Lavoro in Australia, ecco come trovarlo
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Economia

Lavoro in Australia, ecco come trovarlo

Con un visto per studenti o vacanza-lavoro trovare un'occupazione non è così facile. Ma le alternative, per fortuna, esistono

Circa 18mila giovani italiani sono arrivati in Australia con il visto vacanza-lavoro nel 2013, e nel 2014 questa cifra è destinata ad aumentare. Anche se l'ormai famosissimo Working Holiday Visa (Whv) è stato pensato per offrire ai ragazzi di tutto il mondo l'opportunità di trascorrere fino a un massimo di dodici mesi in giro per l'Australia senza pesare troppo sulle spalle delle famiglie, autorizzandoli quindi a lavorare quanto basta per sbarcare il lunario e godersi la vacanza, in un contesto di crisi globale in cui la disoccupazione giovanile, purtroppo, continua a crescere, il permesso vacanza-lavoro è stato preso d'assalto dagli under 30 italiani (e non solo) che sognano di costruirsi un futuro migliore, e possibilmente anche professionalmente gratificante, dall'altra parte del mondo.

Sfortunatamente, però, a tanti dei ragazzi che atterrano a Melbourne, Sidney, Perth o Brisbane l'Australia mostra subito tutti i sui lati negativi. O forse sarebbe più corretto dire che l'El Dorado che tanti sognano o anche solo immaginano non si trova qui. O che, ancora più importante, la richiesta di un visto vacanza-lavoro non è sempre la strategia migliore per gettare le fondamenta di una nuova vita a 15mila chilometri da casa. Del resto, è stato pensato per giovani interessati a concedersi una lunga vacanza, non per potenziali immigrati.

Detto questo, la crescita esponenziale del numero di italiani (e non solo) che arriva in Australia con questo tipo di visto ha indotto Nomit – Italian Network of Melbourne , un'associazione no-profit che assiste le persone che hanno scelto di lasciare l'Italia per l'Australia,  a scrivere una guida sui diritti dei lavoratori nel paese. Questo perché, complice l'equivocità di un visto che permette di lavorare ma che non è un permesso di lavoro e la situazione di precarietà professionale che ne consegue, anche in Australia non mancano i casi in cui i diritti base garantiti ad ogni lavoratore non vengano tutelati proprio a questi ragazzi.

Diamo un'occhiata ai vincoli prima di soffermarci sui diritti. Come spiegano gli esperti di Nomit, Il visto vacanza-lavoro offre l'opportunità "di risiedere temporaneamente in Australia per un periodo di 12 mesi, prorogabili per altrettanti 12 mesi qualora il titolare del visto venga impiegato per almeno 88 giorni nell'ambito di specifici settori di volta in volta identificati, come lavoro nelle campagne o nelle miniere, e all'interno delle cosiddette Aree Regionali". Ancora, questo visto limita a sei il numero di mesi per cui è legale essere impiegati dallo stesso datore di lavoro, e naturalmente non sono tante le aziende disposte ad assumere una persona che dopo sei mesi sarà costretta ad andarsene.

Non va molto meglio a chi decide di usare i visti per studenti come trampolino di lancio. Anche se più facili da ottenere, questi permessi vincolano chi li ottiene a lavorare "per un massimo di 40 ore ogni 2 settimane durante il semestre accademico e per un numero illimitato di ore nei periodi tra un semestre e l'altro". Condizioni che, per ovvie ragioni, quasi mai coincidono con le esigenze delle aziende.

E' anche per i vincoli dei loro permessi di ingresso che tanti di questi giovani ritrovano in Australia alcune delle situazioni che li avevano spinti a lasciare il Bel Paese, vale a dire periodi di prova non pagati (anche se per fortuna capitano sempre più di rado); compensi anche significativamente inferiori al salario minimo nazionale, che è di 16,37 dollari all'ora (con bar e ristoranti che finiscono col pagare anche appena 120 dollari al giorno a chi vi entra la mattina per uscirne a mezzanotte), eccetera. Tante volte è la promessa di una sponsorizzazione (che alla fine arriva molto di rado) a dare a questi ragazzi la forza di continuare. In altri casi è la paura di confessare la delusione di un sogno infranto, ma per qualcuno resta forte la speranza che prima o poi l'occasione giusta arriverà.

Ma questa occasione, in Australia, può arrivare davvero? Trasferirsi in un altro paese di cui non si conosce nulla, in taluni casi neppure la lingua, è molto più complicato di quanto possa sembrare, a prescindere dall'entusiasmo con cui si affronta il grande viaggio. E quando il paese in questione si trova a più di 15mila chilometri di distanza da casa le incertezze e le difficoltà inevitabilmente aumentano. Detto questo, le opportunità da questa parte del mondo non mancano, ma il problema è che, oggi, oltre ad avere le capacità professionali per coglierle bisogna anche avere i permessi per farlo. Ecco perché emigrare con in tasca un visto da studente o vacanza-lavoro non sempre paga. Farlo con un permesso per lavoratori esperti di un determinato settore, come abbiamo giù spiegato, sì.

 

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Claudia Astarita

Amo l'Asia in (quasi) tutte le sue sfaccettature, ecco perché cerco di trascorrerci più tempo possibile. Dopo aver lavorato per anni come ricercatrice a New Delhi e Hong Kong, per qualche anno osserverò l'Oriente dalla quella che è considerata essere la città più vivibile del mondo: Melbourne. Insegno Culture and Business Practice in Asia ad RMIT University,  Asia and the World a The University of Melbourne e mi occupo di India per il Centro Militare di Studi Strategici di Roma. Su Twitter mi trovate a @castaritaHK, via email a astarita@graduate.hku.hk

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