Ue: il fallimento della presidenza italiana
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Economia

Ue: il fallimento della presidenza italiana

Si è chiuso ieri, de facto, il semestre europeo a guida italiana. Poche le apertura sulla flessibilità. Unico merito: tornare a far discutere di crescita

Chi a Palazzo Chigi si aspettava un regalo di Natale da parte di Bruxelles è rimasto con un cerino in mano. Iniziato con il botto, fra le richieste di una maggiore flessibilità sui conti pubblici e l’imposizione di Federica Mogherini come Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, il semestre europeo di presidenza dell’Italia si è praticamente chiuso ieri, quasi in silenzio. Il Consiglio Ue di ieri, infatti, ha deciso poco o nulla, lasciando aperte molte questioni che saranno discusse solo nel nuovo anno. Una fra tante, come conteggiare gli investimenti produttivi in rapporto al deficit. 

Il tentativo di Renzi

Il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha provato fino all’ultimo a spingere per una decisione, almeno informale, riguardo a come mettere in bilancio gli investimenti produttivi. A inizio settimana aveva rilanciato una vecchia idea, quella di escludere dal Patto di stabilità tutte le voci facenti riferimento agli investimenti nazionali con un interesse comunitario. Eppure, il vicepresidente della Commissione Ue, Frans Timmermans, lo aveva stoppato quasi subito, ricordando all’inquilino di Palazzo Chigi che le regole europee non possono essere violate e che esistono altre sedi per discutere di questi temi. Infatti, come ha reso noto Reuters il giorno prima del vertice, fonti europee smentivano che si potesse trovare una soluzione su questo versante. “Ci sono i margini perché ci sia un dibattito su ciascun punto, compreso quello sulla flessibilità del Patto di stabilità e crescita. Tuttavia, credo che non ci sarà un accordo unanime sull’idea di riscrivere il patto”, ha detto un alto funzionario Ue a Reuters. Detto, fatto. I temi sono stati altri, con buona pace della Presidenza italiana. 

Le decisioni del Consiglio Ue

Parlando senza fronzoli, il Consiglio Ue ha ricordato l’ovvio. "Il rinnovato accento posto sugli investimenti unitamente all’impegno degli Stati membri ad intensificare le riforme strutturali e a perseguire un risanamento di bilancio favorevole alla crescita getteranno le fondamenta della crescita e dell’occupazione in Europa", dicono le conclusioni del meeting. Vale a dire: noi lanciamo il programma di investimenti, voi lo riempite e mantenete la parola data in termini di riforme. E nessuna deviazione dai vincoli di bilancio, il rapporto fra deficit e Pil sotto quota 3% e il rapporto fra debito e Pil da riportare sotto quota 60 per cento. Sotto questo fronte, è stata netta la richiesta dei leader europei: "Per assicurare il corretto funzionamento dell’Unione economica e monetaria è essenziale un coordinamento più stretto delle politiche economiche". Una frase che tradotta significa che gli Stati membri dovrebbero smetterla di guardare solamente agli interessi nazionali e iniziare a collaborare fra di loro.

Contro la Russia il Consiglio europeo è pronto ad adottare ulteriori provvedimenti

L’esortazione di Draghi

L’emergenza sui mercati sarà anche finita, ma la stagnazione no. Infatti, anche il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, ripone molta fiducia nell’Ue. I piani adottati nei mesi scorsi da Bruxelles possono “contribuire ad aumentare la fiducia nella zona euro”, ha detto a margine del vertice. Non solo: le azioni della Commissione Ue potrebbero anche essere molto efficaci, ma solo a patto che ci siano tre condizioni. “Attuazione rapida, investimenti con elevato ritorno e opportunità per spingere le riforme strutturali”, ha detto Draghi. Peccato che, come hanno notato diversi analisti finanziari, nessuna di queste condizioni sembra essere presente. 

Il capitolo Ucraina

Infine, l’Ucraina. Nonostante la crisi del rublo stia mettendo in ginocchio la Russia e Vladimir Putin abbia alzato la voce ieri, ricordando ai Paesi Nato che non devono incatenare “l’orso”, come ha definito la sua nazione, l’Ue ha ribadito che potrebbero esserci nuove sanzioni. “La politica dell’Unione di non riconoscimento dell’annessione illegale della Crimea e di Sebastopoli è diventata oggi ancora più rigorosa”, hanno spiegato i leader europei. Nello specifico, “l’Ue manterrà la rotta intrapresa e il Consiglio europeo è pronto ad adottare ulteriori provvedimenti, se necessario”. Pertanto, Bruxelles ha ricordato che “tutte le parti, compresa la Russia, dovrebbero impegnarsi attivamente per gli accordi di Minsk ed attuarli pienamente”. A quanto pare, di meglio non si poteva fare.

Il Piano Juncker potrebbe essere molto efficace

Un merito dell’Italia

E così, in modo un po’ dimesso e con il presidente del Consiglio Ue Donald Tusk che chiude il vertice e rimanda tutti a casa con un giorno di anticipo sulla tabella di marcia, finisce anche l’avventura italiana alla presidenza dell’Ue. Un merito, tuttavia, il semestre europeo di Matteo Renzi lo ha avuto. Complice l’insediamento della nuova Commissione Ue guidata da Jean-Claude Juncker, la narrativa della crisi è mutata. Dalla mera austerity sui conti pubblici, che peraltro resta invariata, si è iniziato a discutere in modo approfondito di misure per la crescita economica. Il piano Juncker da 315 miliardi di euro tramite lo European fund for strategic investments (Efsi) potrà anche essere troppo ambizioso, troppo macchiavellico e poco concreto dal punto di vista dei soldi impegnati in forma diretta, ma è di certo un passo avanti. Se nella giusta direzione sarà solo il tempo a dirlo. 

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Fabrizio Goria

Nato a Torino nel 1984, Fabrizio Goria è direttore editoriale del sito di East, la rivista di geopolitica. Scrive anche su Il Corriere della Sera e Panorama. In passato, è stato a Il Riformista e Linkiesta e ha scritto anche per Die Zeit, El Mundo, Il Sole 24 Ore e Rivista Studio. È stato nominato, unico italiano, nella Twitterati List dei migliori account Twitter 2012 da Foreign Policy.

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