Produttività: cosa cambia (forse) per i contratti, gli orari, le ferie e i salari
Economia

Produttività: cosa cambia (forse) per i contratti, gli orari, le ferie e i salari

I contenuti del protocollo di intesa, firmato dalla Cisl e osteggiato ancora dalla Cgil

La Cisl e la Ugl hanno firmato, la Cgil no e la Uil ha messo la condizione della detassazione strutturale dei premi di produttività applicando un'imposta, sostitutiva dell'Irpef e delle addizionali, del 10% sui redditi
da lavoro dipendente fino a 40 mila euro lordi annui. I sindacati si muovono in ordine sparso di fronte al nuovo protocollo d'intesa per stimolare la produttività, che ha portato alla redazione di un breve documento di 10 pagine, fortemente voluto dai rappresentanti delle imprese (Confindustria, Abi, Ania, le cooperative e le sigle del commercio, del terziario e delle piccole imprese).

IL NEGOZIATO SULLA PRODUTTIVITA'

Oggi, sono usciti gli ultimi dati Istat sulla produzione industriale che, purtroppo, fotografano una realtà tutt'altro che rosea: tra agosto e settembre del 2012, infatti, il fatturato complessivo dell'industria è sceso del 5,4% mentre gli ordinativi sono calati addirittura del 12,8%. Il nostro paese ha dunque urgentemente bisogno di un nuovo slancio per recuperare competitività. È proprio questo l'obiettivo dell'ultimo protocollo d'intesa tra le parti sociali che, tuttavia, rimane per adesso una generica dichiarazione di principi, ancora tutta da attuare. Ma ecco, punto per punto, cosa prevede l'accordo sulla produttività.

LA SCARSA PRODUTTIVITA' DEL LAVORO IN ITALIA

L'INVITO AL GOVERNO

Innanzitutto, le parti sociali sollecitano il governo a fare la propria parte, detassando i salari di produttività per i lavoratori con reddito inferiore a 40mila euro annui. I premi di produzione erogati dalle aziende ai dipendenti dovranno dunque essere sottoposti a un prelievo fiscale ridotto,  con un'aliquota  del 10%. L'esecutivo viene inoltre invitato a dare attuazione a una legge del 2007 (la n.247), che prevede uno sgravio sui contributi fino al 5% destinato a incentivare i contratti di aziendali, cioè quelli stipulati nelle singole imprese e non a livello nazionale.

LE ALTE TASSE SUL LAVORO IN ITALIA

I CONTRATTI

Su questo fronte, il protocollo d'intesa prevede che i contratti collettivi nazionali di lavoro dovranno definire soltanto i trattamenti economici comuni per tutti i lavoratori di un determinato settore. Saranno invece i contratti aziendali (o di secondo livello) a stabilire nel dettaglio il meccanismo degli aumenti salariali, gli orari e le ferie, per adattarli meglio alle esigenze della singola impresa e incentivare così la produttività. Va ricordato, però, che la contrattazione di secondo livello potrà intervenire soltanto su materie delegate, cioè previste esplicitamente dagli accordi collettivi nazionali.

LA RAPPRESENTANZA SINDACALE

E' il punto più controverso dell'accordo, su cui la Cgil vorrebbe maggiore chiarezza. L'intesa firmata dalle imprese e dalla Cisl non dice nulla su come i nuovi contratti aziendali dovranno essere approvati dai lavoratori, per assumere validità. Nel documento appena redatto, la questione viene rimandata a un successivo accordo da firmare entro il 31 dicembre 2012, in attuazione di una precedente intesa siglata il 28 giugno dello scorso anno.

FORMAZIONE

Le parti sociali rivolgono poi un altro invito al governo a stimolare una maggiore collaborazione tra il mondo della scuola e le aziende e a mettere in campo delle politiche a favore della formazione tecnica dei lavoratori. Gli  strumenti indicati per raggiungere questo scopo sono i Fondi Interprofessionali per la formazione continua, cioè degli organismi nati in Italia con una legge del 2000 e promossi dalle organizzazioni sindacali, in collaborazione con i rappresentanti imprese.

PATTO TRA GENERAZIONI

L'esecutivo guidato da Mario Monti viene sollecitato anche a verificare in maniera continuativa gli effetti sull'occupazione dell'ultima riforma del lavoro mentre le imprese e i sindacati si impegnano promuovere un patto inergenerazionale tra i dipendenti delle aziende. Il che, secondo le interpretazioni più diffuse, apre la strada  alla possibilità di accompagnare alla pensione i dipendenti più anziani con dei contratti part-time, in cambio dell'ingresso di giovani risorse nell'organico delle aziende. Infine, secondo le parti sociali, è necessario che il governo si adoperi per incentivare la partecipazione dei lavoratori agli utili dell'impresa e per agevolare fiscalmente il welfare aziendale, cioè i benefit e i servizi di assistenza sanitaria o i piani di previdenza integrativa che le stesse imprese mettono a disposizione dei propri dipendenti.

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Andrea Telara

Sono nato a Carrara, la città dei marmi, nell'ormai “lontano”1974. Sono giornalista professionista dal 2003 e collaboro con diverse testate nazionali, tra cui Panorama.it. Mi sono sempre occupato di economia, finanza, lavoro, pensioni, risparmio e di tutto ciò che ha a che fare col “vile” denaro.

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