Draghi
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Economia

QE e tassi: le misure "straordinarie" di Draghi

Il quantitative easing viene esteso al 2017 e anche ai titoli degli enti locali. Taglio al tasso di rifinziamento e sui depositi

Il presidente della BCE, Mario Draghi, lascia fermo il tasso di rifinanziamento bancario allo 0,05% ma mette insieme un tandem di operazioni che servono a dare una nuova, ulteriore spinta all'economia europea. O almeno così spera.

La prima riguarda il Quantitative Easing, ovvero l'operazione monstre di riacquisto di titoli di Stato. Non solo Draghi ha deciso di estenderlo oltre il settembre 2016 a tutto il 2017 ma lo ha anche ampliato ai titoli obbligazionari emessi da regioni e enti locali. Finora infatti, la politica accomodante della Bce sta avendo "significativi effetti positivi sulle condizioni di finanziamento, sul credito e sull'economia reale", ha dichiarato il presidente della BCE.

La seconda riguarda il "refi", il tasso di rifinanziamento pronti contro termine, al minimo storico dello 0,05%. E la terza il tasso sui depositi cioè quello che le banche pagano per depositare i loro fondi a Francoforte, ulteriormente sceso di 10 punti base da -0,20% a -0,30%.

I rischi per l'inflazione nell'Eurozona continuano a essere "orientati al ribasso", e c'è una "persistenza di bassi tassi di inflazione" che deriva da una "sostanziale fiacchezza dell'economia interna" e dai "venti contrari" che arrivano dai mercati esteri, ha detto Draghi.

La Bce ha infatti tagliato le sue stime d'inflazione di medio termine, portando la previsione per il 2016 a 1% da 1,1% di tre mesi fa e quella per il 2017 a 1,6% da 1,7%. Si allontana così, a politiche inalterate, il ritorno a un'inflazione prossima al 2% nel medio termine.

In particolare, la crescita "continua a essere frenata dal rallentamento dei mercati energetici e dall'andamento moderato del commercio globale".

Il forte calo dei prezzi dell'energia, ha sottolineato però Draghi, "contribuirà a sostenere il potere d'acquisto delle famiglie". Gli accresciuti "rischi geopolitici" possono avere "potenziali" effetti negativi sulla crescita dell'Eurozona, in quanto possono colpire la domanda estera e le esportazioni, nonchè, più in generale, il clima di fiducia.

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Redazione Economia