Grecia, i dieci giorni che potrebbero salvare il Paese
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Economia

Grecia, i dieci giorni che potrebbero salvare il Paese

Dopo Riga i leader europei, Merkel in testa, esprimono un cauto ottimismo sul futuro di Atene. Restano le divisioni, ma forse qualcosa è cambiato

C’era poco da aspettarsi dal vertice di Riga della scorsa settimana. Nemmeno questa volta i policymaker europei sono riusciti a trovare una soluzione definitiva per salvare la Grecia.

Tuttavia, rispetto agli ultimi meeting dell’Eurogruppo, c’è un parziale ottimismo sia dal versante ellenico sia da quello dei creditori internazionali.

Lo ha ribadito il cancelliere tedesco Angela Merkel: “C’è stato, e sarà ancora necessario, un intensivo lavoro tecnico sul debito, ma c’è un clima positivo e amichevole”.

L’obiettivo, anche del primo ministro greco Alexis Tsipras, è quello di raggiungere un accordo entro la fine del mese, in modo da ratificarlo entro il 5 giugno, data del prossimo rimborso al Fondo monetario internazionale (Fmi). Non esiste però alcuna certezza, se non una: Atene ha bisogno di liquidità al più presto. 

Qualcosa di positivo
Per spiegarlo con le parole di uno degli sherpa del governo tedesco, interpellato da Panorama.it, “di positivo c’è che si è riusciti a parlare in modo serio e pacato”. E questo è già un inizio.

A distanza di tre mesi da quel 20 febbraio in cui è stato esteso di quattro mesi il secondo programma di sostegno alla Grecia, sembrava quasi impossibile che si potesse iniziare a intavolare una discussione in modo concreto.

Da un lato c’è Atene, che continua a mal tollerare la vigilanza del Brussels Group - nuovo nome per definire la vecchia troika (Fmi, Commissione europea, Banca centrale europea, più lo European stability mechanism) - e non vuole portare a compimento il secondo programma di salvataggio, i cui impegni sono considerati “inappropriati” e “contro la logica economica” dai funzionari del Tesoro ellenico.

Del resto, c’è da preservare il mandato elettorale ricevuto da Syriza, il cui leader è Tsipras, ovvero la rinegoziazione dell’attuale programma di sostegno.

Dall’altro c’è il resto dell’area euro, con Germania e Francia che ieri hanno preso le redini delle negoziazioni, più il Fmi di Christine Lagarde.

Sembrano finiti, almeno per il momento, i toni duri dell’ultimo mese. Come ha reso noto Merkel l’atmosfera del summit di Riga è stata “amichevole”. Sulla sua reale efficacia c’è qualche dubbio, specie sul fronte diplomatico francese, ma almeno non sono volati gli stracci tra Grecia e resto della zona euro, come era già successo. 

Di positivo c’è che si è riusciti a parlare in modo serio e pacato

Lo scenario base
Lo scenario di base su cui le autorità internazionali stanno lavorando è preciso. Salvare la Grecia dal fallimento, e quindi anche dalla possibile uscita accidentale dall’area euro, pur mantenendo inalterata la richiesta di completamento del programma esistente.

Proprio ciò che non vuole, per motivi più legati al consenso elettorale e alla missione promessa agli elettori, il governo greco a trazione Tsipras. Le maggiori divergenze, come spiegano dallo staff dell’Eurogruppo, rimangono su cinque punti: riforma delle pensioni, riforma del mercato del lavoro, privatizzazioni, scaglioni dell’IVA e surplus primario.

E infatti a Riga è arrivata la proposta del governo greco sull’IVA - tre aliquote al 7%, 14% e 22% - considerata però “ancora lontana dagli obiettivi prefissati” dagli sherpa dei leader europei. “Contiamo di trovare un’intesa entro dieci giorni”, ha però aggiunto il portavoce del governo Tsipras. 

Il doppiogioco
I policymaker europei sanno che più passa il tempo, più le esigenze di liquidità della Grecia aumentano. Allo stesso tempo, Tsipras sa che più il Paese resta senza soldi in cassa, più cresce il pericolo di un contagio verso il resto dell’eurozona.

Né i primi né il secondo, almeno in teoria, vogliono arrivare allo scenario peggiore, il secondo fallimento sovrano dopo quello del marzo 2012. Le incognite, in quest’ultimo caso, sono troppe.

Dalla gestione delle conseguenze finanziarie alla capacità di resistere alla spirale di incertezza degli investitori internazionali, l’eurozona non può dirsi effettivamente pronta a questa evenienza. 

Contiamo di trovare un’intesa entro dieci giorni

Il ruolo del Fmi
La cautela è d’obbligo. Le trattative sono entrate in una nuova, forse risolutiva, fase.

Sul campo ci sono diverse opzioni, come spiegano fonti del Brussels Group. “Non si deve escludere alcuna ipotesi, ma sempre con un principio di fondo: il completamento del secondo programma”, fanno notare.

Inoltre, i leader europei hanno reiterato che ogni assunzione di accordo per il debito della Grecia dovrebbe contemplare anche l’esistenza della sorveglianza del Fmi. “È funzionale alla piena sostenibilità del Paese”, dicono i funzionari europei.

Il problema, anche in questo caso, è che la presenza del Fmi non è ben vista dalla ala più estremista di Syriza. Tsipras avrà dieci giorni per convincere i suoi colleghi più radicali che conviene a tutto il Paese trovare un’intesa al più presto con partner internazionali. 

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Fabrizio Goria

Nato a Torino nel 1984, Fabrizio Goria è direttore editoriale del sito di East, la rivista di geopolitica. Scrive anche su Il Corriere della Sera e Panorama. In passato, è stato a Il Riformista e Linkiesta e ha scritto anche per Die Zeit, El Mundo, Il Sole 24 Ore e Rivista Studio. È stato nominato, unico italiano, nella Twitterati List dei migliori account Twitter 2012 da Foreign Policy.

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