Lo Stato italiano nel Monte dei Paschi di Siena: operazione salvezza avviata
Economia

Lo Stato italiano nel Monte dei Paschi di Siena: operazione salvezza avviata

Partecipazione fra il 3,5% e il 4%. Aumento di capitale a fine anno. L'istituto ha in portafoglio titoli di Stato per 27 miliardi di euro

La Repubblica italiana al 3,5% o addirittura al 4% nel capitale del Monte dei Paschi di Siena: è questa la prospettiva praticamente certa per il futuro assetto del grande istituto di credito senese, dopo l'approvazione della relazione semestrale che ieri ha evidenziato una mega perdita di 1,617 miliardi, a causa di nuove svalutazioni sugli avviamenti per 1,574 miliardi.

Il 9 ottobre prossimo un'assemblea straordinaria delegherà il consiglio dell'istituto ad aumentare il capitale e a fine anno, nella misura di un miliardo di euro, in modo che se – com'è largamente presumibile - la banca genererà un risultato economico negativo, il Tesoro potrà essere compensato della mancata cedola con una partecipazione in equity, che gli analisti calcolano appunto si possa attestare tra il 3,5 e il 4%.

Ovviamente tutti gli altri soci si diluiranno pro-quota ma quel che più rileva è che la Fondazione Mps, tuttora di gran lunga il primo azionista con circa il 35%, scenderà di quota, come peraltro il nuovo presidente Alessandro Profumo aveva ampiamente previsto.

Questa quota risulterebbe al Tesoro in base alla valorizzazione dei titoli a valore di patrimonio netto, ma quest'opzione non è del tutto pacifica: se infatti il Tesoro dovesse essere rimborsato delle mancate cedole con titoli a valore di mercato, si ritroverebbe con una quota pari addirittura al 14% del capitale. Ed è evidente che su una scelta del genere sarà indispensabile tenere anche d'occhio la normativa europea: l'operazione potrebbe essere configurata come aiuto di Stato?

Peraltro, in materia di banche, i principali paesi dell'Unione - come Germania, Francia e Gran Bretagna – tra la fine del 2008 e il 2010 hanno erogato in conto capitale alle loro banche devastate dalle perdite in derivati finanziari alcune decine di miliardi di euro, per cui veramente nessuno può farsi maestro con l'Italia...

Quel che è veramente cruciale, però, è quindi l'andamento della gestione ordinaria della banca, che – come lo stesso Profumo ha sottolineato – oltre ad avere acquisito a caro prezzo l'Antonveneta, che però ha portato alla banca un carattere nazionale che prima non aveva e un buon mercato aggiuntivo, ha investito pesantemente in titoli di Stato italiano: oggi, in portafoglio, ne conta per una valore di ben 27 miliardi di euro.

Questa scelta, che appariva saggia e prudenziale all'epoca in cui è stata fatta, si è rivelata patrimonialmente un boomerang: sia sul piano gestionale, perchè per per la banca un quarto di punto di spread “vale” 70 milioni di euro di costo, e di questi tempi l'andamento dello spread è il fronte più scoperto nel posizionamento dell'Italia nel sistema; sia sul piano patrimoniale, perchè – incredibilmente – i criteri prescelti dagli accordi di Basilea 3 per valutare il “patrimonio di vigilanza” delle banche (il famoso Core tier 1) sconta severamente il rischio implicito nell'investimento sul ”debito sovrano”, mentre sottovaluta nettamente il rischio degli investimenti in derivati finanziari, che sono in realtà molto più pericolosi.

Ma tant'è: i derivati sono stati il “vizietto” delle banche angloamericane, che hanno dettato il grosso dei contenuti degli accordi di Basilea 3, e non dalle banche latine che ne avevano molto meno, avendo appunto privilegiato i titoli pubblici.
E il Monte ha già pagato tanto questa scelta asimmetrica...

Inoltre, il calo dei tassi a breve sta erodendo i margini sui depositi e il deterioramento dei crediti, che colpisce tutto il sistema bancario, non risparmia certo il Monte dei Paschi. E' questa la ragione per cui, ad esempio, gli analisti di Citigroup hanno tagliato il giudizio sul titolo Mps da “neutral” a “sell” sottolineando “gli elevati rischi di esecuzione della ristrutturazione della banca e nelle preoccupazioni sull'asset quality in Italia”.

Strada in salita, dunque, per Siena: eppure anche un certo ottimismo, se non altro perchè le rettifiche già fatte sui valori sono state molto severe, e garantiscono per il futuro che non ne saranno necessarie di ulteriori. Tutto dipende dal trend dell'economia reale e, quindi, della qualità degli asset cui si riferiva anche Citigroup. Ma questa correlazione tra i bilanci bancari e l'andamento dell'economia reale riguarda, in realtà, tutto il sistema bancario italiano.

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Sergio Luciano