Pensioni e part-time agevolato: a chi conviene e a chi no
ANSA/MASSIMO PERCOSSI
Economia

Pensioni e part-time agevolato: a chi conviene e a chi no

Parte dal 20 maggio la possibilità di fare orario ridotto senza perdere i contributi. Vantaggi e svantaggi di questa scelta

Conviene o non conviene? Ecco il dubbio amletico che fra pochi giorni assillerà decine di migliaia di lavoratori italiani vicini alla pensione (dipendenti di aziende private) che potranno accedere al part-time agevolato. Dal prossimo 20 maggio, chi matura i requisiti per andare in pensione entro il 31 dicembre 2018 avrà infatti l'opportunità di lavorare per 3 anni a tempo parziale, senza però perdere neppure un centesimo di contributi. L'Inps gli riconoscerà infatti una contribuzione figurativa, come se avesse continuato a lavorare tempo pieno. L'azienda pagherà invece al dipendente una retribuzione più bassa (avendo un contratto part-time) ma nel contempo gli verserà direttamente nella busta-paga i contributi previdenziali a carico del datore di lavoro (circa il 23,8% del salario lordo,per la parte di orario non lavorata), tutti rigorosamente esentasse.


Pensioni e part-time agevolato: le cose da sapere


Dunque, per stabilire se l'accesso al part-time agevolato conviene o meno, occorre armarsi di pazienza e fare un po' di calcoli. In linea di massima, la scelta del part-time appare sempre vantaggiosa per l'azienda, che continuerà a pagare la stessa quantità di contributi (pur versandoli in parte nella busta paga) ma darà uno stipendio più basso al dipendente, corrispondente a quello di chi fa l'orario part-time. A rimetterci, in termini economici, sarà invece sempre lo Stato che, secondo lo schema del decreto ministeriale appena approvato, incasserà meno contributi di prima.


Qualche esempio concreto

I calcoli sono un po' più difficili, invece, per i dipendenti, poiché entrano in gioco diverse variabili: lo stipendio percepito e la percentuale di riduzione dell'orario scelta (che può variare tra il 40 e il 60%). Ecco un esempio concreto, per un dipendente vicino alle pensione che guadagna oggi 20mila euro lordi all'anno (circa 1.300 euro netti al mese). In questo caso, se il lavoratore sceglie il part-time al 50%, vede ridursi il suo stipendio a 10mila euro lordi annui (785 euro netti al mese). Contemporaneamente, l'azienda gli corrisponde sulla busta paga un contributo esentasse di quasi 2.400 euro che, diviso per 13 mensilità, corrispondono a 184 euro. Sommando quest'ultima cifra ai 785 euro netti del salario, si arriva a quasi 970 euro. In questo caso, dunque, il dipendente perde 300 euro sullo stipendio netto ma si gode un assaggio di pensione, lavorando mezza giornata.


Pensioni, cosa cambia dal 2016


Il risultato cambia se invece lo stesso lavoratore sceglie di fare il part-time al 60%, riducendo l'orario di una quota del 40%. In questo caso, lo stipendio lordo annuo di 20mila euro (1.300 netti al mese), scende a 12mila euro annui lordi (892 euro netti mensili). Nello stesso tempo, l'azienda gli corrisponde direttamente sulla busta paga un contributo esentasse di 1.900 euro annui che, divisi per 13mensilità corrispondono a quasi 150 euro. Sommando quest'ultima cifra agli 892 euro netti del salario part-time, si arriva a quasi 1.050 euro. Pure in questo caso, dunque, il lavoratore perde un po' di soldi a fine mese ma ha l'occasione di fare una giornata meno lunga, sempre che l'azienda glielo consenta. Non va dimenticato, infatti che al part-time agevolato si accede su basi volontarie, cioè dopo un libero accordo tra datore di lavoro e dipendente.


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Andrea Telara

Sono nato a Carrara, la città dei marmi, nell'ormai “lontano”1974. Sono giornalista professionista dal 2003 e collaboro con diverse testate nazionali, tra cui Panorama.it. Mi sono sempre occupato di economia, finanza, lavoro, pensioni, risparmio e di tutto ciò che ha a che fare col “vile” denaro.

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