Crisi: adesso anche Draghi prende tempo
Economia

Crisi: adesso anche Draghi prende tempo

Dopo un fine settimana di dichiarazioni al veleno sul presidente della Bce, Munchau, editorialista del Financial Times spiega che non è più tempo di polemiche. "Attivare lo scudo anti spread sarebbe in fondo solo il primo passo, poi il resto tocca alla politica"

Scordiamoci il 6 settembre. Non è più quello il giorno da segnare sul calendario per scrollarsi di dosso la grande paura della crisi del debito. Mario Draghi da Francoforte parlerà la prossima settimana. Da quel Consiglio direttivo il presidente della Bce però non tirerà fuori dal cappello nessun coniglio bianco. Ha deciso che è meglio aspettare la pronuncia della Corte tedesca, mercoledì 12, sulla legalità del fondo permanente salva Stati prima di metter sull’on l’interruttore dello scudo anti spread.

Eppure come scrive Wolfgang Munchau, editorialista del Financial Times, deve pur decidersi a fare qualcosa perché se anche Draghi incrocia le braccia e non interviene qui non c’è soluzione che tenga.

Le intenzioni erano buone, poi il fuoco delle polemiche le ha spente sul nascere. L’Eurotower voleva vuotare il sacco: svelare i dettagli del piano di acquisto delle obbligazioni governative il 6 settembre. E invece è tutto rimandato. Nell'ultimo fine settimana una scia di polemiche l’ha fatto desistere. Un affondo al veleno è arrivato dalla Frankfurter Allgemeine Zeitug. In prima pagina ha bollato Draghi come il banchiere dei salvataggi senza frontiere, quello che vuole trasformare con la sua politica di acquisto dei bond la Bce in un’emula della Banca di Italia.

Poi è stata la volta del segretario della Csu bavarese, Alexander Dobrint, a rincarare la dose: l’ha definito il falsario d’Europa, convinto che sia "estremamente pericolosa" la fissazione di un tetto dello spread, poiché ciò costituirebbe "un magnifico invito agli speculatori a portare al massimo la speculazione contro singoli Paesi". Frasi che hanno provocato un terremoto nel suo partito, ma resta il fatto che sulla strada di Draghi si è messa da tempo di traverso la Bundesbank , unica banca centrale su 23 governatori scettica sulle ragioni dell’interventismo della Bce. E non è cosa da poco.

“E’ sempre più chiaro – spiega Nicholas Spiro, direttore investimenti del fondo Spiro Sovereign Strategy – che devono essere sciolte riserve di carattere politico e legale prima che l'Eurotower dia avvio a qualsiasi programma di acquisto di bond governativi. Se ad agosto Draghi ha rilanciato le aspettative, adesso sta aspettando di vedere quali sono le condizioni per imbastire un intervento”. Anche Munchau dalle colonne dell’FT ammette che il presidente della Bce da solo non può risolvere la crisi, ma senza una sua mossa – scrive nel suo articolo – non c’è soluzione che tenga". Per l’editorialista in fondo sono appena due i tasselli da cercare per completare il rebus sovrano.

“Il primo e anche il più importante è quello di mettere a tacere le voci di una dissoluzione dell’euro. Qualsiasi decisione verrà assunta al prossimo Consiglio dovrà essere abbastanza convincente da sbarazzarsi della speculazione che indica di Spagna e Italia come Paesi a serio rischio nel club della moneta unica”. E secondo deve essere disegnata una strategia risolutiva complessiva. Specifica ancora - Munchau - “Draghi ha ragione quando dice che il sostegno della Bce dovrebbe dipendere da una richiesta ufficiale di sostegno. Devono essere definite le condizioni per poter accedere a questi aiuti”.

Stamattina il risveglio di Berlino è stato amaro. L'indice della fiducia del settore business in Germania, per il quarto mese consecutivo, è risultato in calo. "Forse Angela Merkel - azzarda Dominique Barbet, economista di Bnp Paribas - potrebbe essere tentata di convincere i suoi cittadini che maggiori sforzi per sostenere l'Eurozona sono necessari e nel loro interesse". "Permettere alla Bce di acquistare titoli di Stato dei Paesi in difficoltà non sarà la soluzione tout court, ma almeno sarebbe un primo passo prima di arrivare a definire un’unione politica e fiscale vera negli Stati Uniti d’Europa", conclude l'editorialista dell'Ft.

Come dire: alla fine la vera partita si gioca nella metà campo della politica. Quella che fino ad oggi ha solo mancato le occasioni, dimostrandosi brava nei rimpalli. A metà mese con la sentenza tedesca sull'ESM la resa dei conti arriverà. Questa volta sarà difficile trovare appigli per rimandare le decisioni da assumere.

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Micaela Osella