Grecia: come finirà l'Eurogruppo
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Economia

Grecia: come finirà l'Eurogruppo

Non ci sarà nessun accordo. Almeno, non oggi. Bruxelles e Atene sono sempre più lontane. E Tsipras fa il muso duro con la Ue

Con ogni probabilità, l’ultimatum dato dall’Eurogruppo alla Grecia non sarà rispettato. Due settimane fa il capo del consesso dei ministri finanziari dell’area euro, Jeroen Dijsselbloem, aveva detto che Atene avrebbe dovuto trovare la quadratura del cerchio sul programma di salvataggio entro il vertice odierno. Tuttavia, gli sforzi profusi finora dalla troika - Fondo monetario internazionale (Fmi), Banca centrale europea (Bce), Commissione Ue - sono stati vani. Il governo di Alexis Tsipras non vuole retrocedere di un millimetro rispetto alle richiesta già fatte. “O rinegoziazione del piano o nulla”, dicono dallo staff di Tsipras. Ma senza un accordo entro fine mese, la Grecia rimarrà solo nelle mani della Bce, come del resto è già oggi. 

Ecco perché la Grecia è nelle mani della Bce


Il tentativo della troika

Venerdì scorso Rishi Goyal, Klaus Masuch e Declan Costello sono volati ad Atene. Sono rispettivamente i responsabili della missione in Grecia di Fmi, Bce e Commissione europea. Goyal, Masuch e Costello avevano il compito di negoziare con le autorità elleniche, da Tsipras al ministro delle Finanze Yanis Varoufakis, del programma di sostegno esistente, in vista del meeting dell’Eurogruppo previsto per oggi. Sebbene il dialogo sia avvenuto in un clima, come spiegano fonti della Commissione Ue, “disteso e pacifico” è ben presto emerso che non si sarebbe arrivati a un punto di accordo. Tsipras e Varoufakis hanno ribadito, ancora una volta, che non intendono più seguire le ricette della troika per uscire dalla peggiore crisi dai tempi della Junta a oggi. A tal punto che, come ha riportato il quotidiano tedesco Handelsblatt, circola l’idea di abbandonare del tutto ogni richiesta ad Atene e negoziare un nuovo accordo ex novo.

In pratica, fare come stanno chiedendo Tsipras e Varoufakis. "Sì, è una possibilità, dato che il voto in Grecia deve essere rispettato. Se Tsipras vuole questo, non si può far altro che accettarlo", spiega una fonte diplomatica tedesca. Non è un caso che oggi anche il ministro tedesco delle Finanze, Wolfgang Schäuble, si sia detto "scettico" sulle possibilità di un esito positivo del meeting odierno. Non solo. Schäuble ha anche definito “abbastanza irresponsabile” l’esecutivo guidato da Tsipras, affermando di essere dispiaciuto per i greci di questa situazione. 

Le telefonate di Dijsselbloem e Juncker

Oltre a Goyal, Masuch e Costello, nel weekend sono intervenuti anche Dijssselbloem e il numero uno della Commissione europea, Jean-Claude Juncker. Il primo, come spiegano dal suo staff, ha chiamato Varoufakis due volte, per chiedere lumi su quale sarebbe stato il suo piano per il vertice di oggi. Il secondo, nella sera di ieri, ha telefonato a Tsipras, cercando di convincerlo a ragionare, a non essere così duro e netto. In entrambi i casi, spiegano fonti della Commissione Ue, non c’è stato alcun risvolto positivo. Anzi, nel caso di Juncker, si è trattato di un appello accorato: “La situazione è estremamente complicata e difficile. Non c’è spazio negoziale e il rischio è quello di arrivare alla mattina di martedì con nulla in mano”. Così è. Infatti, le ultime indiscrezioni parlano di un ulteriore vertice straordinario già in questa settimana, forse mercoledì. Il tutto per evitare di arrivare al prossimo 28 febbraio, giorno in cui scade l’estensione di due mesi del programma negoziata dal precedente governo di Antonis Samaras, senza un accordo di alcun tipo. 

La forza di Tsipras e Varoufakis

Dalla loro, Tsipras e Varoufakis sanno che possono contare su una forte approvazione popolare. Secondo l’ultimo sondaggio condotto da Alpha TV, pubblicato sabato scorso, ha evidenziato che l’83% degli intervistati ha piena fiducia nel governo, il 56,6% ha un’impressione positiva di Varoufakis, il 25,4% ne ha una “probabilmente positiva”, e solo il 7,7% negativa. Tuttavia, il 51,1% degli intervistati ritiene che il braccio di ferro con l’Ue possa essere vinto. In pochi, invece, vogliono uscire dall’eurozona: il 64% dei partecipanti al sondaggio si è detto favorevole a questa soluzione. Il governo di Tsipras ha quindi il mandato elettorale, e quindi politico, di rinegoziare gli accordi esistenti, ma non quello di far uscire il Paese dall’Eurosistema. Ed è questo ciò su cui si sta puntando per trovare un punto di vicinanza fra Bruxelles e Atene. Eppure, nonostante tutta la buona volontà dei funzionari europei, non c’è via d’uscita.

L’83% degli intervistati ha piena fiducia nel governo di Alexis Tsipras

Negoziati fermi

“Tutto è come cristallizzato. Tutto è fermo. La frustrazione è tanta. Da oggi? Meglio non aspettarsi nulla”. Così dice un funzionario della DG ECFIN della Commissione Ue, rispondendo al telefono. Il problema è che se la Grecia non piega la testa, sarà l’Ue a farlo e questo, in ottica futura, getta una luce negativa sull’intera eurozona. “Hanno sottoscritto un programma di aiuto e hanno promesso riforme strutturali che non hanno mai introdotto. E ora vogliono rinegoziare il tutto, alle loro condizioni. Che figura ci facciamo?”, continua il funzionario. L’impressione generale è che, comunque vada a finire questo nuovo capitolo della crisi greca, la credibilità di Bruxelles sia già compromessa. 

Il braccio di ferro fra Grecia e Ue

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La manifestazione degli "indignati" greci in piazza Syntagma ad Atene. 2011.

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Fabrizio Goria

Nato a Torino nel 1984, Fabrizio Goria è direttore editoriale del sito di East, la rivista di geopolitica. Scrive anche su Il Corriere della Sera e Panorama. In passato, è stato a Il Riformista e Linkiesta e ha scritto anche per Die Zeit, El Mundo, Il Sole 24 Ore e Rivista Studio. È stato nominato, unico italiano, nella Twitterati List dei migliori account Twitter 2012 da Foreign Policy.

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