Draghi e il bisogno di riforme
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Economia

Draghi e il bisogno di riforme

Un nuovo appello ai singoli Stati: senza il supporto dell’intera eurozona la crisi non finirà

Mario Draghi ha chiesto tempo. Tempo per permettere l’entrata a pieno regime del pacchetto di misure introdotte negli ultimi mesi per riattivare i canali del credito nella zona euro. Ma non solo. Parlando di fronte al Comitato affari economici e monetari del Parlamento Ue, il presidente della Banca centrale europea non è andato per il sottile. Se da un lato ha chiesto altra fiducia nella politica monetaria della Bce, dall’altra ha esortato ancora una volta i governi a fare più sforzi per rinnovare le economie nazionali. Un compito necessario, se si vuole mantenere l’attuale clima di fiducia degli investitori internazionali. 

Senza le riforme strutturali, le azioni della Bce non daranno frutti

Il momento era particolare. Come ha ricordato Draghi nel discorso introduttivo, il 4 novembre la Bce diventerà il supervisore bancario dell’area euro. Vale a dire che avrà il compito di vigilare su circa 120 banche, più la possibilità di farlo su oltre 6.000. Al fine di rendere efficace quello che ha definito come “il più grande passo di integrazione economica europea dall’introduzione dell’euro”, occorre che il meccanismo sia ben oliato e tutti gli ingranaggi della macchina europea funzionino a dovere. Traduzione: la Bce è da oltre cinque anni che cerca di mettere una toppa alle lacune della politica, e ora è il momento di darsi una mano vicendevolmente. 

Compreremo Abs semplici e chiari, non ci saranno rischi

Ora che la volatilità è a un basso livello e che i tassi di rendimento dei bond governativi sono in molti casi al minimo dall’adozione dell’euro, non bisogna permettere che si perda il momento per rilanciare la crescita. E serve che le sacche di inefficienza siano ridotte al massimo. “È vero, c’è un problema di domanda di credito nella zona euro, non di liquidità”, ha detto Draghi. Imprese e famiglie non chiedono credito perché non hanno ordini, nel primo caso, o preferiscono tentare di risparmiare, nel secondo. Per migliorare questa situazione che sta strozzando le economie obsolete come quella italiana, c’è la necessità di andare avanti con le agende programmate con la Commissione Ue. 

È vero, c’è un problema di domanda di credito nella zona euro, non di liquidità

Prima con le Targeted longer-term refinancing operation (operazioni di rifinanziamento a lungo termine mirate, o Tltro), poi con l’acquisto di covered bond, Asset-backed security (crediti cartolarizzati, o Abs) e Residential mortgage-backed security (mutui cartolarizzati, o Rmbs). La Bce potrebbe mettere a disposizione circa 2.000 miliardi di euro, e si riserva il potere di iniziare a comprare anche titoli di Stato, come extrema ratio. “Qualche modesto miglioramento si è già visto sulla fiducia, ma occorre avere più tempo per osservare i frutti di queste azioni”, ha detto Draghi. I soldi sono molti, ma la rottura del meccanismo di trasmissione della politica monetaria è ancora evidente. Il supporto definitivo, ha spiegato il numero uno della Bce, deve essere fornito dal pieno ritorno della fiducia degli investitori istituzionali. Per farlo, occorre introdurre quanto promesso. “Le riforme strutturali sono cruciali per completare la policy della Bce”, ha tuonato Draghi. 

Ci potranno essere frizioni nella politica monetaria della Fed e la nostra

Il riferimento sulle riforme, parola pronunciata per quattro volte (su sei complessive, contando il discorso iniziale, ndr) solo nelle conclusioni, è un messaggio a Francia e Italia. “Nessun stimolo monetario può aver effetti significativi se non supportato da riforme strutturali”, ha detto Draghi. I Paesi membri devono quindi aumentare la credibilità sul piano fiscale. E in quest’ottica, non aiuta l’introduzione del Sistema europeo dei conti nazionali e regionali (Sec 2010) tramite il regolamento 549 del Consiglio Ue da parte dell’eurozona. L’Italia ha infatti oggi rivisto al ribasso, in base alla nuova metodologia di calcolo, sia il rapporto debito/Pil sia quello deficit/Pil. Azioni che potrebbero essere usate come chiavistello, da parte dei governi, per ritardare il rinnovamento delle singole economie. 

I Paesi con spazio fiscale dovrebbero aiutare quelli che non lo hanno

Non sono però mancate le stoccate ai governi che, anche se nella possibilità di espandere il proprio bilancio, hanno fornito poco margine ai Paesi meno virtuosi. È il concetto di fiscal stance aggregata già introdotto nel simposio economico di Jackson Hole a fine agosto. “Riguardo ai Paesi con spazio fiscale, questi dovrebbero seguire le raccomandazioni specifiche della Commissione Ue”, ha detto Draghi. Solo così si potrebbe andar verso una forma di solidarietà capace di essere funzionale a tutti. Se l’Italia non ha spazio fiscale, ma la Germania si, è giusto che Berlino sostenga Roma, ma solo a patto che ci sia un do ut des. Quale? L’adozione delle riforme strutturali promesse e introdotte solo in parte, unita a una riduzione della spesa pubblica. 

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Fabrizio Goria

Nato a Torino nel 1984, Fabrizio Goria è direttore editoriale del sito di East, la rivista di geopolitica. Scrive anche su Il Corriere della Sera e Panorama. In passato, è stato a Il Riformista e Linkiesta e ha scritto anche per Die Zeit, El Mundo, Il Sole 24 Ore e Rivista Studio. È stato nominato, unico italiano, nella Twitterati List dei migliori account Twitter 2012 da Foreign Policy.

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