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Ben Pruchnie/Getty Images
Economia

La guerra all'Isis: economia e non armi

Petrolio, trasferimenti di contante e criminalità. Solo bloccando queste attività si può indebolire il Califfato

La guerra all'Isis va fatta con l'economia, non con le armi. Quindi stop a ogni piano offensivo terrestre e via libera a tutte quelle iniziative che possono bloccare l'approvvigionamento di risorse del Califfato. E' questo il punto di vista di tanti analisti americani, convinti che per questa nuova banda di terroristi sia più facile difendere i territori conquistati che recuperare armi, petrolio, generi alimentari e tutte le altre cose di cui hanno bisogno. Ecco perché, secondo loro, potrebbe valere la pena lanciare un attacco all'economia dell'Isis prima di farsi coinvolgere in una guerra vera e propria.

Per capire fino a che punto conviene dare credibilità a queste posizioni non possiamo fare altro che analizzarle nel dettaglio. 

Da cosa dipende l'operatività dei terroristi

"L'operatività dell'Isis dipende dalle risorse di cui può disporre", scrive il New York Times, quindi distruggendo infrastrutture e depositi di armi e riducendo le disponibilità finanziarie dei terroristi questi ultimi non sarebbero più in grado di operare ad ampio raggio come stanno facendo oggi. L'organizzazione degli attentati e ancora di più il mantenimento del consenso all'interno del gruppo e la capacità di convincere nuovi adepti ad unirsi ad esso richiedono moltissimo denaro.

Il ruolo del petrolio

Il petrolio è certamente la risorsa che meglio garantisce il sostentamento e l'espansione del Califfato. Attenzione però: se tra i primissimi obiettivi dell'Isis c'é stato quello di assicurarsi il controllo dei giacimenti in Siria e in Iraq, è anche vero che se i terroristi continuano a sfruttare così bene il potenziale economico di questi pozzi dipende dal fatto di essere riusciti anche a trovare interlocutori disposti ad acquistare i barili del Califfo. Se poi consideriamo che le stime più basse indicano che l'Isis riesce a guadagnare ben un milione e mezzo di dollari dalla compravendita di petrolio vuol dire che i paesi disposti a fare affari con i terroristi sono tanti.

Per risolvere il problema mettere fuori uso questi pozzi non è abbastanza. Alcuni analisti sostengono infatti che il commercio di petrolio sia attualmente gestito in prevalenza dagli stessi gruppi che se ne sono sempre occupati, sia in Siria che in Iraq. Sarebbe infatti grazie al loro aiuto che il Califfato è riuscito in poco tempo a trovare così tanti sbocchi per le proprie risorse. E possibile infatti che tante nazioni acquistino i barili dell'Isis senza essere minimamente consapevoli della loro reale provenienza. Per i terroristi questo è il modo migliore per garantirsi entrate costanti. I commercianti, così facendo, si tengono alla larga dal reclutamento quasi forzato del Califfato. Bloccando i bozzi, dicono alcuni, i territori controllati da Isis si espanderebbero ulteriormente, perché senza la possibilità di disporre di entrate extra sostenere il Califfo diventerebbe l'unico modo per ottenere un reddito fisso. 

Il potere delle banche

Altro problema è quello del trasferimento di queste risorse. Sono ancora tante le banche che non si accorgono o, ancora peggio, chiudono un occhio, sui movimenti di contanti ordinati dai militanti. Anche perché questi ultimi, per non farsi scoprire, hanno iniziato a spostarli sempre più spesso da luoghi al di là dei confini del Califfato. Tuttavia grossi depositi di contante e bonifici improvvisi dovrebbero essere sospetti un po' in tutto il mondo. E secondo quanto riportato dal New York Times la maggiore attenzione degli Istituti di credito avrebbe già messo più di una volta i bastoni tra le ruote ai terroristi. 

Isis e microcriminalità

L'ultimo problema da affrontare è quello dei foreign fighters, molti dei quali avevano già forti legami con piccole e grandi bandi criminali nei loro paesi prima di subire il lavaggio del cervello messo a punto dalla macchina della propaganda dell'Isis. Ebbene, la maggior parte di questi ragazzi, anche dopo aver abbracciato la causa Isis, continua a occuparsi di traffico di droga, merci contraffatte e piccoli furti, anche perché gli incassi diventano essenziali per mantenere la macchina del terrorismo all'estero. Ecco perché, soprattutto in Europa, c'è chi è convinto che con un ennesimo giro di vite sulla criminalità si possano ottenere oggi risultati ben più significativi sul piano della sicurezza.

E' davvero possibile tenere a bada l'Isis combattendo la microcriminalità in Europa, aumentando i controlli sui trasferimenti di contante e bloccando la vendita dei barili di petrolio del Califfato? Difficile rispondere, ma vista la situazione, varrebbe la pena tentare. Forse così facendo l'Isis non verrà annientato, ma di sicuro sarà costretto ad affrontare nuove difficoltà.


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Claudia Astarita

Amo l'Asia in (quasi) tutte le sue sfaccettature, ecco perché cerco di trascorrerci più tempo possibile. Dopo aver lavorato per anni come ricercatrice a New Delhi e Hong Kong, per qualche anno osserverò l'Oriente dalla quella che è considerata essere la città più vivibile del mondo: Melbourne. Insegno Culture and Business Practice in Asia ad RMIT University,  Asia and the World a The University of Melbourne e mi occupo di India per il Centro Militare di Studi Strategici di Roma. Su Twitter mi trovate a @castaritaHK, via email a astarita@graduate.hku.hk

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