Pensioni, anche i tedeschi dovranno lavorare fino a 69 anni
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Economia

Pensioni, anche i tedeschi dovranno lavorare fino a 69 anni

La Bundesbank chiede alla Merkel di alzare l'età pensionabile: a rischio la sostenibilità del sistema previdenziale


Il problema dell’Europa non è economico ma soprattutto demografico. Un adagio che si sente ripetere ai piani alti delle principali istituzioni politiche e finanziarie. Lo conferma l'ultima richiesta, indiretta, dell’influente Bundesbank, la potente banca centrale tedesca, al governo di Angela Merkel: innalzare ancora l’età pensionabile a 69 anni dai 67 previsti in via graduale entro il 2030.

Il rapido invecchiamento della popolazione europea, a detta di molti esperti, porterà a una situazione insostenibile a livello finanziario per i vari paesi membri della Ue, sia per il peso del costo delle pensioni sia della sanità.

Poco dopo il 2030, infatti, tutti i baby-boomers (i nati tra il 1945 e il 1964) saranno già in pensione con un conseguente innalzamento degli oneri. Un discorso che vale soprattutto per Berlino. Ecco perché secondo la banca centrale tedesca saranno inevitabili e ulteriori adeguamenti al sistema vigente.


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I banchieri centrali tedeschi hanno svelato il proprio pensiero in un recente Bollettino pubblicato giorni fa e che, per la prima volta, studia l’andamento prevedibile del sistema pensionistico tedesco al 2060.

"Un allungamento della vita lavorativa – scrivono - non dovrebbe essere un tabù ma deve, anzi, essere considerato come un elemento fondamentale" per garantire la sostenibilità del sistema e il tasso di sostituzione. Più o meno le stesse parole del vice-presidente del gruppo parlamentare dell'Unione di centro-destra, Michael Fuchs (Cdu), lo stesso partito della Cancelliera Merkel: Fuchs ha affermato che un aumento dell'età pensionabile è "necessario e inevitabile" e che le recenti disposizioni che hanno permesso la pensione a 63 anni, con penalizzazioni, sono state un errore enorme.

Due anni fa il governo Merkel ha abbassato l'età pensionabile a 63 anni (una manovra a cui si è ispirato Renzi per la modifica della riforma Fornero) per chi ha accumulato 45 anni di contributi.

La riforma, secondo stime governative pubblicate allora, peserà sui bilanci pubblici ogni anno per una cifra di 9 - 11 miliardi di euro (circa 160 miliardi fino al 2030) ed è stata criticata dal mondo dell'economia e dei datori di lavoro che l'hanno bollata come "un errore caro, che graverà soprattutto sulle nuove generazioni con un'ipoteca miliardaria".

Per ora la Merkel non si è sbilanciata: il portavoce del governo ha dichiarato che l’esecutivo conferma la pensione a 67 anni con un'attuazione graduale. Nello studio, tuttavia, la Bundesbank sottolinea che l'ottimo stato di salute finanziaria registrato al momento dalle casse pensionistiche tedesche non deve illudere sul fatto che, comunque, sono necessari nuovi ritocchi.


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Ma l'innalzamento dell'età pensionistica sarebbe solo una delle possibili compensazioni per l'invecchiamento della popolazione: anche con un passaggio ai 69 anni, per la Bundesbank il sistema dovrebbe decidere comunque un aumento della contribuzione al 24% dall'attuale 18,7% e accettare un calo del tasso di sostituzione al 44% dal 48% attuale.

Le soglie prospettate dalla Bundesbank sono comunque meno severe di quelle stimate dall’Inps: il presidente Tito Boeri negli scorsi mesi ha avvertito che i nati negli anni ‘80 rischiano di andare in pensione a 75 anni se non si metterà mano ancora alle pensioni.

L’ultima riforma previdenziale del 2011 ha innalzato l’età di pensionamento per anzianità a 67 anni nel 2020 e a 69 anni a partire dal 2040. La soglia attuale è di 66 anni e il governo vorrebbe abbassarla a 63, con il meccanismo dell'anticipo pensionistico erogato dalle banche (APE).

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Massimo Morici

Scrivo su ADVISOR (mensile della consulenza finanziaria), AdvisorOnline.it e Panorama.it. Ho collaborato con il settimanale Panorama Economy (pmi e management) e con l'agenzia di informazione statunitense Platts Oilgram (Gas & Power).

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