Grecia: così Tsipras ha preso la cassa degli enti pubblici
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Economia

Grecia: così Tsipras ha preso la cassa degli enti pubblici

Ecco perché il premier greco ha solo da guadagnare dopo la decisione di allocare le risorse degli enti locali sul conto della banca centrale nazionale

È stata una decisione necessaria, e nemmeno troppo improvvisa. Tuttavia, potrebbe avere un impatto significativo nelle negoziazioni per evitare il secondo fallimento sovrano in tre anni. La Grecia ha deciso di requisire la liquidità di cassa degli enti pubblici, allocandola presso il conto della banca centrale nazionale. Nessuna sorpresa. Entro il 20 aprile, dicevano le indiscrezioni sui mercati finanziari, sarebbe terminata la liquidità del Tesoro ellenico. Non si è ancora arrivati ufficialmente a questo punto, ma quasi. E ora la pressione su Atene aumenta sempre più. 

I timori di Tsipras

La scelta è data dai timori del governo di Alexis Tsipras. Il maggiore di essi, come fanno notare diversi analisti finanziari, è che la Banca centrale europea (Bce) possa staccare la spina della liquidità emergenziale, ovvero l’Emergency liquidity assistance (Ela). Due i motivi di una possibile scelta: la mancata adozione delle riforme strutturali promesse dal Memorandum of understanding (Mou) legato al secondo programma di salvataggio per il Paese (che ha ricevuto un’estensione di quattro mesi lo scorso 20 febbraio) e il rischio che la Grecia abusi della sua posizione di difficoltà per sostenere le finanze pubbliche in modo irregolare attraverso il sistema bancario domestico, facendo caricare gli istituti di credito ellenici di rischi, attraverso l’acquisto di titoli di Stato a breve, in modo da servire l’agenzia per il debito pubblico e onorare le obbligazioni con cittadini e creditori internazionali. Quello che è sicuro è che non ci saranno altri sconti dal Brussels Group, la vecchia troika composta da Fondo monetario internazionale (Fmi), Bce e Commissione Ue, con l’aggiunta dello European stability mechanism (Esm).

Noi non avremo problemi di alcun tipo. Siamo un grande Paese.

Il possibile vantaggio

Ora Tsipras, paradossalmente, si trova in una situazione che potrebbe essere funzionale. Questo perché più aumenta la pressione, sia della Bce sia della Commissione europea sia del Fondo monetario internazionale, più sarà facile per Tsipras convincere l’area più oltranzista del governo che guida a digerire un accordo con queste tre entità. Anche perché il leader di Syriza ha un mandato elettorale per la rinegoziazione del programma di salvataggio esistente, sottoscritto nel 2012. Nessun mandato politico per l’uscita del Paese dall’eurozona, quindi. 

Gli scenari

Le soluzioni possono essere diverse. E non bisogna pensare che ci siano strade univoche. Nessuno degli attori in campo desidera vedere il Paese tornare alla dracma. Ecco perché, secondo Bank of America-Merrill Lynch, ci possono essere degli scenari chiaroscurali. Il primo, più plausibile, vede la Grecia onorare i propri debiti con i creditori internazionali, per evitare un default sovrano che getterebbe il Paese in un abisso ancora più profondo di quello attuale. Ma se la Grecia rimborsa i prestiti - solo al Fmi Atene deve 2,5 miliardi di euro da qui alla fine di giugno - non è in grado di pagare salari e pensioni. Ecco quindi che potrebbe attivare una doppia strategia. Da un versante introdurre delle limitazioni alla libera circolazione dei capitali per evitare l’emorragia dei depositi bancari. Dall’altro potrebbe introdurre dei IOU (I Owe You One, ndr), ovvero delle cambiali da distribuire nel Paese.

In pratica, potrebbe pagare i propri dipendenti pubblici con questa valuta alternativa, in modo da prendere tempo per negoziare un nuovo programma di salvataggio entro la fine di giugno. Il secondo scenario, più difficile che si realizzi, vede la Grecia mancare un pagamento dei rimborsi. E se Atene non ripaga il Fmi, dopo un periodo di grazia della durata di 30 giorni, è considerata insolvente, quindi fallita. Per Bank of America-Merrill Lynch questo potrebbe anche succedere, e nel caso accadesse, c’è la possibilità che la Bce non stacchi la spina dell’Ela, agendo de facto come prestatore di ultima istanza.

Non ci aspettiamo un’uscita della Grecia dall’eurozona

Altri tre scenari

Al contrario della banca americana, il colosso della assicurazioni francesi, Axa, pensa che ci siano tre scenari possibili, molto diversi tra loro.

Lo scenario positivo, quello nel quale a prevalere è la volontà a negoziare, portando avanti le riforme strutturali promesse dal 2012. E in questo caso, potrebbe arrivare lo sblocco dell’ultima tranche dei prestiti, per ora fermi.

Ma potrebbe arrivare anche un contentino, spiega Axa, ovvero i profitti della Bce sui bond governativi ellenici che hanno in portafoglio.

C’è poi lo scenario più duro, quello in cui l’attuale stallo viene mantenuto e non c’è alcuna decisione sul fronte dei negoziati.

Questo potrebbe indurre a una corsa agli sportelli da parte dei greci. Più aumenta l’incertezza, più aumenta la velocità di ritiro dei depositi bancari da parte dei cittadini ellenici, più si avvicina la nascita di uno schema governativo di controlli sui capitali, come avvenuto a Cipro nel 2013. E se così fosse, aumenterebbe la pressione sul governo di Tsipras a negoziare un accordo con il Brussels Group. “Forse dopo elezioni anticipate”, avverte Axa. Infine, il quadro più drammatico, ma anche più improbabile secondo l’opinione di Axa, cioè l’uscita del Paese dall’area euro. In questo scenario “la fuga dei capitali e l’insolvenza delle banche costringono all’emissione di una nuova valuta, inizialmente in parità con l’euro, che si svaluta bruscamente dopo il floating”, spiega Axa. Non sarebbe poco il costo finanziario per l’eurozona, compreso fra 150 e 200 miliardi di euro, ma le maggiori ricadute sarebbero sul piano politico. Tutti vogliono evitare una figuraccia internazionale, con un impatto deleterio per la fiducia degli investitori internazionali. Ma come ricordano fonti della Commissione Ue “non ci sono troppe alternative per la Grecia: o riforme o riforme. E la terza via non è contemplabile da alcuna persona sana di mente”.

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Fabrizio Goria

Nato a Torino nel 1984, Fabrizio Goria è direttore editoriale del sito di East, la rivista di geopolitica. Scrive anche su Il Corriere della Sera e Panorama. In passato, è stato a Il Riformista e Linkiesta e ha scritto anche per Die Zeit, El Mundo, Il Sole 24 Ore e Rivista Studio. È stato nominato, unico italiano, nella Twitterati List dei migliori account Twitter 2012 da Foreign Policy.

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