Perché Draghi bacchetta Italia, Francia e Germania
Economia

Perché Draghi bacchetta Italia, Francia e Germania

Il numero uno della Bce attacca gli Stati membri: al via le riforme, basta all'autocompiacimento. A rischio la sopravvivenza dell’unione monetaria

Un altro monito, l’ennesimo. Il presidente della Banca centrale europea (Bce), Mario Draghi, ha ripetuto ancora oggi ciò che dice da mesi. “Il direttivo della Bce è unanime nel proprio impegno ad utilizzare nuove misure non convenzionali in caso di necessità, ma serve una strategia ampia”, ha detto dalla Finlandia. Dietro a quelle due parole finali - “strategia ampia” - si cela un messaggio diretto a tre Paesi in particolare: Italia, Francia e Germania. Senza la condivisione di una strategia comune, quindi, è a rischio l’intera unione monetaria. 

È finito il momento per l’autocompiacemento, servono riforme strutturali

Il mantra di Draghi

Do ut des. Il mantra di Draghi è questo. Da un lato la Bce sta mettendo in campo il massimo di quanto permesso dallo proprio statuto. Che si tratti di operazioni di rifinanziamento a lungo termine, così come di acquisti di titoli dal settore privato, o, come si sta discutendo, che si tratti di acquisti di titoli di Stato, una cosa è certa. La politica monetaria della Bce non è mai stata così straordinaria. Ma è palese che l’Eurotower non può e non deve sostituirsi ai governi nell’adozione delle riforme strutturali promesse. Primo, perché non è il suo ruolo. Secondo, perché non deve esserlo. Terzo, perché il tempo a disposizione per il mantenimento delle promesse è stato ampio. Quarto, perché le condizioni sui mercati finanziari sono tali da garantire il pieno successo da parte degli esecutivi. 

Cosa ha chiesto Draghi

Il messaggio di Draghi è forte. “Questo non è certamente il momento dell'autocompiacimento, né nell'area delle politiche fiscali né riguardo le riforme strutturali”, ha detto il numero uno della Bce. Un monito indirizzato a Palazzo Chigi, così come all’Eliseo e al Bundeskanzleramtsgebäude. Inutile discutere chi deve fare cosa o su chi deve fare i compiti a casa e chi no. L’importante - questo in buona sostanza è il messaggio di Draghi - è che ci sia una linea comune. 

C’è unanimità a nuove misure non convenzionali in caso di necessità, ma serve una strategia ampia

Le richiesta all’Italia

All’Italia sono richieste misure concrete per superare l’incertezza politica che sta di nuovo emergendo. Ne sono prova i dibattiti sul Patto del Nazareno e sulla successione al Quirinale. La banca francese Société Générale, nel suo outlook per il 2015, ha previsto che nel corso del prossimo anno gli italiani torneranno alle urne. Troppa l’incertezza, troppe le domande senza risposta da parte del governo di Matteo Renzi, troppi gli annunci a cui non sono seguite azioni concrete. La stessa visione della Bce che, nemmeno troppo sommessamente, sta chiedendo all’Italia di andare oltre alla politica dell’annuncio. Il tempo a disposizione è stato fornito, ora è il momento dei fatti, invece che quello delle lamentele sui pochi investimenti in arrivo nell’area euro. Come ha ricordato Draghi a inizio agosto, “l’incertezza generale che la mancanza di riforme strutturali produce è un fattore molto potente che scoraggia gli investimenti”. Il riferimento era a Roma. Così come l’agenda di riforme necessarie per sbloccare il Paese: riforme nel mercato del lavoro, dei prodotti, nella concorrenza, nel sistema giudiziario. 

L’incertezza generale che la mancanza di riforme strutturali produce è un fattore molto potente che scoraggia gli investimenti

Le richieste alla Francia

Poi c’è la Francia. La discussione sull’utilizzo dei fondi del programma di rilancio dell’economia europea di Jean-Claude Juncker, ha lasciato intendere Draghi, sono sterili. L’importante è che il Paese cerchi di ritrovare la competitività perduta e agevoli le imprese, invece che soffocarle tramite un fisco dal peso sempre maggiore. Quindi, via libera alla riforma del mercato del lavoro e del mercato dei capitali, in modo da rendere più attrattivo un eventuale investimento in Francia da parte di un investitore internazionale. Le riforme richieste sono praticamente le stesse richieste all’Italia, con l’aggravante di un comparto di finanza pubblica che cresce sempre di più. In particolare, la spesa pensionistica. Secondo la banca tedesca Deutsche Bank, il sistema previdenziale francese è già insostenibile ora e la situazione, da qui al 2050, peggiorerà in modo costante in assenza di una riforma del modello esistente. 

Servono obiettivi comuni, una solidarietà comune

Le richieste alla Germania

Infine, la Germania. È da agosto, dal simposio economico di Jackson Hole, che Draghi sta chiedendo a Berlino uno sforzo sul versante della fiscal stance aggregata. Il concetto è semplice: se un Paese ha margine di espansione del proprio bilancio, è bene che lo espanda, invece che continuare a contrarlo. È una questione di mutuo interesse. Se la Germania continua a contrarre il proprio bilancio, così come lo stanno facendo Italia, Francia e Spagna, non potrà esserci un beneficio per alcuno, con la conseguenza di una contrazione delle attività produttive ancora più significativa di quella esistente. Questo perché l’economia tedesca è dipendente dall’export così come lo sono quella italiana, francese e spagnola. Nessuno è immune alla stagnazione. “La solidarietà dovrebbe essere alla base dell’unione monetaria”, ha scritto la banca elvetica UBS. Un concetto che sa di beffa, in quanto UBS è fuori dall’eurozona, ma che racchiude un’idea che sta alla base del pensiero di Draghi. 

La solidarietà dovrebbe essere alla base dell’unione monetaria

O azione o distruzione

La mancanza di riforme strutturali, così come l’assenza di un mutuo soccorso sotto il profilo della finanza pubblica, sta mettendo a repentaglio l’intero progetto europeo. Non è solo colpa della Germania, e nemmeno di Francia o Italia. Le colpe sono condivise. Berlino chiede sicurezza sul fronte delle promesse, mentre Parigi e Roma nicchiano e, complice la calma sui mercati obbligazionari dettata dalla Bce, continuano a posporre quanto programmato. Nel mezzo c’è proprio l’Eurotower, il cui sostegno non è infinito. Draghi potrà anche lanciare un round di Quantitative easing (Qe), ma senza una strategia comune qualunque sforzo sarà vano. 

La Bce e gli Stati, una relazione complicata

GEORGES GOBET/AFP/Getty Images
Mario Draghi presidente della BCE

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Fabrizio Goria

Nato a Torino nel 1984, Fabrizio Goria è direttore editoriale del sito di East, la rivista di geopolitica. Scrive anche su Il Corriere della Sera e Panorama. In passato, è stato a Il Riformista e Linkiesta e ha scritto anche per Die Zeit, El Mundo, Il Sole 24 Ore e Rivista Studio. È stato nominato, unico italiano, nella Twitterati List dei migliori account Twitter 2012 da Foreign Policy.

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