Fiat, Marchionne e i numeri del mercato
Economia

Fiat, Marchionne e i numeri del mercato

Se Peugeot può vendere a prezzi più bassi è perché deve smaltire le macchine prodotte in eccesso. Non sta certo meglio di Fiat. Costretta a delocalizzare modelli e lavoro. Il parere di Marco Martina, consulente di Deloitte

"Se al 10 gennaio 2013 si presentasse un cinese dicendo che nei prossimi cinque il mercato dell’auto crescerà dell’80%, noi lo prenderemmo tutti per matto. Ma significherebbe solo tornare indietro di cinque anni. Bisogna avere il coraggio di vedere e interpretare la verità dei numeri". L’immagine provocatoria è di Marco Martina, partner di Deloitte Consulting, considerato uno dei maggiori esperti a livello europeo del settore “automotive”, come si dice in gergo.

In un’intervista a Repubblica di oggi Sergio Marchionne ha attribuito alla drammatica situazione del mercato italiano ed europeo le scelte della Fiat e in un passaggio dice che Peugeot sta vendendo a prezzi che per Fiat sono insostenibili. Come è possibile? "Io cercherei prima di capire di cosa stiamo parlando. Quest’anno tutti convengono che il mercato italiano si chiuderà a 1,4 milioni di pezzi. Cinque anni fa questo crollo era impensabile. Adesso è facile per tutti fare i Marchionne, come quando perde la Nazionale di calcio e tutti si improvvisano allenatori".  

D’accordo, ma perché Peugeot può vendere a un prezzo più basso?
Non dimentichiamo la realtà francese: Psa sta pensando di chiudere uno stabilimento storico mettendo a rischio 8 mila lavoratori. Vuol dire che ha un’eccedenza produttiva e cerca di portare a casa almeno parte degli investimenti fatti per i nuovi modelli. Di certo non è un’azienda in salute.

Quindi Marchionne fa bene a frenare sui nuovi modelli?
I non addetti ai lavori non si rendondo conto che lanciare una nuova auto è come aprire una nuova azienda. Serve una gran quantità di capitale e una prospettiva di sviluppo. Come faccio in un mercato in cui i tempi di riacquisto si sono allungati da cinque a sette anni? Se Marchionne stesse sbagliando, Peugeot avrebbe quote di mercato superiori. Ford sta annunciando nuovi modelli sulla piattaforma globale, in attesa di una ripresa da qualcuno attesa per la seconda metà del 2013. Ma molto dipenderà dal quadro generale dei mercati e dalla fiducia dei consumatori.

Ma senza innovare, non si condanna l’azienda a un lento declino?
Dipende da come si guarda il mercato. Se andiamo a vedere a livello internazionale, i coreani cominciano a produrre in in Europa. E gli europei vanno in America. Si sta affermando la legge del mercato che prevede un equilibrio fra capacità produttiva locale e mercato locale di vendita. L’auto uguale dappertutto è fallita. Non è un prodotto facilmente esportabile e i costi di logistica cominciano a incidere non poco. Siamo di fronte a due grandi fenomeni: da un parte un costruttore deve arrivare almeno a 5 milioni di pezzi per piattaforma per avere possibilità di soprvvivenza a medio lungo termine. Dall’altra non è più possibile sostenere la sovraesposizione di un mercato produttivo rispetto a quello di acquisto. Finita la delocalizzazione per vantaggi di costo, diventa necessaria quella per conquistare nuovi clienti, lì dove ci sono.

Si prepara un futuro nero per l’auto?
No, perché non c’è disaffezione. Siamo di fronte a un paradosso industriale: il cliente vorrebbe avere un’auto sempre nuova, in tempi più stretti ma i volumi sono sempre più bassi. E questo pone un drammatico problema di ammortamento degli investimenti.

Non è che Marchionne è un grande uomo di finanza ma ha qualche limite di visione strategica?
Chi ha una certa tradizione, come l’auto tedesca, ha una sua potenza dovuta a diversi fattori. Chi sta fuori potrebbe avere il vantaggio di seguire strade nuove. Se in questo settore fosse stata applicata l’intensità di innovazione espressa dall’elettronica, oggi forse avremmo una AppleCar. Ma ancora prevale un approccio molto orientato sul prodotto e poco sul cliente. Questo spazio di sviluppo paradossalmente può averlo più la Fiat che altre aziende. Chrysler non è solo un’operazione finanziaria. Ma ha al suo interno forti elementi di innovazione.

Chrysler è stata davvero la salvezza della Fiat?
Solo il Brasile non avrebbe permesso di resistere alla crisi europea. Se l’Europa si riprenderà e gli Stati Uniti andranno down, la situazione si ribalterà. Dovremmo però avere tutti il coraggio di essere diversi. Io non pensavo che Freemont avrebbe avuto successo e invece sta funzionando e anche bene. La 500 anche. Direi che la situazione Fiat si può sintetizzare così: auto di successo in un portafoglio in sofferenza. Marchionne sta aspettando il momento giusto per giocarsi le sue carte. Ma forse bisognerebbe avere maggiore capacità di ragionare a medio termine e non su un anno. Anche se mi rendo conto che la situazione è drammatica. E i premi per i manager si calcolano sulla base dei risultati annuali.

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Giovanni Iozzia

Ho lavorato in quotidiani, settimanali e mensili prevalentemente di area economica. Sono stato direttore di Capital (RcsEditore) dal 2002 al 2005, vicedirettore di Chi dal 2005 al 2009 e condirettore di PanoramaEcomomy, il settimanale economico del gruppo Mondadori, dal 2009 al maggio 2012. Attualmente scrivo su Panorama, panorama.it, Libero e Corriere delle Comunicazioni. E rifletto sulle magnifiche sorti progressive del giornalismo e dell’editoria diffusa.  

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