Visti per lavorare in Australia: i cambiamenti in vista
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Economia

Visti per lavorare in Australia: i cambiamenti in vista

Perché la stretta sul permesso vacanza-lavoro aiuterà i giovani a non essere sfruttati down under

Da strumento pensato per offrire a ragazzi di tutto il mondo l'opportunità di vivere il vero "sogno australiano", fatto di surf, spiagge infinite, sole, koala, canguri, t-shirt, infradito e fish & chips, il visto vacanza-lavoro, in ingleseworking holiday visa, si è trasformato in pochi anni in uno veicolo di emigrazione di massa che sempre più spesso finisce con l'essere associato a storie di sfruttamento in cui si mescolano precarietà, paghe misere, orari sfinenti, vessazioni, e in alcuni casi perfino molestie sessuali.

Australia, lavoratori o schiavi?

Ha fatto molto scalpore un'inchiesta mandata in onda non più di una settimana fa dal programma Four Corners dell'emittente australiana Abc, che definito i circa 160mila ragazzi entrati nel 2014 in Australia con il visto vacanza-lavoro "potenziali schiavi". Considerando che tra i working-holiday ci sono tra i 10 e i 15mila italiani, è stato facile arrivare alla conclusione che tra le vittime degli abusi denunciati da Abc vi siano anche tanti connazionali.

Come sempre succede, la situazione generale è molto più complessa di quella riportata dai media, e Four Corners si è concentrato, è bene precisarlo, soprattutto sulla migrazione cinese down under. Tuttavia, non è la prima volta che il visto vacanza-lavoro viene presentato come la strategiapeggiore per trasferirsi in questo paese e costruirsi una nuova vita.

I vincoli del visto vacanza-lavoro

Per quanto non manchino le eccezioni, restano troppi i vincoli e i limiti che non gli permettono di trasformarsi nel trampolino di lancio che tanti cercano. Impossibilità di essere impiegati per più di sei mesi dallo stesso date di lavoro; flessibilità sulla conoscenza dell'inglese che convince a trasferirsi anche chi la lingua non la parla bene, dettaglio che di fatto impedisce di trovare un lavoro stabile in un paese anglosassone; e i famosi 88 giorni di lavoro da svolgere in aree disagiate per poter prolungare il soggiorno di dodici mesi.

Le modifiche proposte

La denuncia di Abc ha solo accelerato un dibattito sulla revisione di questa tipologia di visto iniziato molto tempo fa. A fine marzo il governo di Tony Abbott ha anticipato l'adozione di misure più pesanti, minacciando persino la chiusura dell'attività, per chi fa sponsorizzazioni in cambio di denaro, accettando soldi o richiedendo decine di ore in straordinari non pagati da chi ha bisogno di un lavoro per fare domanda per un visto temporaneo di due anni che potrebbe dargli poi il diritto di richiedere la residenza in Australia. Più recentemente, sono stati i sindacati a fare pressioni sul governo per indurlo a smettere di favorire i lavoratori stranieri ai giovani australiani. Numeri alla mano, hanno messo in evidenza che negli ultimi dodici mesi sono entrati in Australia 45mila ragazzi con il visto vacanza-lavoro, mentre la disoccupazione giovanile locale è aumentata di 40mila unità. Ancora, alle 160mila presenze straniere temporanee corrispondono ben 290mila ragazzi australiani disoccupati. E ci si chiede cosa succederà quando, seguendo i ritmi di crescita attuali, nel 2020 questo permesso farà entrare da 1,2 a 2 milioni di giovani. 

L'Australia è arrivata alla conclusione che dai visti temporanei non ricava nessun beneficio, ecco perché ha optato per una stretta sui rinnovi (presto il lavoro volontario non sarà più considerato un metodo valido per ottenere il prolungamento del visto vacanza-lavoro), sta dibattendo animatamente sull'imposizione di un tetto al numero di permessi da concedere su base annua, e per evitare gli abusi ha imposto a questi ragazzi l'obbligo di presentare la busta paga dei lavoratori, per potere verificare direttamente che i salari siano in regola con le leggi sull'immigrazione. 

Infine, per "livellare il campo di gioco", quindi disincentivare le domande per questo tipo di permessi, Canberra ha deciso che da luglio 2016 chi ha un visto vacanza-lavoro dovrà rientrare nel regime fiscale per non residenti. Cosa vuole dire? Che si pagheranno le tasse a partire dal primo centesimo guadagnato (quindi niente più soglie esentasse di 18.200 dollari australiani) con un'aliquota del 32,5 per cento anziché del 19. 

Come fare fortuna in Australia

Questo non significa che chi sogna di fare fortuna in Australia non potrà più partire. Al contrario, queste regole freneranno le ormai numerosissime partenze non pianificate e aiuteranno i giovani che voglio trasferirsi down under a partire col piede giusto. Vale a dire chiedendo un visto "skilled". Del resto, il governo di Canberra è stato il primo ha precisare che non ha nessuna intenzione di rivedere la sua politica di immigrazione specializzata e selezionata, perché consapevole che il paese ha ancora bisogno di tante professionalità, e che queste ultime possono arrivare solo dall'estero. Ecco perché l'ultima ipotesi di cui si è parlato in questi giorni, quella di concedere ai giovani visti temporanei a pagamento, ha fatto molto discutere. Avere la possibilità di sborsare una cifra che potrebbe aggirarsi anche sui 20 o addirittura 40mila dollari (tra i 20 e i 30mila euro) non garantisce l'ingresso del paese di un ragazzo qualificato, volenteroso e dinamico. Allo stesso tempo, il visto a pagamento non è associato a un'offerta di lavoro vero e propria, quindi, qualora venisse approvato, anche chi lo ottiene potrebbe ritrovarsi in una situazione ancora peggiore: lasciare il paese dopo aver sperperato tutti risparmi per entrarvi. 

Come riassume il Console italiano a Melbourne, Marco Maria Cerbo, "le difficoltà per i giovani, italiani e non, che sbarcano a migliaia in Australia non mancano, e credo che le nuove regole siano volte a prevenire abusi e irregolarità. Tuttavia, la ricetta per vivere il proprio soggiorno al meglio è una sola: studiare bene la realtà di un Paese che è diverso dal nostro e pianificare con cura come si intende vivere qui e con quali risorse affrontare una simile avventura". A questo proposito, il Console Generale aggiunge che è stato recentemente aperto presso il Consolato "uno sportello dedicato in collaborazione con Nomit, un'associazione di giovani arrivati da poco tempo, che condividono le loro esperienze. Una volta alla settimana c'é anche una psicologa che funge da sostegno per i casi più problematici. Periodicamente partecipiamo a giornate informative e una guida al primo approdo è scaricabile dal nostro sito, così come da quello degli altri Consolati in Australia". 

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Claudia Astarita

Amo l'Asia in (quasi) tutte le sue sfaccettature, ecco perché cerco di trascorrerci più tempo possibile. Dopo aver lavorato per anni come ricercatrice a New Delhi e Hong Kong, per qualche anno osserverò l'Oriente dalla quella che è considerata essere la città più vivibile del mondo: Melbourne. Insegno Culture and Business Practice in Asia ad RMIT University,  Asia and the World a The University of Melbourne e mi occupo di India per il Centro Militare di Studi Strategici di Roma. Su Twitter mi trovate a @castaritaHK, via email a astarita@graduate.hku.hk

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