Inps inchiesta immobili
Ansa
Economia

Pensioni, chi può ritirarsi dal lavoro con quindici anni di carriera

Circa 65mila italiani hanno diritto  all'assegno previdenziale dell'Inps anche dopo aver versato pochi contributi (purché prima del 1992)

A riposo con appena 15 anni di servizio. Non è una riedizione delle vecchie pensioni-baby ma l'opportunità che viene offerta oggi a decine di migliaia di italiani, che rischiavano seriamente di perdere per sempre i contributi versati nel corso della carriera, prima del 31 dicembre 1992.

LA RIFORMA PREVIDENZIALE DI ELSA FORNERO

Il problema è nato dopo l'approvazione dell'ultima riforma previdenziale voluta dal governo Monti e ideata dal ministro del welfare, Elsa Fornero , che ha cambiato le regole sulle pensioni di vecchiaia: quelle, cioè, che maturano non appena viene raggiunta una determinata soglia di età (purché sia stato versato un quantitativo minimo di contributi).

IL REBUS DELLE RICONGIUNZIONI

La riforma Fornero (rafforzando dei criteri già introdotti dalla legge Dini del 1995) ha stabilito che il diritto alla pensione di vecchiaia matura per tutti tra i 62 e i 66 anni, purché il lavoratore abbia versato almeno 20 annualità di contributi (o 5 annualità se è stato assunto dopo il 1996). Si tratta di una norma che, fino a qualche mese fa, rischiava di penalizzare molti nostri connazionali che si trovano in una situazione particolare: hanno accumulato in passato meno di 20 annualità di carriera e poi, per svariate ragioni, sono usciti dal mercato del lavoro negli anni '90 e sono rimasti inattivi.

Tutte queste persone erano state “graziate” da un'altra riforma previdenziale, approvata nel 1992  dal governo allora gudato da Giuliano Amato. Nello specifico, più di un ventennio fa, Amato stabilì che potevano ricevere la pensione di vecchiaia (una volta raggiunti i requisiti di età)  tutti i lavoratori che avevano versato almeno 15 anni di contributi prima del 31 dicembre 1992. Con la riforma Fornero, però, tutto è tornato in discussione: il nuovo requisito minimo dei 20 anni di carriera per tutti rischiava infatti di far perdere il diritto all'assegno previdenziale a circa 65mila italiani che hanno smesso di lavorare prima del '92 (con un'anzianità tra 15 e 20 anni), confidando di ricevere poi la pensione di vecchiaia dall'Inps, una volta compiuti 62-66 anni.

Per questo, il ministro Fornero ha deciso di tornare indietro e ha ripristinato i vecchi criteri previsti dalla riforma Amato. E così, oggi può ricevere l'assegno previdenziale (e passare una terza età un po' più serena) anche chi, prima del 1992, aveva almeno 15 anni di contribuzione alle spalle. Si tratta in molti casi di donne o di persone che hanno avuto carriere discontinue e che hanno lavorato  in settori particolari come quello dello spettacolo o nell' agricoltura (ma ci sono anche alcuni ex-impiegati pubblici). Va ricordato, comunque, che l'assegno previdenziale a chi ha 15 anni di contributi verrà erogato soltanto quando  l'ex-lavoratore ha raggiunto i requisiti di età previsti nel 2013 per le pensioni di vecchiaia: 66 anni e 3 mesi per gli uomini e per le donne del pubblico impiego, 62 anni e 3 mesi per le dipendenti del settore privato e 63 anni e 9 mesi per le lavoratrici autonome.

IL PROBLEMA DEGLI ESODATI

LE PENSIONI DEGLI ITALIANI E L'INFLAZIONE

I più letti

avatar-icon

Andrea Telara

Sono nato a Carrara, la città dei marmi, nell'ormai “lontano”1974. Sono giornalista professionista dal 2003 e collaboro con diverse testate nazionali, tra cui Panorama.it. Mi sono sempre occupato di economia, finanza, lavoro, pensioni, risparmio e di tutto ciò che ha a che fare col “vile” denaro.

Read More