La guerra di Uber: Francia, Spagna e Olanda vincono
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Economia

La guerra di Uber: Francia, Spagna e Olanda vincono

App bandita anche in Tailandia, a New Delhi, in Oregon e Nevada. A Chicago, New York e Los Angeles i tassisti combattono Uber con l'informatica

Mentre il colosso cinese di internet Baidu sembra essere interessato a investire fino a un massimo di 600 milioni di dollari su Uber, l'azienda americana che ha lanciato la app per i taxi privati, quest'ultima continua ad accumulare problemi un po' in tutto il mondo, dall'Europa sino all'Australia.

Per aiutare Uber a rafforzare la propria presenza sul mercato asiatico, il motore di ricerca cinese ha già in mente di inserire un collegamento diretto alla app sul suo portale e di fornire a Uber le informazioni raccolte tramite la consultazione delle proprie mappe.

Tutti contro Uber

Il rafforzamento della presenza in Cina avviene in un periodo in cui Uber non se la passa particolarmente bene, soprattutto in Europa. La Francia minaccia di sospendere il servizio già nel 2015, per andare incontro alla richiesta dei tassisti di bandire un operatore che sta funzionando solo perché, seguendo regole diverse sia in termini di costi assicurativi che di tassazione, finisce con l'avere costi più bassi rispetto alla media.

La app di Travis Kalanick funziona in circa 250 città raccolte in una cinquantina di paesi, ma nell'Oregon, nel Nevada, e anche in Olanda, in Spagna, in Tailandia e a New Delhi le auto di Uber non hanno avuto vita facile: i tassisti tradizionali si lamentano e, per contenere le proteste, i governi hanno accettatto di imporre agli autisti "informatizzati" le stesse regole che valgono per quelli tradizionali, o di bandirli dal mercato. Pur sapendo che questa strategia, nel lungo periodo, non può funzionare. Anche in Australia, da quando il giorno del sequestro nel Lindt Café di Sydney le tariffe per una corsa su una macchina Uber sono salite a 100 dollari, la compagnia americana ha perso molto del suo appeal. Stessa cosa in India, dopo che una donna ha denunciato di essere stata molestata da un autista Uber.

I progetti di Uber

Le ultime iniziative promosse dalla compagnia di Los Angeles dimostrano come quest'ultima non abbia alcuna intenzione di abbandonare un mercato che ogni giorno mostra nuove potenzialità. Negli Stati Uniti, ad esempio, l'azienda si sta lanciando sul mercato della consegna dei pasti a domicilio: in alcuni ristoranti di Los Angeles sarà infatti presto possibile ordinare la cena facendosela recapitare direttamente a casa dalle automobili Uber, in appena dieci minuti.

Prima di lanciarsi in nuovi business, però, l'azienda farebbe forse meglio a individuare una buona strategia per non farsi cacciare. Paradossalmente, proprio nella sua città di origine, e per opera del nuovo presidente del Comitato dei tassisti di Los Angeles, Eric Spiegelman, un compromesso potrebbe essere finalmente raggiunto.

Il compromesso di Los Angeles

Partendo dal presupposto che la concorrenza, a patto che sia sana, è positiva tanto per i mercati che per gli utenti, Spiegelman sta cercando di convincere i tassisti tradizionali ad adottare le tecniche (vincenti) dei loro rivali. Invitandoli anzitutto a trovare un modo per essere facilmente contattati tramite la rete. A Chicago e a New York è stato già fatto, e la risposta dei passeggeri (abituati ad aspettare tempi lunghissimi dopo aver prenotato un taxi per telefono) è stata ottima. Del resto, Uber è stato lanciato nel 2009 a Los Angeles, una città dove il traffico è decisamente infernale, proprio per ridurre l'insoddisfazione diffusa della popolazione.

Insomma, se da un lato è doveroso fare in modo che le regole siano rispettate da tutti, dall'altro sarebbe sbagliato non incamerare le novità e i progressi che Uber ha introdotto nel mercato dei trasporti urbani per tutelare alcune categorie di operatori che non vogliono adaguarsi. E se per rendere più efficienti i tassisti, come dice Spiegelman, basterà creare delle app per loro, ben vengano. Anche se è difficile credere che per far convivere Uber e i suoi rivali possa bastare così poco. Il gruppo di Los Angeles era partito bel 2009 con regole diverse (divieto di cercare clienti per strada, tariffe leggermente più alte della media giustificate dal servizio migliore offerto, eccetera), che tuttavia non sono state rispettate ovunque. E per quanto possa essere considerato urgente per gli operatori tradizionali aumentare il livello di informatizzazione dei propri servizi, lo è ancora di più costringere Uber a offrire un serizio che smetta definitivamente di essere ai limiti dell'illegalità.


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Claudia Astarita

Amo l'Asia in (quasi) tutte le sue sfaccettature, ecco perché cerco di trascorrerci più tempo possibile. Dopo aver lavorato per anni come ricercatrice a New Delhi e Hong Kong, per qualche anno osserverò l'Oriente dalla quella che è considerata essere la città più vivibile del mondo: Melbourne. Insegno Culture and Business Practice in Asia ad RMIT University,  Asia and the World a The University of Melbourne e mi occupo di India per il Centro Militare di Studi Strategici di Roma. Su Twitter mi trovate a @castaritaHK, via email a astarita@graduate.hku.hk

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