Lavorare in Australia, tre strade per farlo
Economia

Lavorare in Australia, tre strade per farlo

Visto per vacanza-lavoro, visto indipendente o iscrizione in liste autorizzate. Tre modi di tentare la fortuna nella terra dei canguri che nel 2012 ha rilasciato 65mila visti a cittadini italiani

Gli italiani tornano ad emigrare e lo fanno in Australia, proprio come negli anni '50 e '60. Oggi che la crisi morde e non risparmia neppure gli Stati Uniti, si torna a guardare verso oriente. A confermare un trend, peraltro in crescita, sono i dati dell'Ente del Turismo australiano, secondo cui a partire verso Sydney, Perth e Melbourne sono soprattutto giovani laureati, che in Italia non riescono a trovare lavoro.

Il sistema più diffuso e più semplice per poter raggiungere la terra dei canguri e, soprattutto, poterci restare in cerca di fortuna è il visto per vacanza-lavoro, il cosiddetto working holidays visa. Permette di vivere in Australia fino ad un anno, al costo di soli 365 dollari australiani, pari a poco meno di 300 euro. Con questo visto, riservato agli under 30, si può lavorare, mantenendosi il soggiorno, che può essere prolungato fino ad un massimo di altri 12 mesi, a patto di lavorare per circa 3 mesi in una cosiddetta farm, una azienda agricola, dove la manodopera di giovani volenterosi è particolarmente ricercata nelle stagioni della raccolta di olive, vino e verdure in generale. Magari non un lavoro per la vita, ma certamente un'ottima opportunità per chi desidera entrare in Australia, in modo poi da avere il tempo di cercare anche un'altra sistemazione. Sono in molti a pensarlo, se si considera che nel 2012 sono state ben 10 mila le richieste di visti per soggiorni di lavoro-vacanza.

Sono stati invece 65 mila i visti rilasciati dal dipartimento dell'immigrazione a cittadini italiani, che hanno scelto anche altre vie per emigrare in Australia. Un altro modo è infatti quello del visto indipendente, che però è molto più costoso e difficile da ottenere (e non a caso è il vero obiettivo dei meno giovani). Si tratta di un permesso di soggiorno che viene concesso a chi ha uno sponsor in Australia, ovvero un datore di lavoro che assicura un posto (e uno stipendio). In questo caso occorre partire con 2.500 euro in tasca, che sono la garanzia che il governo di Camberra richiede per assicurarsi che chi entra nel Paese possa mantenersi, almeno per le spese iniziali.

Le regole australiane in materia di immigrazione sono piuttosto rigide. Se non si ha uno sponsor, infatti, è possibile lavorare in Australia solo se si rientra in una apposita lista di professioni autorizzate, sulla base delle esigenze del mercato del lavoro interno. Ecco allora che nella skilled occupation list figurano ingegneri, chimici, veterinari, medici cardiologi, optometristi, cartografi e igienisti dentali. Tutte professioni che richiedono una laurea. Altri requisiti sono poi un'ottima conoscenza della lingua inglese e una precedente esperienza lavorativa di almeno tre anni, con appositi attestati che la confermino. Il costo del visto, in questo caso, è molto elevato: oltre al visto in sé, occorre aggiungere le spese mediche per una visita da farsi in fase di ingresso nel Paese (350 dollari australiani), tasse governative (che variano da 3.060 a 325 dollari australiani) e altri costi e imposte (dai 4.499 dollari australiani per la Premier EOI and Visa Service ai 300 dollari australiani per il IELTS test, che certifica la conoscenza della lingua inglese).

E per chi non è laureato? Esiste sempre la possibilità di trovare un impiego nel settore turistico-ricettivo, presso bar, ristoranti (molti dei quali italiani) o alberghi, oppure il classico lavoro alla pari, come quello della baby sitter, che offre vitto e alloggio gratis, in cambio dell'accudimento di bambini. Senza sponsor e un lavoro e tempo indeterminato, però, non è possibile restare molto a lungo in Australia. D'altra parte la terra dei canguri rappresenta un sogno per molti e non solo per il fascino esotico di un Paese così lontano, geograficamente e culturalmente. Anche dal punto di vista economico, infatti, Sydney e dintorni continuano a crescere: nel 2012 il Prodotto Interno Lordo è aumentato del 3,6%. Il tasso di disoccupazione è solo del 5,6%, a fronte di una media del 12% europea (che in Italia è molto maggiore, specie se si considerano gli under 35).

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Eleonora Lorusso