Mani Bucate (Chiarelettere 2011), Nati corrotti (Chiarelettere, 2012) e, l'ultimo, American Dream-Così Marchionne ha salvato la Chrysler e ucciso la Fiat (Chiarelettere, 2014), un'inchiesta sugli ultimi 10 anni della casa torinese. Nel 2012 ho ideato e condotto su Rai2 Num3r1, la prima trasmissione tv basata sul data journalism applicato ai temi di economia. Penso che nei testi dei Nomadi, di Guccini e di Bennato ci sia la summa filosofico-esistenziale dell'homo erectus. Leggo solo saggi perché i romanzi sono frutto della fantasia e la poesia, tranne quella immortale di Leopardi, mi annoia da morire. Sono sposato e, grazie alla fattiva collaborazione di mia moglie, sono papà di Valeria e Nicolò secondo i quali, a 47 anni, uno è già old economy.

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