Economia

Così la Cina sta salvando la Russia

Pechino continua a fornire assistenza finanziaria e commerciale a Mosca sostituendosi all'Europa e salvaguardando il cambio yuan e rublo

La Cina sta andando in soccorso della Russia. Dopo due settimane di passione, la Federazione Russa può tirare un sospiro di sollievo. Le autorità di Pechino hanno deciso di ampliare l’accordo di swap valutari (scambi) sottoscritti due mesi fa per un controvalore di 24 miliardi di dollari, in modo da mettere in piedi una stampella di liquidità per Mosca. Il crollo del rublo, la penuria di investimenti diretti esteri, l’aridità dei flussi di capitale in entrata e le mosse disperate della banca centrale russa hanno convinto Pechino a intervenire. E c’è già chi mormora che la Cina stia de facto cercando di sostituirsi al Fondo monetario internazionale. 

Non stiamo salvando nessuno, stiamo solo facendo affari

Gli swap fra Pechino e Mosca

Pecunia non olet. E nel caso della Russia, qualunque aiuto per superare le turbolenze del rublo sul mercato valutario e gli effetti delle sanzioni economiche di Europa e USA è ben gradito. È per questo che i funzionari cinesi hanno deciso che, per evitare il collasso economico di Mosca, bisognava agire. Lo avevano già fatto a ottobre, quando Cina e Russia hanno firmato un accordo di swap del valore di circa 24 miliardi di dollari. Da quel momento Mosca poteva prendere a prestito lo yuan ed erogare il rublo, in modo da sopperire alla mancanza degli swap in dollari, dopo gli ultimi giri di sanzioni.

Traduzione per i non addetti ai lavori: Pechino ha scongiurato l’isolamento del rublo sul mercato valutario. Una mossa che non è passata inosservata a Washington, che invece sta mettendo alle corde la Russia del presidente Vladimir Putin dopo la crisi ucraina. Eppure, come ha dimostrato la recente volatilità della divisa russa, gli accordi con Pechino non sono stati sufficienti a contenere il crollo del rublo, che negli ultimi giorni è arrivato a quota 100 nel cross contro l’euro. 

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Il maggiore supporto finanziario

Pertanto, la Cina ha deciso di aumentare la portata degli swap con la Russia. E non appena Gao Hucheng, ministro cinese del Commercio, ne ha dato comunicazione il rublo ha riguadagnato terreno contro le altre valute. Contro il dollaro statunitense, per esempio, si è apprezzato del 4,9%, tornando vicino a quota 55. Stesso discorso per il cross contro l’euro. La mossa cinese, del resto, è stata recepita come il tentativo, nemmeno troppo implicito, di salvare la Federazione Russa. "La Cina sta sfidando il Fmi come prestatore agli Stati in difficoltà", ha fatto notare Ye Xie su Bloomberg. E in effetti, dopo il sostegno all’Argentina (2,3 miliardi di dollari, sempre sotto forma di swap, a ottobre) e al Venezuela (4 miliardi in swap a Novembre), il dubbio che sia così è legittimo. 

La Cina sta sfidando il Fmi come prestatore agli Stati in difficoltà

Gli altri accordi 

In realtà, che Pechino stia sostenendo Mosca non è una novità. Lo scorso 10 novembre, alla vigilia della visita del presidente USA Barack Obama in Cina, il presidente della Federazione russa e il presidente cinese Xi Jinping hanno posto le basi per una serie di accordi commerciali futuri. Il colosso russo del gas naturale Rosneft ha venduto a China National Petroleum Corporation il 10% delle azioni della sua controllata in Siberia. E Gazprom ha negoziato una fornitura trentennale di gas, per un controvalore di circa 30 miliardi di metri cubi, dalla Siberia occidentale verso la Cina. Si tratta solo del naturale sviluppo di partnership collaterali al maxi accordo di fornitura di gas naturale siglata fra Pechino e Mosca nei mesi scorsi per un ammontare di circa 400 miliardi di dollari. 

La Cina al posto dell’Ue

Ma c’è di più. Come ha riportato il think tank di Bruxelles Bruegel, si stanno intensificando anche gli investimenti diretti da Pechino verso la Federazione Russa. L’orizzonte temporale preso in esame è stato il primo trimestre dell’anno, periodo in cui gli investimenti diretti dell’Ue verso la Russia sono stati pari a circa 2,9 miliardi di dollari, due dei quali in arrivo solo dalla zona euro. Il calo rispetto ai primi tre mesi del 2013 è stato del 63%. Un duro colpo per Mosca, che come ha ricordato la banca nipponica Nomura, si è intensificato con il passare del tempo. In pratica, il trend è consolidato. Ma anche in questo caso è arrivata una ciambella di salvataggio dalla Cina.

Infatti, come ha fatto notare Bruegel, nei primi tre mesi dell’anno in corso gli investimenti diretti provenienti dall’Asia e diretti alla Federazione Russa hanno fatto registrare un incremento del 560%, fino a toccare quota 1,2 miliardi di dollari. Di questi, la maggior parte, circa 1 miliardo di dollari, proviene dalla Cina. E anche in questo caso Nomura ha segnalato che la tendenza è stata la stessa per i mesi successivi. In altre parole, dove non investe più l’Ue, investe la Cina. Il tutto con l’obiettivo di non far crollare la Russia.

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Cosa aspettarsi per il futuro?

La domanda che si fanno molti analisti finanziari è solo una: fino a che punto si spingerà la Cina? Sostenere Mosca significa incrinare i rapporti con l’America, che invece ha fatto fronte comune con l’Europa nell’introduzione di sanzioni economiche alla Federazione Russa. Secondo Jinping la Cina non fa altro che continuare business già esistenti, ma a Washington iniziano a borbottare in modo sempre più rumoroso. E il timore per l’anno che si sta per aprire è che il semplice borbottio di oggi possa tramutarsi in un frastuono capace di destabilizzare l’economia globale. 

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Fabrizio Goria

Nato a Torino nel 1984, Fabrizio Goria è direttore editoriale del sito di East, la rivista di geopolitica. Scrive anche su Il Corriere della Sera e Panorama. In passato, è stato a Il Riformista e Linkiesta e ha scritto anche per Die Zeit, El Mundo, Il Sole 24 Ore e Rivista Studio. È stato nominato, unico italiano, nella Twitterati List dei migliori account Twitter 2012 da Foreign Policy.

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