Denaro contante, ecco perché deve continuare a circolare
Economia

Denaro contante, ecco perché deve continuare a circolare

Il governo spinge per l’uso dei bancomat e così fa da tempo la giornalista Gabanelli. L’obiettivo è combattere l’evasione ma a rimetterci sarebbero anziani e chi non ha un conto in banca

La circolazione del contante in Italia ha i giorni contati? E’ questo quello che, in un rocambolesco giro di parole, verrebbe da chiedersi a dare retta ad alcune proposte avanzate negli ultimi tempi. Tra le più dirompenti quella che sarebbe contenuta in una bozza di un decreto del governo, che vorrebbe costringere  i commercianti a garantire ai propri clienti la possibilità di pagare con bancomat per importi superiori a 50 euro . Dunque non un vero e proprio obbligo per i consumatori, ma di certo una misura che va nella direzione di invogliare i cittadini ad usare sempre meno il denaro contante.

Più radicale invece la proposta per la quale da tempo si batte la giornalista Milena Gabanelli, che spinge per una vera e propria tassazione dei soldi liquidi, in modo da obbligare tutti a pagare con carte di credito e riuscire in questo modo a tracciare ogni transazione economica. Una misura che dovrebbe servire soprattutto a combattere l’evasione fiscale e il riciclaggio di denaro.Ma siamo proprio sicuri che eliminare il contante sarebbe un’idea efficace?

Non la pensa così Francesco Lippi, economista dell’Università di Sassari, che giudica la proposta assolutamente impraticabile. “Innanzitutto – spiega Lippi a Panorama.it – il contante si trova in tutte le economie del mondo e la motivazione è semplice: si tratta di uno strumento pratico, veloce e sicuro per effettuare transazioni economiche”. A sconsigliare la sua abolizione ci sarebbero soprattutto fattori di natura sociale. “In ogni Paese, e in Italia in particolare, - dice Lippi – esiste una platea vasta di persone anziane o scarsamente alfabetizzate che non sarebbe in grado di utilizzare una carta di credito. Senza contare che la maggior parte di esse non possiede nemmeno un conto corrente. A questo proposito faccio notare che proprio negli Stati Uniti, il Paese in cui si utilizzano carte di credito con maggiore intensità, ben il 12% della popolazione non ha contatti di nessun genere con una banca”.

Insomma, in pratica l’idea di sopprimere il denaro contante per stanare evasori e truffatori finanziari si trasformerebbe in un danno pesantissimo per una fetta di popolazione onesta che si ritroverebbe nell’impossibilità di effettuare acquisti. “Sarebbe come riempire di dossi un’autostrada per far rispettare i limiti di velocità – fa notare Lippi – con il risultato che a circolare male sarebbero tutti gli automobilisti”. Senza contare che, lungi dall’essere verificata l’efficacia di una tale misura nel far emergere episodi di evasione, si potrebbe ottenere il risultato esattamente contrario.

“Continuando con la metafora dell’autostrada che rappresenterebbe il mondo delle banche  – aggiunge infatti Lippi – possiamo dire che già ora i delinquenti finanziari non viaggiano in autostrada. Nel senso che utilizzano solitamente canali alternativi a quelli degli istituti di credito. Parliamo del riciclaggio, del lavoro nero e di tutti quegli ambiti dove è proprio il contante a farla da padrone e che, in una situazione di obbligo all’uso delle carte di credito, potrebbero richiamare l’attenzione di una platea ancora più grande”.

Ma se anche tutto questo non bastasse a convincersi dell’inevitabilità che una certa quota di denaro circoli in forma liquida, allora bisogna ricordare che da che mondo è mondo, le società hanno sempre trovato strumenti alternativi che potessero sostituire la moneta corrente. “Ad esempio in Paesi come Cuba e Argentina, la mancanza di denaro contante ha fatto sì che il dollaro americano divenisse lo strumento per effettuare le transazioni. E andando indietro con la memoria, in situazioni ancora peggiori si sono utilizzati i gettoni o finanche le sigarette per effettuare pagamenti. Mi dispiace dunque – conclude Lippi - che la Gabanelli, giornalista coraggiosa e che stimo, insista in questo caso nel sostenere cose che evidentemente non conosce in maniera approfondita”.

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Giuseppe Cordasco

Sono nato e cresciuto ad Aarau nel cuore della Svizzera tedesca, ma sono di fiere origini irpine. Amo quindi il Rösti e il Taurasi, ma anche l’Apfelwähe e il Fiano. Da anni vivo e lavoro a Roma, dove, prima di scrivere per Panorama.it, da giornalista economico ho collaborato con Economy, Affari e Finanza di Repubblica e Il Riformista.

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