Salario minimo e reddito minimo: cosa sono e perché se ne parla
Economia

Salario minimo e reddito minimo: cosa sono e perché se ne parla

Il presidente dell'Eurogruppo, Jean Claude Junker, lancia la proposta di un reddito di base per tutti i lavoratori, che però è già stata travisata

La discussione è partita da una proposta avanzata da un leader conservatore come il lussemburghese Jean Claude Juncker, presidente uscente dell'Eurogruppo. “Bisogna introdurre una paga minima per tutti i lavoratori europei”, ha detto in sostanza Juncker citando persino Carlo Marx e raccogliendo molti applausi in Italia, soprattutto tra le file della sinistra.

I NUOVI AMMORTIZZATORI SOCIALI

Nel nostro paese, infatti, le forme di protezione sociale proposte dal presidente dell'Eurogruppo non esistono. Siamo un caso  isolato in tutto il Vecchio Continente, con l'eccezione della Grecia. Va subito ricordato, però, che Juncker ha parlato di salario minimo e non di reddito minimo garantito, come invece oggi sembra sostenere qualcuno. Si tratta di due cose ben diverse (ma entrambe assenti nella Penisola) su cui occorre fare chiarezza. Ecco cosa sono e come funzionano.

IL SALARIO MINIMO.

Si tratta di una sorta di retribuzione di base, proporzionale alle ore lavorate, che un'azienda dovrebbe corrispondere al proprio dipendente. A pagarla, in questo caso, è l'impresa che assume un addetto (con un contratto stabile o precario) e che non può sfruttare il lavoratore, dandogli uno stipendio da fame. Nei paesi europei (quasi tutti) in cui esiste il salario minimo, questa retribuzione di base viene stabilita dalla legge (quasi sempre su base oraria), che fissa così lo spartiacque che separa il lavoro regolare dalle forme di sfruttamento.

L'INDENNITA' PER I COLLABORATORI A PROGETTO

In Francia, per esempio, la paga minima per chi è assunto full time è stabilita dalla legge attorno a 1.000 euro mensili. In Italia non esistono norme di questo tipo anche se, com'è ovvio, ci sono i contratti collettivi nazionali di lavoro (firmati dal sindacato), che fissano l'ammontare del salario di base e vincolano le aziende a rispettarlo. Il rischio di sfruttamento dei dipendenti si pone prevalentemente per i contratti precari, che non sono regolati dagli accordi collettivi nazionali e che sono dunque sempre esposti a un rischio:  la “tentazione” dei datori di lavoro di dare delle retribuzioni da fame ai propri dipendenti. Va ricordato, però, che l'ultima riforma del lavoro voluta dal ministro del welfare, Elsa Fornero , ha introdotto un principio: quello della giusta retribuzione, che deve essere corrisposta dall'azienda ai collaboratori precari (come quelli a progetto) e che si calcola sulla media tra i compensi di lavoro autonomo e gli stipendi del settore in cui l'impresa opera.

REDDITO MINIMO GARANTITO.

Si tratta di una forma di assistenza pubblica che cerca di combattere le situazioni di disagio sociale. In questo caso, a pagare il reddito minimo (o reddito di cittadinanza) non sono le imprese ma lo stato, che eroga un sussidio (spesso a tempo indeterminato, per un importo di 300 o 400 euro al mese) a chi si trova in particolari condizioni: per esempio è un disoccupato cronico, è uno studente fuori-sede che deve pagare l'affitto o un anziano indigente che non ha maturato il diritto alla pensione. Anche il reddito minimo garantito esiste in molti paesi europei e non viene erogato in Italia (c'è stato qualche tentativo di introdurlo a livello regionale circa 10 anni fa, poi naufragato).

LA MINI-ASPI PER I PRECARI

Non bisogna illudersi, però, che queste indennità esistenti in Europa siano “soldi regalati”, cioè liquidati dallo stato in maniera indiscriminata. Dalla Francia alla Germania sino alla Gran Bretagna, i requisiti per ottenere l'assegno sono abbastanza stringenti. Per esempio, il contributo viene dato soltanto a chi non ha dei risparmi da parte da cui ricava una rendita, oppure viene revocato a chi rifiuta delle offerte di lavoro. Oppure, in alcuni paesi le indennità spettano soltanto per sostenere alcune tipologie di spese strettamente necessarie, come quelle alimentari o la rata di affitto . Anche nei generosi sistemi di welfare europei, insomma, “nessun pasto è gratis” e  i governi si guardano bene dal buttare via i soldi. Meglio ricordarselo, se un giorno il reddito minimo garantito arriverà anche in Italia.

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Andrea Telara

Sono nato a Carrara, la città dei marmi, nell'ormai “lontano”1974. Sono giornalista professionista dal 2003 e collaboro con diverse testate nazionali, tra cui Panorama.it. Mi sono sempre occupato di economia, finanza, lavoro, pensioni, risparmio e di tutto ciò che ha a che fare col “vile” denaro.

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