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Economia

Da Bruxelles è in arrivo una doccia gelata (a metà)

Mancano pochi giorni al giudizio della Commissione Ue sulla Legge di stabilità italiana. Ecco le ultime indiscrezioni, che vedono una parziale bocciatura

Il tempo è quello che manca. E di riflesso, potrebbe venire meno anche la pazienza. Mancano pochi giorni alla decisione ultima della Commissione europea sul budget italiano e i segnali che arrivano da Bruxelles continuano a essere negativi. Entro il 30 novembre si deve valutare la Legge di stabilità e il piano su cui si muove Roma è tanto inclinato quanto instabile. Palazzo Chigi, con ogni probabilità, sarà esortato ad accelerare su più fronti, per evitare che la stagnazione diventi ancora più pesante. 

Le previsione macroeconomiche della Commissione UeLe previsione macroeconomiche della Commissione Ue


Stop ai buoni propositi

“Beh, l’impressione è che si poteva fare di più, ma non mi faccia dire altro. Non voglio alimentare le speculazioni prima che tutte le analisi siano terminate”. Così spiega a Panorama un alto funzionario della Commissione Ue come stanno procedendo i lavori intorno alla valutazione della Legge di stabilità presentata dall’Italia. Il team che sta controllando le coperture finanziarie, le prospettive macroeconomiche e gli effetti futuri di quanto programmato da Roma sono poche persone. Sono consapevoli che l’Italia ha messo in campo un progetto di rinnovamento ambizioso, ma sanno anche che i propositi, in questa fase storica, non servono. 

Ognuno degli Stati membri deve rispettare le regole comuni


Debito e riforme, i punti dolenti

Il sentore che circola a Bruxelles è che Roma non sarà bocciata in toto. Ci sarà un richiamo, nemmeno troppo informale, riguardo a due aspetti su tutti: debito e riforme. Del resto, il deficit è sotto controllo. E preoccupa poco il pareggio di bilancio strutturale. Ciò che importa è altro. L’indebitamento è destinato a crescere, come spiegato dalle previsione economiche d’autunno della Commissione. Il rapporto debito/Pil passerà infatti dal 127,9% del 2013 al 133,8% atteso per il prossimo anno. Solo nel 2016, se fosse mantenuto l’attuale ciclo economico, potrebbe iniziare a scendere, toccando quota 132,7 per cento. Pesa, spiegano i funzionari di Palazzo Berlaymont, il mancato supporto del Pil, che si contrarrà di 4 decimali nell’anno in corso e s’incrementerà di 6 decimali nel 2015. Per ritrovare una crescita oltre il punto percentuale, se va bene, bisognerà aspettare il 2016. Come ha ricordato Deutsche Bank “il male dell’Italia non è tanto il debito, che è ben gestito dal Tesoro, bensì la mancata ripresa economica”. Senza di essa, non si può pensare di uscire dalla palude. 

Cosa dirà la Commissione Ue

Cosa fare quindi? La Commissione, secondo le indiscrezioni, chiederà una decisa accelerazione del processo di riforme messe in campo dal governo guidato dal presidente del Consiglio Matteo Renzi. Per rivitalizzare l’economia serve quella scossa già cercata nel 2011 dall’allora ministro dell’Economia Giulio Tremonti, subito dopo la celebre lettera della Banca centrale europea (Bce) e poco prima della tempesta finanziaria che ha portato a Palazzo Chigi Mario Monti. Pertanto, ciò che trapela da Palazzo Berlaymont è che ci sarà una reiterazione delle Country-specific recommendation dello scorso luglio. A quel tempo la Commissione non usò mezzi termini riguardo il sistema fiscale del Paese: “I recenti interventi volti ad alleggerire la pressione fiscale sui fattori di produzione sono stati piuttosto limitati. Vi è pertanto il margine per spostare ulteriormente il carico fiscale verso i consumi, i beni immobili e l’ambiente, nel rigoroso rispetto degli obiettivi di bilancio”. Nello specifico, si era criticato quanto fatto sull’Iva, una delle gabelle più utilizzate al fine di trovare coperture di bilancio. Bruxelles aveva ricordato a Palazzo Chigi che “per quanto riguarda i consumi, al fine di migliorare la struttura del sistema tributario è determinante anche una revisione delle aliquote ridotte dell'IVA e delle agevolazioni fiscali dirette, prestando debita attenzione alla necessità di ridurre i possibili effetti distributivi”. Parole che, a meno di sorprese, dovrebbero essere ripetute anche stavolta. 

Rendere più snella l’Italia è una sfida che deve essere vinta, pena una stagnazione ancora più lunga

Più velocità

Lo stesso si può affermare per quanto riguarda l’intero impianto di riforme strutturali promesse. A luglio la Commissione ricordava a Roma quanto è importante rispettare i tempi: “Resta cruciale per l'Italia l'attuazione rapida e completa delle misure adottate, sia al fine di colmare le carenze esistenti a livello di attuazione, che al fine di evitare l’accumulo di ulteriori ritardi”. Anche in questo caso, i progressi sono stati pochi. Servirà un impegno maggiore sia sul fronte della produttività sia su quello della semplificazione burocratica, così come sul mercato dei capitali. “Rendere più snella l’Italia è una sfida che deve essere vinta, pena una stagnazione ancora più lunga”, fa notare sempre Deutsche Bank. 

Le priorità sono lavoro e crescita. Investiremo 300 miliardi di euro in tre anni

Ancora sforzi

A luglio, Bruxelles diceva che “l’Italia presenta squilibri macroeconomici eccessivi che richiedono un monitoraggio specifico e un’azione politica decisa”. I tempi per gli annunci sembrano terminati e con essa la pazienza sia dell’Ue sia degli investitori internazionali. L’approvazione a metà della Commissione, se confermata, non dovrà quindi fare aleggiare sugli allori il Governo Renzi. Per esso, gli sforzi non sono ancora terminati. 

La Commissione Ue guarda l’Italia

ANSA

Jean-Claude Juncker, numero uno della Commissione Ue (

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Fabrizio Goria

Nato a Torino nel 1984, Fabrizio Goria è direttore editoriale del sito di East, la rivista di geopolitica. Scrive anche su Il Corriere della Sera e Panorama. In passato, è stato a Il Riformista e Linkiesta e ha scritto anche per Die Zeit, El Mundo, Il Sole 24 Ore e Rivista Studio. È stato nominato, unico italiano, nella Twitterati List dei migliori account Twitter 2012 da Foreign Policy.

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