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Economia

Perché nel mondo la sabbia diminuisce: colpa della Cina

La Repubblica popolare ha consumato più sabbia negli ultimi quattro anni che gli Stati Uniti durante tutto il secolo scorso

La sabbia è una materia prima infinita, o quanto meno abbondante? Decisamente no. Secondo Pascal Peduzzi dell'UNEP, l'agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di ambiente, la Cina ha consumato più sabbia negli ultimi quattro anni che gli Stati Uniti durante tutto il secolo scorso. Benché appaia un bene inesauribile, la sabbia non lo è più e il rischio che se ne registri una penuria si fa sempre più concreto, come dimostrano alcuni studi al riguardo.

Perché la Cina consuma così tanta sabbia

Per sabbia si intende tecnicamente un aggregato di granuli dalle dimensioni millimetriche che può essere utilizzato in vari modi. Nelle costruzioni, serve per preparare asfalto e cemento, di cui rappresenta, rispettivamente, il 95 e l'80% della mistura. Non stupisce quindi che in Cina, dove l'edilizia è in perenne espansione, il consumo di sabbia sia così imponente. Naturalmente, lo stesso vale per il resto delle economie emergenti.

I settori che consumano più sabbia

Quello delle costruzioni non è l'unico settore in cui la sabbia è una materia prima essenziale. La sabbia serve per la produzione del vetro, è utilizzata nell'industria estrattiva per mantenere aperte le gallerie perforate dalle trivelle, serve nelle fonderie: insomma, ha mille usi; per giunta, è difficile da sostituire con materiali riciclati. E sta diventando qualcosa di prezioso, tanto che Paesi come India e Australia ne esportano grandi quantità, nonostante il costo del trasporto sia proibitivo e spesso induca a scegliere le varietà di sabbia disponibili nelle vicinanze rispetto a quelle da far arrivare da lontano, anche quando queste abbiano proprietà più adatte all'uso che se ne deve fare.

L'impatto ambientale dell'estrazione della sabbia

L'estrazione della sabbia naturale è in continua crescita, ovunque. Il conseguente calo delle risorse disponibili ha causato l'espansione delle miniere nelle zone costiere e il dragaggio del fondo marino, ma l'estrazione su vasta scala, a sua volta, ha un impatto sull'ecosistema: provoca l'erosione delle coste, aumenta il rischio di inondazioni per via della distruzione degli argini in alcune aree e quello di siccità in altre, dove il livello dei fondali viene artificialmente abbassato. Si sono già verificati disastri naturali veri e propri: basti pensare che una ventina di isole sabbiose indonesiane sono state letteralmente cancellate dalla carta geografica.

Prezzi in crescita

Un altro grave problema deriva dal fatto che i prezzi della sabbia sono lievitati negli ultimi anni, inducendo a sfruttare i giacimenti naturali anche in maniera illegale, come avviene a Capo Verde, in Marocco. Addirittura, in India, dove è in vigore una legislazione per vietare lo sfruttamento dei depositi di sabbia in alcune aree tutelate, esistono delle organizzazioni criminali senza scrupoli dedite al commercio illecito di sabbia che si sono macchiate di crimini violenti e omicidi contro chi si oppone alle loro attività. Solo ultimamente, però, la stampa internazionale ha acceso i riflettori sul fenomeno e grandi testate come Wired e il New Yorker hanno dedicato gli pagine di inchieste. E si sta rapidamente facendo strada la consapevolezza che urga fare qualcosa, visto che lo stesso Fondo Monetario Internazionale ha rilevato che la dipendenza da questa risorsa sta vanificando ogni strategia volta a uno sviluppo economico sostenibile.

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Claudia Astarita

Amo l'Asia in (quasi) tutte le sue sfaccettature, ecco perché cerco di trascorrerci più tempo possibile. Dopo aver lavorato per anni come ricercatrice a New Delhi e Hong Kong, per qualche anno osserverò l'Oriente dalla quella che è considerata essere la città più vivibile del mondo: Melbourne. Insegno Culture and Business Practice in Asia ad RMIT University,  Asia and the World a The University of Melbourne e mi occupo di India per il Centro Militare di Studi Strategici di Roma. Su Twitter mi trovate a @castaritaHK, via email a astarita@graduate.hku.hk

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